Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 21 Lunedì calendario

DA PECHINO A MILANO LA SFIDA DI DAGONG ALLE “TRE SORELLE” DEL RATING MONDIALE


A Milano tutto è pronto per il debutto europeo della cinese Dagong, la prima agenzia di rating a infrangere il monopolio delle tre sorelle anglosassoni Moody’s, Standard&Poor’s e Fitch. La succursale italiana di Dagong, forte di quaranta analisti, si appresta ad effettuare valutazioni finanziarie in tutto il vecchio continente, dove nei prossimi anni sono previste nuove aperture. Nei mercati e nei governi cresce così l’allarme per il debutto di criteri e giudizi di valutazione sul debito diversi dal passato, capaci di risultare decisivi per le prospettive di società e nazioni. Sulla sede milanese di Dagong si è concentrata perfino l’attenzione dei servizi segreti atlantici, incaricati di scoprire quali interessi si nascondano dietro l’agenzia che per prima ha abbassato il rating di Usa e Italia, facendo aumentare i tassi.
L’intelligence è incuriosita dal fatto che Dagong, fondata nel 1994, abbia scelto l’Italia per spingere la propria influenza oltre i confini asiatici. La risposta si chiama Mandarin Capital, primo fondo sino-italiano di private equity, che da anni raccoglie capitali in Italia e in Cina per investirli in entrambi i Paesi. Dagong Europe Credit Rating Agency, di cui Lorenzo Stanca è vicepresidente, è controllata al 60% dalla casa madre e per il restante 40 da Mandarin Capital Partners, un gruppo di importanti famiglie del capitalismo italiano. L’attenzione sul debutto milanese è stata attirata da diversi elementi: la concomitanza dello sbarco di Dagong ad Hong Kong, previsto sempre nel 2013, l’apertura di sportelli bancari cinesi in Lombardia, l’avvio degli appalti esecutivi per l’Expo di Milano, l’emigrazione delle aziende verso Est, ma soprattutto la crisi nell’eurozona, che moltiplica l’offerta di imprese a prezzi da saldo.
La disponibilità della Cina ad investire in Italia e nel resto d’Europa, non solo con il fondo sovrano, è nota da tempo, così come l’attesa prudente adottata fino ad oggi da Pechino. Il retropensiero di analisti e politici Ue, rispetto a Dagong Italia è che la leva del rating sovrano, innesco della crisi del debito, possa influenzare il valore dei beni posti sul mercato a causa delle difficoltà. Gli anti-cinesi temono che Dagong, interamente privata anche in Cina, punti sull’Italia e sull’Europa per abbassare il prezzo di aziende e infrastrutture su cui ha messo gli occhi Pechino. Chi invece ha fiducia nella crescita cinese, e crede in un clima finanziario non dominato dalle correnti americane, accoglie l’espansione europea di Dagong come un elemento di riequilibrio oltre che un arricchimento analitico a favore di istituzioni e investitori.
Al di là del confronto Cina-Usa per l’influenza sul secolo, per la quale il rating rimane un’arma formidabile sottratta al controllo degli Stati più deboli, emerge la diversità nei criteri di valutazione. Per le tre storiche agenzie sono determinanti fattori come ambiente politico, flessibilità monetaria e fiscale, privatizzazioni, liberalizzazioni. Per la Dagong, che non nasconde l’ostilità verso le pressioni politiche esercitate sul rating made in Usa, devono prevalere invece pressione fiscale, riserve finanziarie, onere del debito, possibilità di crescita e di creare valore, o salute reale dei conti. Modelli economico-politici e interessi diversi, ma conclusioni convergenti: ossia che il mondo abbia bisogno di un multilateralismo equilibrato anche nei giudizi sui debiti sovrani, per contrastare le speculazioni di mercati finanziari in balìa di interessi fuori controllo.
È comprensibile che il primo investitore globale, che è pure il primo creditore in euro e dollari, si cauteli attraverso un organismo di controllo vicino ai propri interessi. Ma la sfida di Dagong non si ferma all’Europa. Per contrastare lo strapotere delle agenzie americane, più volte costrette a rivedere le proprie valutazioni alla luce dei giudizi cinesi, Dagong ha dato vita all’alleanza con la russa RusRating e con la statunitense Egan-Jones Ratings creando la nuova agenzia Universal Credit Rating Group, decisa a «ridurre il rischio economico nello sviluppo della civiltà umana». I tre partner dichiarano di «non rappresentare gli interessi di alcun Paese o gruppo » e assicurano di «fornire informazioni imparziali in materia di valutazione dei mercati internazionali ». L’attesa riguarda l’impatto reale di Dagong sull’economia globale e i tempi necessari agli eredi di Mao per imporre il proprio esame al capitalismo stremato dal fallimento della finanza fine a se stessa. E’ questa morsa Cina-Usa a stringere il futuro dell’economia dell’Europa: incapace di superare gli opportunismi nazionali per dare vita anche ad un’agenzia di rating made in Ue.