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 2013  gennaio 19 Sabato calendario

SUDAFRICA ALLA GUERRA DEL PLATINO “ORA BASTA, NAZIONALIZZIAMO”

[Le multinazionali licenziano, i sindacati protestano, il governo cerca una soluzione] –
A pochi mesi dagli scontri che costarono la vita a quasi cinquanta minatori, torna alta la tensione in Sud Africa: la multinazionale Amplats (Anglo American Platinum), primo produttore al mondo di platino, ha annunciato un piano di ristrutturazione che ha messo in agitazione lavoratori, sindacati e governo. Un piano «lacrime e sangue», che prevede la chiusura di quattro miniere a Rustenburg, nel Nord del Paese, e la vendita di una quinta nell’Est. Quattordicimila minatori licenziati, il 3% dei lavoratori di tutte le miniere sudafricane, in un settore vitale per il Paese che sta vivendo, oramai da anni, una crisi drammatica: nel 1994 i minatori sudafricani erano un milione e quattrocentomila, mentre ora si aggirano intorno ai 500 mila.

All’annuncio del piano di ristrutturazione i lavoratori si sono rifiutati di scendere in miniera chiedendo a gran voce un intervento del governo. Un intervento che non si è fatto attendere e che ha dato vita a un muro contro muro tra l’esecutivo guidato da Jacob Zuma e la multinazionale del platino. Per Susan Shabangu, ministro per le risorse minerarie nel governo sudafricano, «il piano di ristrutturazione dell’Amplats è stato un vero e proprio shock per il governo, che è stato consultato meno di una settimana fa nonostante la portata della decisione della multinazionale».

Ben più dure le parole di Enoch Godongwana, membro di spicco del Congresso Africano Nazionale (Anc), il partito al governo: «Quella dell’Amplats è una vera e propria provocazione, una violazione degli accordi. Ci riserviamo il diritto di togliere loro le licenze, visto che hanno deciso di chiudere le miniere anziché venderle pur di non avere concorrenza. Ma le miniere non sono loro, appartengono al Sud Africa». Parole forti che fanno intendere come all’interno dell’Anc ci sia una buona fetta di parlamentari, e anche di membri del governo, che pensano alla nazionalizzazione delle miniere come a una possibile soluzione per evitare il collasso del settore e le speculazioni delle multinazionali stranieri. Quello che chiedono, in sostanza, i sindacati. Joseph Matunjwa, presidente dell’Amcu (il sindacato dei minatori), ha detto esplicitamente che la chiusura delle miniere potrebbe essere «un’opportunità per vedere, su scala minore, il funzionamento della nazionalizzazione. Se l’Amplats dovesse confermare, come pare certo, la propria decisione, si aprirebbe una finestra perché il governo nazionalizzi e salvi i posti di lavoro».

Di trasferire allo Stato le miniere in Sud Africa si parla da anni ma a dicembre l’assemblea nazionale dell’Anc, riunita a Mangaung, aveva bocciato le nazionalizzazioni facendo tirare un sospiro di sollievo agli investitori stranieri e alla finanza. Il piano di ristrutturazione dell’Amplats, che così spera di risparmiare circa 320 milioni di euro all’anno e di fronteggiare il calo del prezzo del platino, pare però aver riaperto il dibattito dopo appena qualche settimana di tregua. E non sembrano neppure bastare a calmare le acque le rassicurazioni date dal colosso minerario a lavoratori e sindacati sulla possibile ricollocazione di parte dei 14 mila minatori licenziati. «È una promessa inaccettabile ha continuato Matunjwa in un’intervista rilasciata al quotidiano sudafricano Mail&Guardian -. Con l’alto tasso di disoccupazione del Sud Africa l’Amplats dimostra di non avere a cuore gli interessi del Paese. Fino a quando l’economia sarà in mano agli stranieri non potremo dire di essere liberi».