Leonardo Martinelli, il Fatto Quotidiano 21/1/2013, 21 gennaio 2013
LA SIGNORA DEI DERIVATI NON INVESTE MAI IN BORSA
Parigi
Dall’altra parte della città, nei grattacieli della Défense, le sale trading delle banche d’affari sono già piene dei soliti personaggi stretti in completi griffati, gemelli d’oro sfoggiati ai polsini. Non sono ancora le otto. È una gelida mattina a Parigi. Nicole El Karoui arriva in un bar di quartiere nella piazza di Jussieu, per il caffè e il croissant, prima dell’inizio di un corso in quel mostruoso edificio anni 70 che è l’università Pierre et Marie Curie. Madame El Karoui è chiamata “la maga dei derivati”, ha inventato un modello matematico originale e a lei si rivolgono da tutto il mondo. Una ventina di anni fa, infatti, ha ideato un master (Probabilités et finance) conosciuto fra i traders come “el Karoui”. “Lo facciamo ancora tutto in francese, proprio per limitare le domande di iscrizione, almeno dall’estero”, assicura. Si formano i quants, gli analisti quantitativi: sono gli specialisti di derivati, quei complessi strumenti finanziari che nel 2008 fecero fallire la Lehman Brothers. All’origine del patatrac successivo, in realtà, sono ancora oggi gettonatissimi. “La crisi c’è, anche in quel settore, ma relativa – sottolinea El Karoui -. Prima i nostri allievi terminavano il loro stage a settembre e al massimo a Natale avevano un posto di lavoro. Ora devono aspettare la Pasqua successiva”. La maggior parte dei laureati al master si trasferisce (strapagata) fra Londra e New York. Un quant su tre a livello mondiale è francese.
CLASSE 1944 , nata a Parigi, nipote di un pastore protestante, Nicole El Karoui (il cognome del marito, un antropologo tunisino) è anche una delle maggiori esperte del globo di matematica finanziaria, all’origine di alcuni dei più sofisticati derivati. Fu solo a 44 anni che la sua esistenza di matematica pura, esperta di teoria delle probabilità e di calcolo differenziale stocastico, si incrociò con la finanza. Anche per evitare il trasferimento della scuola dove insegnava a Lione e per restare vicina ai suoi cinque figli (tirati su senza baby-sitter), accettò di lavorare sei mesi alla Compagnie bancarie, un istituto finanziario: “Avevano bisogno delle mie specializzazioni. Io non sapevo neanche cosa fosse un’obbligazione: andai sul dizionario a ricercare la parola”. In ogni caso, scattò una scintilla: “Mi appassionai subito a quelle nuove ricerche. I derivati erano ancora considerati per quello che sono: prodotti capaci di assicurarsi contro i rischi di un investimento , anche per un imprenditore”. I problemi sono venuti dopo il 2000, quando dei derivati si è abusato. Quando si sono convertiti a loro volta in vettori di speculazione. “È così per tutte le cose – continua la professoressa -, come un farmaco: a piccole dosi è efficace, un uso eccessivo può diventare catastrofico”. C’è pure chi ne ha fatto il capro espiatorio della crisi finanziaria. È una delle accuse principali è aver concepito prodotti via via sempre più astrusi: “Ma si ha idea degli algoritmi complessi che ci sono dietro al semplice utilizzo di Google, quando si fa una ricerca? Per i derivati è uguale. Noi offriamo degli strumenti, tutto qui. Se la prendono con i matematici. Ma perché non si affrontano altri tipi di problemi. Ad esempio: perché gli Stati Uniti non cominciano finalmente a ridurre il loro debito? Perché continuano a prestare soldi a un tasso vicino allo zero ? Perché i grandi padroni della finanza europea, Mario Draghi compreso, provengono quasi tutti da Goldman Sachs?”.
El Karoui avrebbe dovuto già andare in pensione. Ma beneficia di una deroga particolare. Lavora un’ottantina di ore alla settimana, fra docenza e ricerche. Ne dorme cinque ogni notte. Assicura «di non investire neanche un euro in Borsa». Controlla le aperture dei mercati azionari, la mattina? «Non proprio», risponde. In aula la aspetta un gruppo di studenti. Già tra qualche mese guadagneranno molto più di lei. “Non mi scandalizzano solo gli alti stipendi della finanza. Più in generale non capisco come mai bisogna guadagnare così tanto per lavorare”.