Arturo Carlo Quintavalle, Corriere della Sera 20/01/2013, 20 gennaio 2013
OSSIDAZIONI, LUCI E BRUCIATURE. LA «FAMIGLIA» DEI MANIPOLATORI - C’è
un momento nella storia dell’arte europea del primo dopoguerra che ha visto una forte emarginazione di chi ha praticato la ricerca fotografica: è il momento in cui le avanguardie degli anni 20 hanno chiuso il loro più innovativo racconto. In pittura domina, ancora per poco, l’École de Paris e l’astrazione geometrica appare messa da parte. Proprio in questo periodo assume forte peso la foto detta «di cronaca» che dura dagli anni 30, l’epoca di «Look» e «Life». Nel dopoguerra, in Italia, c’è la foto «impegnata», le cui radici sono nelle immagini statunitensi di Evans e della Lange che Vittorini pubblica ne «Il Politecnico» e che Strand si incaricherà di evocare a Suzzara con Zavattini.
Anche Migliori, negli anni 50, segue questa strada: il suo scatto vuole cogliere storie di vita, e sono sguardi lunghi sulle vicende umane, attenzione senza la vis polemica delle foto impegnate; c’è qui la qualità dei servizi de «Il Mondo» di Pannunzio ma con in più la sensibilità per la messa in scena, sia nella serie «Gente dell’Emilia» che in «Gente del sud». Ma c’è dell’altro: le creazioni più importanti del fotografo di Bologna sono immagini off camera, senza macchina fotografica, nate in laboratorio dal 1948 in avanti lasciando ossidare le carte sensibili, oppure scaldando e magari bruciando negativi o stampe, oppure ricavando anche il colore dal bianco e nero, attraverso interventi sulla durata degli sviluppi o della esposizione. Sono le Ossidazioni, i Pirogrammi, oppure i Cellogrammi nati da negativi di ritagli di celluloide; foto concentrate, di eccezionale qualità, intense, uniche in Europa, foto che devono trovare una storia. In apparenza immagini «informali» ma in realtà non trovano alcuna corrispondenza con la ricerca di artisti come Tapies o Burri nel 1948 e negli anni subito seguenti.
Certo, fin dai 50 Migliori è amico, a Bologna, di Pulga, Bendini, Romiti e altri nomi che del mito arcangeliano del «naturale» sono gli esploratori, ma è corretto scoprire qui le radici del fotografo, oppure le strade attraverso cui egli giunge alle sue creazioni sono diverse? Due ricerche sono illuminanti, quella dei Clichet Verres e quella dei Lucigrammi. La prima, segni scavati nel nero di una lastra impressionata e poi stampata, è legata alla tradizione della grafica da Corot in qua; l’altra, luce che segna nel buio la carta sensibile, ha matrici nella fotografia, quella di Man Ray, Moholy Nagy, Christian Schad, insomma le avanguardie degli anni 20. Ma allora da dove originano le Ossidazioni, dalla ricerca pittorica o dalla fotografia? Ricordiamoci di «The Pencil of Nature» il libro fotografico di Fox Talbot (1844-46), e di quei negativi e positivi di carta stampati a contatto esponendoli al sole, una specie di bucato della fotografia: ecco, non possono esservi dubbi, Migliori riscopre le proprie radici nella foto delle origini ma sa coniugare l’astrazione degli anni 20 con una nuova idea del gesto, come una Action Painting fatta di luce.
Migliori ha proseguito per decenni le sue Ossidazioni passando dal nero al colore e ha scavato, nel segno dell’Informale, le piccole Polaroid, concentrati di un non-racconto che rivoluziona ritratto e paesaggio. Il fotografo, le cui opere sono nei maggiori musei del mondo, segna davvero un’epoca anche perché comprende, ed è quasi il solo, che la strada di questo mestiere non è identificarsi con un linguaggio, realistico o astratto che sia, ma usare i linguaggi in funzione del senso. Migliori, figura chiave nella storia della fotografia europea, è un personaggio consapevole e ironico, uno sperimentatore inguaribile da fine anni 40 ad oggi. Ma è poi vera la contraddizione fra le foto realistiche e le foto off camera? Vediamo. Migliori ha scattato negli anni 50, con una Rollei, una foto in bianco e nero dall’alto della torre degli Asinelli a Bologna: baluginio di luci, tavolini e ombre sedute fuori del bar: adesso il fotografo riprende quell’immagine, la passa allo scanner e la stampa con forte ingrandimento scoprendo i titoli de L’Unità che l’uomo legge al tavolino. Solo un fatto tecnico? Ben altro: Migliori scava oggi dentro la fotografia, la scopre come la «lettera rubata» del racconto di Poe, del Seminario di Lacan e del saggio di Derrida. Il rivoluzionario della camera oscura dimostra che non esiste il «vero» nella fotografia ma le diverse, mutevoli verità di chi legge le immagini.
Arturo Carlo Quintavalle