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 2013  gennaio 19 Sabato calendario

ITALIA-SVIZZERA, IL DIALOGO VA AVANTI SUL TAVOLO ARRIVA IL CASO CAMPIONE


ROMA — Le tasse potrebbero scendere davvero per gli italiani. Ma solo per i 2 mila o poco più che vivono a Campione d’Italia, il paesino della provincia di Como circondato dal Canton Ticino, la nostra piccola enclave in terra svizzera, da sempre in testa nelle classifiche per ricchezza e reddito pro capite. Non si tratta dell’ennesima promessa elettorale di casa nostra. Ma dell’ultimo sviluppo della lunga trattativa che Roma e Berna stanno portando avanti da mesi sul fisco e sui capitali italiani depositati nelle banche della Confederazione.
Ieri a Roma si è aperto il primo Forum per il dialogo tra Italia e Svizzera. Si tratta di un appuntamento organizzato dall’ambasciata elvetica e dalla rivista di geopolitica Limes per sviluppare la collaborazione tra i due Paesi in tutti i settori, mettendo insieme personalità della cultura, dell’economia e della politica. Ed è stato Didier Burkhalter, il capo del dipartimento federale degli affari esteri, a citare la «fiscalità di Campione d’Italia» come uno dei sei punti sul tavolo del negoziato. Una novità, come hanno osservato diversi partecipanti all’incontro visto che finora di Campione non si era ufficialmente parlato ed i punti sul tavolo erano cinque. Qual è il nodo da sciogliere? Campione è territorio italiano a tutti gli effetti, anche per il fisco e quindi anche per il peso delle tasse. Ma è circondato dal Canton Ticino dove la pressione fiscale è molto più bassa rispetto a quella di casa nostra. Uno squilibrio che i residenti di Campione vorrebbero correggere. La questione è arrivata sul tavolo del gruppo di pilotaggio, come è stata chiamata la squadra di tecnici svizzeri e italiani che lavorano ai dettagli dell’intesa. E l’ipotesi — tutta da costruire — è quella di prevedere un livello di tassazione intermedio tra quello italiano e quello del Canton Ticino.
Oltre al caso Campione, però, i problemi da risolvere sono ancora parecchi. C’è la questione dei lavoratori transfrontalieri, quella della convenzione sulla doppia imposizione, la possibilità di offrire servizi bancari oltre frontiera e l’accesso ai mercati. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi si dice ottimista: «Le complesse questioni fiscali sono state incanalate, il gruppo di pilotaggio è uno strumento efficace e in grado di dare i risultati auspicati». Ma il vero nodo dell’intesa resta la percentuale da far pagare, per chiudere i conti con il fisco e la giustizia, a chi nel passato ha esportato capitali in Svizzera. «Non sarà un condono — dice il responsabile svizzero degli Esteri, passando al francese dopo un apprezzabile italiano — perché i pagamenti si farebbero sulla totalità di ciò che è dovuto secondo una formula che tiene conto della durata del deposito, dell’aliquota fiscale del Paese d’origine e dei termini di prescrizione». Lo stesso Burkhalter si dice «fiducioso che l’accordo sarà raggiunto a breve» e chiede che la nostra campagna elettorale non interrompa i negoziati. Anche se è chiaro a tutti che per arrivare al dunque bisognerà aspettare il nuovo governo che avremo dopo le elezioni. E anche se il segnale arrivato ieri da Bruxelles va esattamente nella direzione opposta.
Il commissario europeo alla fiscalità, il lituano Algirdas Semeta, ha detto che la Svizzera ha sei mesi di tempo per fare progressi nello scambio delle informazioni bancarie o finirà nella lista nera dei paradisi fiscali. L’Ue chiede alla Svizzera di seguire il modello dello scambio automatico delle informazioni inserito dell’accordo chiuso con gli Stati Uniti. In base a quell’intesa le banche svizzere sono obbligate a comunicare al fisco Usa i conti attivati dai clienti americani. Lo stesso principio non è previsto negli accordi siglati con i Paesi europei come la Germania o l’Austria e Berna non ha nessuna intenzione di inserirlo nemmeno in quello con l’Italia. Non solo. Perché il commissario Semeta dice anche che Berna l’accordo lo deve fare direttamente con Bruxelles. Un bel bastone fra le ruote di tutti i trattati bilaterali. E anche del prossimo governo italiano.
Lorenzo Salvia
lsalvia@corriere.it