Lucio Caracciolo, la Repubblica 20/1/2013, 20 gennaio 2013
LA CULTURA DEL SEGRETO SEPARA ITALIA E SVIZZERA
CHI ha detto che fra italiani e svizzeri non si riesce a parlare, quasi fossimo due vicini che si danno le spalle? La prima edizione del “Forum di dialogo” fra Italia e Svizzera, che si è conclusa ieri a Roma, ha spazzato via questo luogo comune. Due giorni di confronto molto intenso, a tratti rugoso, che ha analizzato tre temi centrali - finanza, infrastrutture e media – su ciascuno dei quali sono state lanciate concrete proposte di cooperazione.
Sul primo versante, l’attualità ha imposto la questione del negoziato fiscale italo-svizzero e l’emergenza debito nel nostro Paese. Riassumendo i lavori del Forum, organizzato dalla rivista
Limes
e dall’ambasciata svizzera a Roma in collaborazione con l’Ispi, Enrico Letta ha stabilito: «L’Italia non può più vivere sul debito, la Svizzera non può più vivere sul segreto». E ha aggiunto di augurarsi che l’accordo fiscale possa andare in porto entro l’anno: «In ogni caso, non dovrà avere il sapore del condono ».
Nel dibattito fra esponenti del mondo finanziario dei due Paesi è stato notato che alla radice delle diverse percezioni italiane e svizzere sulla questione del segreto sta un riflesso culturale: per gli elvetici la riservatezza è un tratto esistenziale, che non riguarda solo le banche, ma la privacy dei cittadini, mentre per noi ha un’accezione negativa, anche per la robusta evasione fiscale.
Sicché il progetto Rubik può funzionare – è stato
suggerito - a patto che si separino fisco e riservatezza: sui capitali già in Svizzera si stabilisce un’aliquota allineata a quella dei Paesi di provenienza dei capitali, ma senza arrivare allo scambio automatico di informazioni fiscali («altrimenti saremmo allo scontro di civiltà»). Altri hanno osservato che lo schema Rubik funziona nella
common law
britannica, ma non convince gli italiani perché copre l’identità del contribuente scudato. Servirebbero dunque accordi bilaterali tarati sulle caratteristiche del Paese di provenienza dei capitali. Altri ancora hanno suggerito di abolire tout court il segreto.
Quanto alle infrastrutture, non sono mancate le recriminazioni reciproche sulle ragioni che impediscono di collegare pienamente la rete ferroviaria italiana a quella svizzera. In particolare, l’asse Genova- Rotterdam, vitale per la nostra economia, è ancora lontano dal diventare realtà efficiente. Ciò anche a causa di alcuni colli di bottiglia, soprattutto tra Lugano e Chiasso. Inoltre, il nostro Paese dovrebbe finalmente avviare il cambio di paradigma nel trasporto merci, in cui il ferro oggi vale appena il 7%. Più a lungo termine, per l’Italia, che attualmente importa il 40% della sua elettricità dalla Svizzera, la decisione elvetica di rinunciare al nucleare apre interessanti prospettive di export.
Infine, rappresentanti della stampa, della cultura e dell’editoria hanno messo in cantiere il progetto Piazza Media, un luogo di incontro non solo virtuale fra giornalisti e studiosi dei due Paesi, oltre a un roadshow che traverserà l’Italia per far incontrare italiani e svizzeri e ad altre iniziative legate all’’Expo 2015 di Milano. L’appuntamento è per l’anno prossimo in Svizzera, dove si terrà la seconda edizione del Forum.