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 2013  gennaio 22 Martedì calendario

PARIGI INCORONA L’ITALIANO DEL VINO AL BICCHIERE —

In Francia (e altrove) la wine bag, portarsi a casa la bottiglia aperta, non è mai entrato nel costume: poco elegante. Ordinare mezza bottiglia poi fa tristezza, e la scelta è poca. Invece il vino al bicchiere conosce ormai un grande successo: non più relegato ai bistrot, è entrato nella carta dei grandi ristoranti, come per esempio il tre stelle Michelin «Bernard Loiseau» a Saulieu dove sono offerti oltre 40 grandi vini, dai migliori Chablis ai Châteauneuf du Pape.
Le ragioni per ordinare un bicchiere invece di una bottiglia sono molte ed evidenti: difficile bere oltre se poi si deve guidare, e il prezzo di un pranzo o di una cena diventa più abbordabile. Dal punto di vista del ristoratore, la svolta è stata tecnologica e risale a oltre 10 anni fa, quando in Toscana, a Greve in Chianti, il macellaio Lorenzo Bencistà Falorni ha avuto l’idea di prolungare la vita delle bottiglie di vino aperte usando alcuni degli accorgimenti già sperimentati con la birra alla spina.
Nell’«Antica Macelleria Falorni» di Greve in Chianti, il signor Lorenzo voleva rendere più semplice e conveniente la degustazione di un bicchiere di Chianti per accompagnare prosciutti e salsicce, l’offerta tradizionale della famiglia. Tra lo scetticismo un po’ snob dei viticultori della zona, che non amavano profanare le loro bottiglie affidandole a una «diavoleria moderna», il Falorni ha continuato perfezionando la sua tecnica: in sostanza, i vini aperti sono piazzati in una teca, ogni dose di liquido versata nei bicchieri viene immediatamente sostituita da gas alimentare, che impedisce il processo di ossidazione.
Il Consorzio del Chianti Classico e l’associazione dei sommelier americani hanno certificato che con quel sistema il vino mantiene le sue caratteristiche per tre settimane dopo l’apertura: la società Enomatic fondata da Falorni, che dà lavoro a 54 persone, oggi vende le sue macchine in 70 Paesi a 5.000 ristoranti e enoteche. La sua storia è stata raccontata ieri dal quotidiano Libération, che cita l’azienda del Falorni come un esempio delle piccole e medie imprese e della «creatività all’italiana». «In sei mesi un solo tavolo mi ha chiesto una bottiglia di Pommard 2008 — racconta il ristoratore Julien Fouin, che ha tre locali nel Marais — mentre in due mesi ne sono state bevute 36 al bicchiere». I clienti possono permettersi vini altrimenti troppo costosi, e i ristoratori finiscono con il vendere più bottiglie (anche se qualcuno se ne approfitta con ricarichi eccessivi). Alla vigilia di Natale, tre macchine Enomatic sono apparse anche alla Grande Épicerie de Paris (il reparto alimentari del grande magazzino Bon Marché), dove si possono degustare 24 grandi vini al bicchiere servendosi da soli con la carta di credito.
Un’idea non troppo lontana è venuta anche ad Alberto Frausin, amministratore delegato di Carlsberg Italia, che ha rilanciato il marchio Poretti grazie a un’innovazione tecnologica: un fusto in plastica che permette di conservare la birra per 30 giorni anziché 5 come succede con i fusti di acciaio, grazie a un sistema basato sulla pressione che permette di non usare anidride carbonica.
Stefano Montefiori