Agnese Codignola, Nòva, Il Sole 24 Ore 20/1/2013, 20 gennaio 2013
CONOSCI LA MENTE E SARAI FELICE
È forse la domanda più vecchia del mondo, quella con cui tutti i grandi pensatori della storia, così come ciascun essere umano, hanno fatto i conti, prospettando di volta in volta risposte che non hanno (quasi) mai avuto la pretesa di essere esaustive: che cosa è la felicità e, soprattutto, come si può raggiungere? Alla Cornell University c’è un neuroscienziato che da anni offre un punto di vista diverso rispetto a quelli più tradizionali: Shimon Edelman, esperto di scienze cognitive e computazionali (il suo primo amore è stato l’informatica) ma anche psicologo e filosofo.
Edelman all’argomento ha dedicato il suo ultimo libro, La felicità della ricerca – le neuroscienze per star bene (Codice edizioni), presentato ieri a Roma al Festival delle scienze, quest’anno dedicato appunto alla Felicità nella mente e nel cervello. «Innanzitutto bisogna distinguere due livelli di ragionamento – spiega a Nòva24 –: quello universale e quello individuale. Nel primo caso la felicità è più legata alla situazione contingente, alle condizioni materiali che, per esempio, possono permettere a una popolazione di vivere dignitosamente grazie a leggi adeguate e a situazioni economiche congrue: ogni popolo, in questo senso, può avvicinarsi alla felicità e, da questo punto di vista, condivide aspirazioni e speranze con il resto dell’umanità.
Ma le cose cambiano quando scendiamo al livello individuale, perché in questo caso non esiste una regola: ciascuno di noi ha la sua dimensione felice, il suo momento magico, i suoi sogni». Ciò non significa che non si possa delineare un profilo della felicità valido per tutti gli individui.
«Come ho cercato di spiegare nel libro – continua Edelman – la felicità non sta tanto nel raggiungimento di uno scopo prefissato, quanto in ciò che si fa per raggiungerlo. In ogni momento l’essere umano cambia, si adatta, cresce, matura, soffre, vive nuove esperienze, ciascuna delle quali è di per se stessa origine di felicità perché rende quella persona un unicuum irripetibile. In altre parole, la felicità è la consapevolezza del nostro vivere quotidiano, anche nelle situazioni che sembrano meno positive».
Edelman ha dunque un’idea della felicità che trascende dal conseguimento di un successo ma che trae le sue radici dalla ricerca stessa e dalla pienezza della natura umana. Ma è anche uno scienziato e, in quanto tale, non dimentica di sottolineare l’importanza delle neuroscienze e del contributo che esse hanno dato allo sviluppo della sua idea.
«Tutte le discipline che aiutano a capire il funzionamento della mente sono utili per capire il significato della felicità e il modo per ottenerla. Per esempio – sottolinea – le scienze computazionali (che possono sembrare quanto di più lontano ci sia dal concetto astratto di felicità) aiutano a interpretare il comportamento, se visto come il dispiegamento continuo di infinite possibilità di scelta; ma se capiamo il nostro comportamento siamo già sulla buona strada per essere felici. Allo stesso modo, conoscere i meccanismi molecolari del linguaggio, della formazione del pensiero e della memoria significa trovare le chiavi interpretative di ciò che siamo e di ciò che guida le nostre scelte».
Tra i diversi possibili protagonisti delle neuroscienze, Edelman attribuisce un ruolo molto importante proprio alla memoria, formidabile veicolo per il raggiungimento della felicità. «La memoria è come la nostra personale macchina spazio-tempo e ci permette di viaggiare con la mente, di riprodurre situazioni diverse da quelle che stiamo vivendo. Non necessariamente si tratta di momenti felici, ma ricostruire una situazione del passato e analizzare che cosa è successo, ricordare come essa ci ha cambiato e quanta strada abbiamo fatto da allora può essere motivo di felicità, se consideriamo appunto l’uomo e la sua coscienza come un qualcosa in perenne evoluzione».
La comprensione del funzionamento della mente, inoltre, fornisce strumenti adeguati anche per un altro degli elementi che Edelman ritiene centrali per il raggiungimento della felicità: l’interazione con gli altri. «Se come detto il primo passo è la consapevolezza di ciò che siamo e di ciò che stiamo vivendo, non si può prescindere dal mondo intorno a noi: non solo ciò che noi percepiamo come il nostro stato mentale è condizionato da ciò che ci circonda, ma ogni nostra azione e ogni nostra esperienza lo sono. Le neuroscienze negli ultimi decenni ci hanno fatto vedere che è così e il quadro che ne è emerso conferma che la felicità non può che essere data dalla composizione armonica dei due elementi: la natura di ciascuno di noi, plasmata da una storia unica e irripetibile, e il rapporto con gli altri e con il mondo che ci circonda che, a sua volta, influenza il nostro modo di essere». Infine, un consiglio per tutti: «Quando cercate la felicità, prendetela e lasciatela andare».