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 2013  gennaio 22 Martedì calendario

LA RABBIA DI NICK “SILVIO, MI HAI TRADITO”


«TU SEI innocente, ma userebbero te per attaccare noi, saremmo massacrati dai giornali: lo vedi che ci danno già dei camorristi? ». Silvio Berlusconi tiene gli occhi bassi ma è la sentenza di condanna.

IL PROCESSO può finire qui.
Nick o’ mericano
si alza, gira i tacchi e lascia Palazzo Grazioli, lo fa solo quando è tutto finito, quando la battaglia è persa e non può crederci nemmeno lui. Non può credere che a «tradirlo» sul traguardo sia stato proprio il Cavaliere. Non era Alfano, non era il governatore Caldoro, il suo «nemico ». Lo scopre solo ai titoli di coda. Quando da quei titoli è stato cancellato a sorpresa il suo nome: Nicola Cosentino non serve più. «Una campagna cannibalesca contro di me, ma io non ho paura del carcere» si sfoga mentre rientra a Caserta.
È pomeriggio inoltrato. È il centesimo ma stavolta davvero ultimo vertice sul caso Campania, nella
residenza del leader. Ed è uno psicodramma a tinte fosche. I fedelissimi del Cavaliere raccontano di un’operazione chirurgica meditata da tempo e portata a compimento solo nell’ultimo istante utile. Solo quando il deputato di Casal di Principe non avrebbe potuto più fare male, non avrebbe più potuto mettere su una sua lista in poche ore. Era già tutto previsto, ma Cosentino — sotto inchiesta per concorso esterno e sul quale pendono due ordinanze di arresto — lo realizza quando viene lasciato solo. Quando nemmeno gli amici Denis Verdini e Francesco Nitto Palma alzano il dito in sua difesa, in quella sala con Alfano, Schifani, Bondi, con Berlusconi. Esce dal Palazzo e forse dall’avventura pidiellina ma non si arrende, «non finisce qui». Chiama uno dietro l’altro i deputati, la gran parte fatti fuori come lui, e organizza la controffensiva. «Secondo questi signori andavo bene solo quando vincevo: hanno usato il mio consenso per buttare giù venti anni di centrosinistra in Campania, andavo bene se si trattava di vincere alla Provincia e di mandare Stefano Caldoro a fare il governatore, e ora non servo più», mormora livido di rabbia.
E dire che Cosentino ieri mattina era di nuovo dentro. Recuperato in extremis. Invece nel giro di poche ore, in quello che poi si rivelerà un gioco delle parti, Angelino Alfano fa sapere che non avrebbe
firmato la lista campana se in lista ci fosse stato anche quel nome. Verdini e Nitto Palma riconvocano Cosentino. Si apre il processo. Il Cavaliere agita sotto gli occhi di tutti l’agenzia di stampa che riprende la pesante dichiarazione di Nichi Vendola: «A destra si sente ancora puzza di camorra», seguita alle voci del mattino sull’inserimento
in lista dell’ex sottosegretario. «Nicola, noi crediamo che sei vittima di una persecuzione giudiziaria, siamo certi che sarai assolto, ma vedi? Ci danno già dei camorristi, verremmo massacrati in campagna elettorale dai giornali di sinistra, userebbero te per attaccare noi». E poi, ci sarebbero Scajola e Dell’Utri che hanno accettato il
sacrificio. Verdini e Nitto Palma stavolta tacciono. È la fine. Ma che fatica. Mettere all’angolo il più astuto dei ras meridionali e infilzarlo solo quando non avrebbe potuto più riorganizzarsi con una lista
last minute.
«È un tradimento, una pugnalata alle spalle» mastica amaro Cosentino prima di andare via. Ma non ci sono reazioni scomposte.
Non sul momento. Certo, succede che da lì a un paio d’ore l’uomo incaricato di portare materialmente le liste in Corte d’Appello con tutti i documenti belli e pronti diventi irrintracciabile. Nitto Palma è già partito per Napoli, raggiunge il tribunale ma non ha niente in mano, sono momenti di panico che rimbalzano fino a Palazzo Grazioli. Poi tutto si risolverà, ma molto tardi. L’apprensione continua, invece, soprattutto da quando da Napoli arriva la notizia che Nick ha convocato per oggi una conferenza stampa per cantarle, per dire la sua. Cantare cosa?
L’uomo dal sorriso affilato, il politico che si porta addosso la fama di intoccabile e il marchio di
Gomorra,
all’improvviso lascia Roma e sparisce, come le liste campane Pdl. «Non ho mai avuto paura del carcere, sono sicuro delle mie condotte e mi difenderò con tutte le mie forze nei processi» si sfoga
rientrando. Testa bassa, sguardo livido. «Io ora non vedo né politica, né idee, né niente: vedo solo una campagna cannibalesca contro di me, vedo solo violenza e gente che parla a vanvera». Direzione Caserta: ha bisogno di andare a casa, Nicola, forse vedere sua moglie e i due figli, è l’epilogo della sua carriera politica. C’è chi dice che lo stesso Nitto Palma lo insegua letteralmente verso Sud. Cosentino smentisce seccamente, attraverso il suo avvocato Stefano Montone, di aver mai fatto sparire, o quanto meno «rubato» quelle firme di accettazione. E minaccia querele.
La tragedia si risolve in farsa nel pomeriggio napoletano. Dal partito partono i primi sms già alle 15, danno a tutti candidati e sostenitori appuntamento al Terminus, l’albergo affacciato proprio di fronte alla Stazione Centrale. Arrivano alla spicciolata parlamentari e segretari, consiglieri e capibastone. Tutti armati del proprio certificato elettorale, pronti a ripresentare tutto. La fotocopiatrice del grande hotel va in tilt. Per ironia della sorte quel popolo di aspiranti e confusi parlamentari si incrocia con tanti giovani che vogliono partecipare al cast per la trasmissione «Uomini e donne». Ci sono tutti gli amici di Nick, da Laboccetta a Cesaro, usano tutti la stessa parola: «tradito, è stato tradito, anche da Berlusconi».