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 2013  gennaio 21 Lunedì calendario

E ORA BUSTO ARSIZIO SI RIBELLA “NOI NON SIAMO RAZZISTI”


I «Tigrotti» della Pro Patria si difendono con lo spray blu, su un muro vicino allo stadio: «Basta veleni contro di noi». Magari lo hanno scritto l’altra volta, quella degli insulti al milanista Boateng. Oppure l’hanno fatta apposta per Fabiano Ribeiro, preso di mira con la maglia del Casale Monferrato nel campo di Trino Vercellese. Ma cambia niente per i tifosi di Busto Arsizio, aggrappati alle maglie biancoblu in serie A negli Anni Cinquanta, prima di precipitare nella Lega Pro e poi nell’infamia e il disonore di questa storia ancora tutta da capire bene. Perchè non c’è tifoso o bustocco che ci creda davvero che, appena quindici giorni dopo gli insulti al milanista Boateng per il colore della sua pelle, un minorenne della giovanile della Pro Patria se la sia presa con un altro ragazzino come lui.

Il sindaco Gianluigi Farioli del Pdl è come sempre il primo a difendere la squadra e la città: «Temo che sia tutta una montatura... Non voglio dire niente perchè non c’ero e aspetto che la giustizia sportiva tiri le sue conclusioni... Speriamo solo che non si comporti con noi come dopo la vicenda di Boateng...». Su tutto quello che è successo sabato pomeriggio a Casale Monferrato c’è una inchiesta. Ci sono le lacrime e i racconti di Fabiano Ribeiro. Con un arbitro che non ha sentito niente. Nemmeno le parole del diciassettenne della Pro Patria, da sei anni con la stessa maglia, che giura e stragiura che non è vero niente e ha solo paura che per lui sia finita qui per sempre.

Il patron della Pro Patria Pietro Vavassori, al telefonino per strada verso Rimini, dove la squadra in trasferta incassa un mesto 1 a 1, gioca in difesa ma si capisce che la sua è una linea di attacco: «Nessuno si è accorto di nulla perchè il nostro giocatore non ha fatto nulla di nulla. In squadra abbiamo anche noi un ragazzo di colore. Noi condanniamo il razzismo. Siamo persone corrette. Ma non vogliamo che ci si butti la croce addosso...». Meglio cercare di girare la frittata e prendersela come l’altra volta con Boateng che spara una pallonata stizzita sugli ultras, si toglie la maglia e torna negli spogliatoi. O con il Casale Monferrato che dopo l’insulto lascia il campo: «Ho parlato con i loro dirigenti. Si sono scusati per il ritiro...».

Le due versioni sono troppo contrastanti per capire dove sia la verità. La giustizia sportiva si prende i suoi tempi e giura che tutto finirà col massimo rigore. Ma tra i 70 mila abitanti di Busto Arsizio che è quasi Varese non ce n’è uno che non sia pronto a parare gli attacchi. Qualcuno si trova anche con la neve, davanti allo stadio Carlo Speroni chiuso perchè la squadra è in trasferta e gli uffici della giovanile sono sprangati. «Sono usciti dal campo quando perdevano 2 a 0... Ma figuriamoci se con tutto quello che ci è successo, uno dei nostri ragazzi poteva lasciarsi andare così...», dicono tutti prima dell’aperitivo in piazza. Con i giornali locali sui tavolini che hanno titoli assai cauti e commenti pieni di dubbi: «Fermi tutti. Busto non sia il capro espiatorio. Il razzismo è una bestia feroce che colpisce ovunque».

Come dire che quello che avviene dentro e fuori gli stadi da sempre e da sempre è stato tollerato adesso va combattuto con forza. E mica solo a Busto Arsizio. O forse non a Busto Arsizio già messa nel mirino per la partita tra il Pro Patria e il Milan finita con gli insulti a Boateng e alla sua fidanzata. Roberto Centenaro, cinquant’anni di stadio sempre tra i Tigrotti, non ci crede che sia successo un’altra volta: «Ma può essere possibile che i razzisti siano solo tra di noi? Mi sa che ci hanno attaccato addosso una brutta etichetta. Faremo di tutto per togliercela... Quello che è successo in campo a Casale è solo il frutto del mancato rispetto delle regole... Boateng che lascia il campo e lo vogliono mandare all’Onu con tutti gli onori. Il Casale Monferrato che lascia il campo e si vede già cosa stanno dicendo di noi...».

Christian, uno degli ultras, non ci crede: «Sono basito da quello che leggo sui giornali e vedo alla televisione. Mi sembra impossibile che ci dipingano come la città più razzista d’Europa». E si capisce che non è così. Ma i fischi dell’altra volta a Boateng e alla sua fidanzata sono costate denunce e pure la diffida a frequentare lo stadio a cinque tifosi, uno pure assessore per la Lega in un comune vicino. Ma l’equazione Busto provincia di Varese uguale Lega uguale razzismo non va giù a nessuno. E mica perchè ci sono le elezioni in ballo. Anche se alla fine, sotto sotto, come dice Christian, un insulto è un insulto e non è che sia più grave per il colore della pelle di chi è preso di mira: «Su Boateng hanno montato un caso. Quei ragazzini ce l’avevano solo con la sua fidanzata, la modella Melissa Satta. Ma negli stadi, si sa, certi insulti sono diventati comuni come gli slogan...».