Fabrizio Roncone, Corriere della Sera 22/01/2013, 22 gennaio 2013
VERDINI E NITTO PALMA INSEGUONO IL FUGGIASCO —
«Nicola, sono Nitto Palma… porca miseria, sei impazzito?».
«Mi avete fottuto, mi avete…».
«Nicola, ascoltami bene: io e Denis stiamo venendo a Caserta…».
«È tutta colpa di Berlusconi! Ma io adesso… mannaggia a me… faccio un macello…».
«No, tu adesso fai il bravo, e ti calmi: tra un’ora siamo lì e ci consegni le liste della Campania, d’accordo?».
«Mi volete vedere in galera, eh? Mi fate tutti schifooo!».
«Aspetta, Nicola… ti passo Denis…».
(Verdini con voce bassa, cavernosa, la voce che fa quando è molto arrabbiato).
«Non mi piace il tuo comportamento. Non mi piace proprio».
Denis Verdini e Francesco Nitto Palma sono sul sedile posteriore di una Mercedes blu che fila sull’autostrada Roma-Napoli. Stanno andando a Caserta, in via Tescione, a casa di Nicola Cosentino, per farsi consegnare le liste elettorali della Campania.
L’orario è importante: mancano pochi minuti alle 15.
(Due ore prima, a Nitto Palma era toccato il delicato compito di comunicare a Nick o’ mericano che era fuori, la sua candidatura saltata, inutili questi giorni di trattativa: lui e Verdini ci avevano provato fino all’ultimo a tenerlo dentro, la possibilità che potesse avere un seggio sicuro, ad un certo punto, era sembrata davvero concreta. Ma poi Angelino Alfano e il Cavaliere si sono impuntati: troppo scomodo Cosentino con i suoi due processi in cui è accusato di «concorso in associazione camorristica», impresentabile lui e i suoi parenti di Casal di Principe, tra cui figura il boss Giuseppe Russo detto Peppe o’ Padrino. «Avvertitelo», aveva detto freddamente Alfano. Ma i due cellulari di Cosentino risultavano spenti e, come se non bastasse, era anche sparito il fascicolo con dentro tutta la documentazione dei candidati da presentare, entro le ore 20, presso l’ufficio elettorale della Corte di Appello di Napoli).
Adesso, mentre Verdini e Nitto Palma sono in viaggio, in via dell’Umiltà lo stupore si è tramutato in puro panico. Non c’è infatti alcuna certezza che i due autorevoli emissari del Cavaliere riescano a rientrare in possesso delle liste: meglio organizzare una soluzione di emergenza. Meglio riconvocare tutti i candidati e raccogliere, nuovamente, tutte le firme. In un albergo di Benevento e qui a Napoli, presso l’hotel Terminus.
La notizia viene battuta dalle agenzie di stampa. Seguono smentite, mezze conferme, altre smentite. Ma non è possibile frenare la fuoriuscita di alcune domande che, alla fine, rotolano nella sede di via dell’Umiltà: è stato Cosentino a prendersi le liste? O ha invece incaricato un suo uomo di fiducia? O, piuttosto, le liste gli erano state addirittura consegnate nei giorni scorsi — prova materiale di fiducia — per rassicurarlo? Inutile chiedere chiarimenti a Cosentino: ha di nuovo spento i suoi cellulari e ora aspetta l’arrivo di Verdini e Nitto Palma.
L’incontro è drammatico. Nick o’ mericano ha gli occhi lucidi e la voce tremante in un miscuglio di rabbia e incredulità, lui di solito sempre piuttosto freddo, affilato, misurato. L’uomo capace di garantire a Berlusconi oltre trentamila voti con un controllo quasi militare di tessere e consenso, l’uomo così arrogante e sfrontato da arrivare all’incarico di sottosegretario all’Economia, si arrende farfugliando frasi gonfie di rammarico e minacce, gli occhialini appannati, la fronte sudata, la cravatta slacciata.
Verdini cerca di tranquillizzarlo. «Dai, cerca di capire…». Nitto Palma: «È la politica, lo sai anche tu… Ci sono certe regole e…».
Sì, certo, va bene: solo che, per anni, è stato Cosentino a dettarle, le regole. Il sistema di potere che ha allestito in Campania andrà studiato nei laboratori della buona politica, per capire meglio di che virus realmente si tratta: e poi vedremo anche cosa gli accadrà in tribunale, nei processi, perché se per due volte fu il voto contrario del Parlamento a risparmiargli l’arresto, adesso è chiaro che diventa assai più probabile la possibilità che Nick o’ mericano possa sentire il cigolio della porta carraia di Poggioreale.
Sono riflessioni tragiche. Però le fanno anche i candidati che affluiscono storditi e preoccupati nella hall dell’hotel Terminus. Ecco Enzo D’Anna, laggiù Luigi Compagna e Raffaele Calabrò. Pina Castiello con Giulia Cosenza.
Amedeo Laboccetta, il coordinatore cittadino del Pdl, appoggiato al muro (abito gessato e sigaro tra le dita).
«Niente niente… non è successo niente».
Scusi, ma che senso ha nascondere la verità?
«La verità? Voi parlate di verità? Mi avete messo in bilico per giorni nelle liste, mentre io, grazie al cielo, sono dentro…».
Però sono fuori Milanese e Papa. Vero che Cesaro ce l’ha fatta: comunque la comitiva di Cosentino è decimata...
«Senta…Vada in tribunale. Lì c’è Nitto Palma, sta consegnando le liste…».
(Intanto passa un fotografo e giura di aver visto la Mercedes blu di Verdini con dentro Cosentino. «E Cosentino sembrava un condannato»).
Nitto Palma — sono ormai le 19.37 — è effettivamente in tribunale.
Esce poco dopo. Nervosetto: «Oh, fotografi… se vi accostate troppo non parlo… mi date fastidio».
Parla a braccio (tra l’altro, sembra che il nome di Cosentino figuri ancora nella lista per il Senato: ma, mancando la firma di accettazione della candidatura, Cosentino automaticamente decade e Alessandra Mussolini sale di una posizione, dal quarto al terzo posto): «Berlusconi è stato di parola: le nostre sono liste depurate e… ci spiace per Nicola, ma vorrei fosse chiaro che, da questo momento in poi, i suoi guai giudiziari riguardano solo ed esclusivamente lui».
Lui: Nick o’ mericano (anche se a chiamarlo così, stasera, fa un po’ meno impressione).
Fabrizio Roncone