Luciano Cimbolini; Stefano Pozzoli, Il Sole 24 Ore 21/1/2013, 21 gennaio 2013
OGNI ANNO UN MAXI-DEFICIT DA FALLIMENTO
Il disavanzo finanziario delle regioni? A una prima, grossolana, stima, risulta essere di circa 20 miliardi di euro. In attivo per quasi 7 miliardi, tra le Regioni maggiori, c’è la Sicilia: ma in questo caso non si dispone del dato delle economie vincolate(che dovrebbe ridurre la cifra) e va ricordato che recentemente l’isola ha manifestato problemi di liquidità tali da richiedere l’intervento del Governo.
Questo dato, peraltro, incorpora i disavanzi pregressi dei sistemi sanitari regionali, ma non tiene conto di quelli (imponenti) non ancora finanziati delle Regioni sottoposte ai piani di rientro.
Non tutti i disavanzi sono uguali, però. Il disavanzo toscano (e non solo quello), si spiega in buona parte per il fatto che la Regione ha preferito (e la normativa lo consente) finanziare investimenti con disponibilità di cassa, contraendo il relativo debito soltanto all’occorrenza. Un disavanzo, in un certo senso, «virtuoso».
Da ciò consegue un aspetto critico: la (non) leggibilità dei bilanci. È possibile avere bilanci non confrontabili, nei quali perfino il risultato d’esercizio non si presti a una lettura univoca e necessiti di molteplici riclassificazioni?
Un dato allarmante, oltre a quello del debito (che complessivamente ammonta a oltre 130 miliardi di euro fra mutui, obbligazioni e residui passivi) è quello del deficit patrimoniale: complessivamente le nostre Regioni hanno più passività che attività, con un saldo negativo di circa 9 miliardi. Un’azienda "normale" sarebbe da tempo fallita. Vero è che i dati vanno letti con prudenza, viste le problematiche attinenti alla valorizzazione degli attivi e l’eterogeneità dei criteri usati, da cui segue la scarsa significatività del bilancio patrimoniale complessivo.
Tutto ciò impone una riflessione sul futuro del nostro sistema territoriale, poiché questi numeri mettono in discussione alcuni principi, come ben rilevato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 274/2012, quali l’attendibilità dei tetti all’indebitamento e la sostanziale tenuta dei conti pubblici della Repubblica, sulla quale le Regioni giocano un ruolo cruciale.
È un bene, quindi, che il Dl 74/2012 abbia imposto una revisione del sistema dei controlli delle Regioni, attribuendo un ruolo chiave alla Corte dei conti.
Questo però non basta, perché occorre dare impulso a un serio processo di riforma che si muova su più direttrici.
La prima passa per il necessario rispetto dei tempi dell’armonizzazione contabile degli enti pubblici, oggi in fase di sperimentazione. Il punto fondamentale è che non è più possibile che autonomia significhi anche discrezionalità nelle modalità di rappresentazione degli andamenti finanziari, patrimoniali ed economici dell’ente. Sul tema si gioca una partita importante non solo di finanza pubblica, ma anche e soprattutto di democrazia, visto che i cittadini sono chiamati, col voto, a giudicare l’operato di una amministrazione anche dai risultati raggiunti mediante l’impiego delle tasse.
La seconda dovrebbe muoversi da un aggiornamento del Patto di stabilità interno delle Regioni, che dovrebbe superare la logica vetusta dei tetti di spesa e convergere verso un meccanismo per saldi. E ancora, visto che la sanità è il motivo fondamentale della crisi negli equilibri finanziari delle Regioni, questa dovrebbe rientrare nel Patto e nell’ambito dei complessivi equilibri di bilancio, senza più rappresentare un mondo a sé, con meccanismi di controllo che la connotano come "gestione separata". Si pensi solo al problema, teorico e pratico, dell’efficacia effettiva della copertura dei disavanzi sanitari mediante l’utilizzo di risorse del bilancio non sanitario in Regioni in deficit strutturale.
Ad ogni modo, il risanamento del sistema regionale deve diventare una priorità nazionale. Appare ineludibile introdurre una procedura di dissesto, che ripeta le modalità individuate all’articolo 6, comma 2 del Dl 149/2011 (il decreto federalista su «premi e sanzioni»), e anche una disciplina di risanamento monitorato analoga a quella del cosiddetto pre-dissesto prevista per gli enti locali.