C.Fu., Il Messaggero 21/1/2013, 21 gennaio 2013
UNA SCIALUPPA ANCHE PER I RESPONSABILI
Mica vero che in politica la gratitudine non esiste. Oppure che i meriti, diciamo così, acquisiti sul campo poi non trovano adeguato riconoscimento. Prendiamo Domenico Scilipoti e Antonio Razzi, candidati entrambi alla Camera in Abruzzo per il Pdl. Erano più o meno oscuri deputati: comunque certamente non noti ai più. Poi d’improvviso le luci della ribalta. Successe tutto quel 14 dicembre 2010, quando lo scontro tra Berlusconi e Fini arrivò al culmine e il governo rischiò per la decisione del presidente della Camera di dare vita prima a gruppi parlamentari autonomi e poi ad un nuovo partito: Futuro e Libertà. In quel risiko di Montecitorio successe di tutto: cambi di casacca, ripensamenti, nuove affiliazioni repentinamente disdette e subito dopo riconfermate. Ebbene proprio Scilipoti e Razzi furono in quel passaggio protagonisti.
DA IDV A BERLUSCONI
Infatti i due deputati militavano nelle fila dell’Italia dei Valori, il partito più lontano dal Cavaliere, depositario del dipietrismo duro e puro. Invece proprio da lì arrivano due dei tre voti che consentirono all’allora presidente del Consiglio di vincere la battaglia contro Fini e rimanere in sella. Infatti il conteggio finale terminò 314 favorevoli al governo contro 311 contrari. Sia Scilipoti che Razzi abbandonarono l’ex pm di mani Pulite per assieparsi sotto le bandiere azzurre del Pdl, salvando il Cavaliere dal naufragio. Nacque un nuovo gruppo parlamentare per raccogliere i tormentati, dal nome significativo: Responsabili. In verità, Scilipoti più tardi avrebbe fondato un suo partito, che pure riecheggia il medesimo concetto: Mir, movimento di responsabilità nazionale. Poteva Berlusconi lasciar fuori un uomo con tanti meriti? No, non poteva. E infatti Scilipoti trova posto nella lista Pdl per la Camera in Abruzzo. Appaiato a Razzi, of course.
In realtà il medico siciliano specializzato in agopuntura - questa è infatti la professione di Scilipoti al di fuori della politica - al momento sparge cautela. «La decisione ufficiale arriverà tra poche ore», puntualizza. Problemi i meriti acquisiti? Niente affatto: «Ci sono alcuni punti da chiarire con il mio movimento». Per esempio? «La non pignorabilità della prima casa. Oppure la farmaceutica clinica. In ogni caso però potrei anche rinunciare: se non capiscono il mio progetto...». E la riconoscenza di Silvio? «Non c’entra niente. Ho atto le scelte che ho fatto solo per il bene del mio Paese».
VOTI DETERMINANTI
I due ex Idv non sono gli unici che trovano puntuale ricandidatura. Infatti c’è anche Catia Polidori, in lista anche lei per la Camera però nel Veneto. Al momento dello strappo, sempre in quel dicembre 2010, la Polidori optò in un primo momento per Fini. Decise di appoggiare le dure critiche e l’analisi politica del presidente della Camera, lasciando il Pdl e accettando di entrare a far parte di Fli. Poi però al momento del voto, presumibilmente dopo un lungo travaglio interno, decise di tornare sui suoi passi e votò la fiducia al governo rientrando nelle fila del Popolo della Libertà. Anche il suo voto, dunque, risultò determinante. Non furono rose e fiori, comunque. «Prima ho ricevuto le minacce dei berluscones quando ho deciso di uscire dal Pdl. Ora invece mi arrivano dagli antiberlusconiani. Li denuncio». Adesso la Polidori, all’epoca contestata anche per presunti interessi nella la Cepu, tornerà a solcare il Transatlantico di Montecitorio: è infatti candidata nel Veneto.
LA CARICA DEGLI EX
In queste ultime ore, tanti telefoni squilleranno, tanti nomi verranno inseriti, tanti altri cancellati poi reinseriti e magari ancora cancellati: il gioco delle candidature è tremendo. Mentre nomi storici del Pdl decidono di fare un passo indietro: da Scajola a Dell’Utri e altri, come Cosentino, si battono per restare onorevoli, si gioca il destino di quel drappello che pencolarono tra Pdl e Fli segnando il passaggio più tormentato della legislatura. Chissà e alla fine ce la farà Silvano Moffa, ex An. O Maria Grazia Siliquini, ex Pdl poi Fli e poi di nuovo Pdl. A volte la politica è una riffa.