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 2013  gennaio 22 Martedì calendario

In questo periodo si parla tanto di Costituzione. Qual è il suo pensiero in merito all’art. 67 della Costituzione, che recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»? A me sembra un obbrobrio

In questo periodo si parla tanto di Costituzione. Qual è il suo pensiero in merito all’art. 67 della Costituzione, che recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»? A me sembra un obbrobrio. A parte il fatto che, come dice la stessa Costituzione, la sovranità appartiene al popolo (di conseguenza ogni membro del Parlamento che non si immedesimi nei propri rappresentati dovrebbe dare le dimissioni e «non remare contro» andando a rimpinguare le fila del gruppo avverso a quello di provenienza), è disastroso concedere un così ampio mandato a personaggi che sempre più spesso mirano la propria «attività politica» al perseguimento di obbiettivi personalistici, non certo a favore della società. Non mi sfugge comunque il fatto che concepire una riforma dell’articolo in questione non sarebbe cosa facile essendo, per esempio, estremamente lieve il confine fra quelli che sono gli atti che rientrano, e quelli che non rientrano, nel mandato ricevuto dagli elettori. Credo la questione sia davvero importante e urgente soprattutto nell’ottica di riuscire a trasformare quella che oggi viene definita una vera e propria «casta». Paolo Conti, Firenze Caro Conti, Q uando la bozza dell’articolo fu proposta a una sottocommissione dell’Assemblea costituente, nessuno contestò il fondamento della norma. Tutti i partiti erano convinti che il «mandato imperativo» (con cui vengono fissati i limiti della delega conferita dagli elettori ai loro rappresentanti), appartenesse alle tradizioni dell’Ancien Régime e favorisse i rapporti clientelari del deputato con gli interessi dei notabili del suo collegio. Vi fu persino un membro della sottocommissione (il comunista Umberto Terracini) per cui l’articolo, in un sistema contraddistinto da grandi partiti e leggi elettorali proporzionali, era persino inutile. Terracini pensava evidentemente che il sentimento di appartenenza al partito avrebbe prevalso su qualsiasi sollecitazione localista e clientelare. Ma un liberale, Aldo Bozzi, sostenne che il silenzio avrebbe creato ambiguità e malintesi. Per evitare equivoci, quindi, era meglio dire esplicitamente che il deputato rappresenta la nazione «senza vincolo di mandato». L’accordo fu pressoché unanime. Soltanto un altro membro comunista, Ruggero Grieco, ebbe qualche perplessità a proposito delle parole «senza vincolo di mandato». Il mandato c’era, secondo Grieco: era il programma con cui il partito aveva chiesto il voto degli elettori. Capisco i suoi sentimenti, caro Conti, perché immagino che lei giudichi l’art. 67 alla luce di ciò che è accaduto nel Parlamento italiano, soprattutto negli ultimi vent’anni: ribaltoni, compravendita di deputati e senatori, lealtà offerte al migliore offerente. Molti di questi fenomeni sono dettati da uno sfacciato opportunismo. Ma vi sono altri fattori di cui occorre tenere conto. In primo luogo i partiti hanno perso gran parte della loro originale coerenza ideologica e sono diventati formazioni liquide, amebe che si dividono e si ricompongono. In secondo luogo i programmi sono agende di buone intenzioni che ogni governo, soprattutto in una fase di gravi crisi economiche e finanziarie, deve adattare alle circostanze o addirittura tradire. A chi dovrebbe restare fedele un deputato se il suo partito ha promesso la riduzione delle tasse e ha formato un governo che non mantiene l’impegno? Non basta. Se la lealtà è dovuta al capo del partito, come nel caso di Silvio Berlusconi, che cosa dovrebbero fare quei deputati (non molti purtroppo) a cui non piace votare per leggi ritagliate sugli interessi del leader? L’art. 67 è invecchiato anche perché il concetto di nazione è molto più sfuggente e opinabile di quanto fosse nel 1948. Ma per cambiare la norma di una costituzione è meglio avere idee chiare su quella che dovrebbe sostituirla.