Gianni Mura, la Repubblica 20/1/2013, 20 gennaio 2013
IL RADDOPPIO DI BERETTA GENIO DEL CALCIO IMMOBILE
PIÙ passa il tempo e meno si fa per l’Aquila. Più passa il tempo più sembra che il dramma e i morti del terremoto avessero una vis comica che in un primo tempo faceva godere i palazzinari e poi, ultima scoperta, anche i prefetti. Come Giovanna Iurato, che al telefono con il collega-spalla Gratteri ride rievocando le sue finte lacrime davanti alle macerie della Casa dello Studente, e i giornalisti boccaloni che ci erano cascati. Effettivamente, sembrava una reazione umana, sincera, l’unica possibile. Era un bluff. In questo mondo non c’è solo Armstrong a imbrogliare, c’è chi lo fa e rischia meno. Più passa il tempo e più in Sahel hanno due possibilità: morire di guerra o morire di fame. Nel 2012 i raccolti di riso, miglio e mais sono calati dell’80%. «La carestia non è una dieta», dice la voce di Gioele Dix negli spot della Lvia per raccogliere fondi. Si può dare una mano, fino al 28 gennaio, telefonando al 45599. Più passa il tempo e più mi sembra che non passi. A Bergamo stupro in centro. «Donne, non uscite da sole la sera» dice il procuratore Dettori.
Il tempo però passa e mi sono quasi rassegnato. Maurizio Beretta è un genio. Non ho mai capito di preciso cosa faccia o non faccia, so che è dimissionario da due anni e che è stato rieletto presidente di Lega con l’alta sponsorizzazione di Galliani e Lotito. So che conserverà l’altra scrivania, all’Unicredit. So che Unicredit controlla la Roma ma a nessuna salta il ticchio di sollevare un polverone sul conflitto d’interessi. So pure che la Roma era contraria alla rielezione di Beretta, il che autorizza a immaginare scenari che nemmeno nel Pd, ma immaginare stanca (più che lavorare, dicono) e quindi prendo atto che il calcio italiano non ha nessuna intenzione di cambiare, di andare avanti, di provare almeno a risolvere i suoi tanti problemi. Lo dicono in coro, i presidentoni, ma forse non ci credono nemmeno loro. Può esistere una seria politica sportiva in un paese dove latita (sono ottimista) una seria politica al piano superiore? Questo non lo so, però 4 a don Gallo che ha definito Mario Monti “un chierichetto del capitalismo”. Un po’ di più, diamine. Un prevostone, semmai, di quelli che a metà predica hanno fatto addormentare la maggioranza dei fedeli. Grillo invece li tiene svegli: un giorno apre le porte a Casa Pound, un altro attacca i giornali perché l’hanno frainteso (e che palle, ci sono pure i filmati, nelle smentite Grillo fa quasi pari con Berlusconi), un altro giorno ancora vuole abolire i sindacati, presto richiederà Nizza e Savoia alla Francia o proporrà una tassa sul macinato, o la pubblica gogna. E intanto Pannella è salito sul taxi di Storace. Siamo rovinati dalle metafore.
Per Inter-Bologna, in settimana, è stata murata una lapide a San Siro-Meazza in ricordo di Arpad Weisz, che fece vincere lo scudetto a entrambe. Allo stadio di Bologna una lapide c’era già da tre anni. A Milano Weisz, figlio di ebrei ungheresi, lanciò in prima squadra un ragazzino, Peppìn Meazza. Dal Bologna fu licenziato dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali. Cercò rifugio in Francia, poi in Olanda. Sua moglie e i due figli morirono subito ad Auschwitz, lui nel ’44. Uno dei tanti sportivi, anche italiani, travolti dalla follia nazifascista. Sul fronte razzismo negli stadi, altro episodio ieri a Casale Monferrato e c’è ancora di mezzo la Pro Patria. Non i suoi tifosi (come col Milan di Boateng), ma un giocatore della squadra che partecipa al campionato Berretti (di solito 16/17enni). Sul 2-0 per la Pro (seconda in classifica mentre il Casale è terzultimo) Ribeiro dà un pugno a un avversario, che lo avrebbe ferito con un insulto razzista, e l’arbitro espelle Ribeiro. Come da regolamento. A quel punto, tutti i compagni escono con lui. Vediamo cosa decideranno gli organi disciplinari. Probabile uno 0-3 per il Casale. Che non è il Milan, ma non per questa di diversa caratura. Perché a Busto l’arbitro non aveva deciso nulla e Boateng aveva deciso per sé e per tutti. Se però i compagni hanno dato la loro solidarietà a Ribeiro è perché qualcosa avranno sentito. L’arbitro no, a quanto pare. E ci vorrebbe più attenzione, a questi livelli, proprio perché certe abitudini cattive si prendono, o si perdono, da giovani.
Da giovane e da meno giovane, Josefa Idem ha sempre lo stesso fascino: la normalità della campionessa. Domattina a Milano sarà premiata con l’Altropallone. Nell’elenco dei premiati è la prima donna, non certo la primadonna.