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 2013  gennaio 21 Lunedì calendario

DI DESTRA O DI SINISTRA: QUANDO I NUMERI SONO UN’OPINIONE

Nel Paese della politica anche i numeri sono politici: il numero uno, il due, il cento, il mille, da che parte stanno? Sono di destra o di sinistra? In matematica la regola sarebbe che «cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia». Da noi ogni giorno si fa politica cambiando l’ordine dei fattori, perché ognuno «dà i numeri» a modo suo e come gli conviene per dimostrare la propria tesi. Anche per noi che ascoltiamo confusi dalla girandola dei numeri, delle addizioni e delle sottrazioni che ci vengono proposte, «il risultato non cambia», perché non c’è da parte del cittadino nessuna possibilità di controllare quei numeri. Tra l’altro la fretta con cui ci vengono comunicati rende la cosa impossibile per chiunque, si dovrebbe avere al posto del cervello un calcolatore. Se a dare i numeri è uno di destra, il cittadino pensa che quei numeri servono alla destra, e dunque rimane perplesso e poco convinto. Se uno è di sinistra a dare i numeri per dimostrare la tesi opposta, pensa che quei numeri servono alla sinistra. Insomma non è mai successo, come oggi, che la verità fosse ridotta a una pallina impazzita che rimbalza nella roulette tra il rosso e il nero. Dove si fermerà? Uno dice coi numeri una cosa, un altro coi numeri il contrario. Loro, quelli che danno i numeri, sono gli esperti, ma si contraddicono, obbligandoci a essere soltanto spettatori del loro gioco.
Mai il Paese si era trovato in una condizione simile coi numeri di destra che lottano coi numeri di sinistra. Si dice che la matematica non è un’opinione, ma da noi sì, la matematica è diventata un’opinione. Noi dovremmo essere tutti bravi ragionieri, commercialisti, contabili, amministratori, per capire attraverso i numeri che ci vengono frettolosamente propinati dagli esperti le ragioni degli uni e degli altri, del dare e dell’avere, del rubare e somministrare, della copertura e mancanza di copertura, del debito e del credito, e ancora la percentuale da ricavare, la somma accreditata e quella sottratta, il profitto e la perdita, così via, fino alla perdita di coscienza. Dovremmo trovarci sempre pronti davanti ai conti della spesa, senza nessuna idealità, senza nessun sogno, nessuna speranza di redenzione futura. Numeri e cifre e conti della spesa ci costringono a volar basso.
La verità è che i numeri hanno perso la loro funzione, si è perso il valore che davano alle cose, ai ragionamenti, alle dimostrazioni. E hanno oggi uno strano rapporto con la vita della gente comune, perché si parla di pensioni da 30, 40 mila euro al mese, di appannaggi da 200 mila, di risarcimenti da 500 milioni, di evasioni e ruberie miliardarie. I numeri frullano, ballano, e soprattutto quando si tratta di denaro mal guadagnato, impazziscono, sono numeri che appartengono a un ceto privilegiato, numeri che non ci riguardano. In questo periodo di crisi, quando si conosce la disperazione dei conti che non tornano, si sentono volare nell’aria cifre favolose da mille e una notte.
Quest’uso indecente dei numeri fa perdere di vista la realtà, che diventa astratta come i numeri, e ci conferma che il nostro è un Paese dove la verità non esiste, un Paese senza verità. Non fate dei numeri l’unica forma di comunicazione, perché cominciamo a odiarli i vostri numeri e quel che ci nascondono, non vogliamo più numeri che diventano spread, grafici, dimostrazioni, oroscopi, sondaggi; aspiriamo a qualcosa di più spirituale e alto, che possa sollevarci dalla meschinità di quei conteggi incontrollabili di cui la televisione ci fa fare ogni giorno indigestione.
Raffaele La Capria