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 2013  gennaio 20 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LE MELE MARCE


ROMA - "Abbiamo chiesto a Cosentino di fare un atto di generosità" e non candidarsi, "sono richieste che ci fanno stare male perché sono persone perseguitate dai giudici", "su di lui non c’è nulla", in ogni caso "è sub judice". Silvio Berlusconi, durante l’Intervista su SkyTg24 ha detto che il Pdl ha chiesto a Cosentino un passo indietro in merito alla candidatura, ma non c’è ancora una parola definitiva. La scelta, sottolinea il Cavaliere, è difficile, "perché sono persone che stimiamo, questa è la patologia della nostra democrazia. Abbiamo una magistratura frequentata da persone che troppo spesso non hanno rispetto della dignità e libertà degli uomini, il 50% degli accusati viene poi trovata innocente", ha detto il leader del Pdl. Su "Cosentino non c’è nulla, siccome ho la mia esperienza di anni a Milano con situazioni che non esistono e tendo a pensare che anche per queste persone ci sia la stessa cosa". Poi ha confermato che non saranno candidati Marco Milanese e Alfonso Papa: "Dell’Utri e Scajola non saranno candidati e probabilmente anche Milanese e Papa", ha detto.

La dittatura dei magistrati. "Questo Paese oggi non è una piena democrazia, siamo in una dittatura dei magistrati che hanno un potere senza pari - attacca ancora una volta il Cavaliere -. Sono onnipotenti e nessuno li può tenere sotto controllo, possono fare di una persona quello che vogliono, è una cosa che noi dobbiamo eliminare. Questo vale per persone che non possono candidarsi perché hanno una accusa da parte di questi magistrati - ha concluso - che il circuito giudiziario mediatico induce a ritenere vere. Ingroia si è dichiarato rivoluzionario di sinistra e ha condotto indagine delicatissime sul rapporto Stato mafia".

Le reazioni degli esclusi. La difesa morale del Cavaliere, però, non basta ai diretti interessati. Cosentino resiste, ma non dichiara: parla invece, e chiaramente, Alfonso Papa: "Non intendo ritirare la mia candidatura. Com’è noto al Presidente Berlusconi la mia ferma volontà di portare avanti la battaglia per un sistema carcerario rispettoso della dignità umana e per una riforma organica della giustizia nasce dalla mia esperienza e dal desiderio di dare voce ai troppi che soffrono. Mi era stato chiesto di proseguire nel mio lavoro e così ho fatto - aggiunge Papa - . Se il presidente Berlusconi intenderà far prevalere una linea giustizialista, io ne prenderò atto - conclude - . Mi sembra però inderogabile la necessità che sia Silvio Berlusconi e solo lui ad assumersi una tale responsabilità di tipo politico, culturale e storico".

Il destino di Coronella. Legato al caso Cosentino sembra il destino del senatore Gennaro Coronella che lamenta di non aver, a poche ore dalla presentazione delle liste, ricevuto alcuna comunicazione sulla sua candidatura. Coronella sottolinea di non aver mai ricevuto un avviso di garanzia pur rappresentando il collegio di Casal di Principe e dunque arriva alla conclusione che forse proprio questo fatto abbia spinto la direzione regionale Pdl a considerarlo "un politico irrilevante": "Non ho altro a cui pensare - conclude Coronella - dal momento che l’unico motivo ostativo alla mia presenza in lista è il veto posto sul mio nome dal senatore Nitto Palma e dal mio illustre concittadino, on. Nicola Cosentino".

Alfano premier. In caso di vittoria del centrodestra, "il premier sarebbe Angelino Alfano", ha ribadito intanto il Cavaliere nell’intervista a Sky. La Lega? "Dipende dai risultati. Chiedo il voto tutto sul mio partito, soltanto con una maggioranza certa è possibile fare le riforme istituzionali", ha detto il leader Pdl.

Niente appoggio a Bersani. Nel caso di un testa a testa con Bersani "non ci verrebbe chiesto un appoggio perché c’è il trio Monti-Casini-Fini che si è dichiarato ruota di scorta della sinistra", ha detto Berlusconi. "Non è in questi termini che si può porre il problema - ha aggiunto -. Per una riforma è possibile, se andasse nella direzione che riteniamo utile per il Paese". Un’ampia vittoria del leader del Pd, per Berlusconi, è impossibile: "Bersani stravince alle elezioni? È fuori dalla realtà".

Monti disdicevole. "Monti afferma cose disdicevoli e lontane dalla realtà. Non vero che Italia era sull’orlo del baratro - ha ribadito Berlusconi -. È una mascalzonata. Al limite possiamo dire che ce l’ha portata lui, non c’è nulla che funzioni". Rispondendo poi all’invito a commentare le parole del premier uscente che ha detto che bisogna togliere l’Italia dalle mani degli incapaci, il Cavaliere ha asserito: "Si riferiva evidentemente ai ministri del suo governo". Poi ha bacchettato il professore per avere detto che all’estero gli assicurano di non avere visto da tempo esponenti del governo italiano. "Io nel Qatar non solo ci sono andato, ma sono amico dei leader del Qatar, ci tratto settimanalmente, ho venduto due giocatori al proprietario del Paris Saint Germaine", ha dichiarato.

Nuovo contratto con gli italiani. "Ci sarà un nuovo contratto con gli italiani, è ancora in itinere. Ci saranno tante novità, tra cui la modifica dell’architettura istituzionale. Se non riusciremo a farlo perché gli italiani non avranno saputo votare resteremo indietro rispetto agli altri Paesi. I contratti con gli italiani del 2001 e 2008 sono stati rispettati integralmente", ha proseguito l’ex premier, che poi ha affermato: "Se io vincessi al totocalcio e avessi trentamila euro a chi li darei tra questi quattro? A Bersani che è un politico di professione, a Ingroia che è un pm, a Monti che è un professorino o a Berlusconi che è un imprenditore vincente? Secondo i sondaggi il 99% li darebbe a me".

Intercettazioni. Non ha dubbi Silvio Berlusconi: in caso di vittoria alle elezioni le intercettazioni saranno disciplinate rigidamente: "Interverremo sul divieto assoluto di pubblicazione delle intercettazioni e sul loro utilizzo solo su reati gravi che hanno una pena edittale superiore a 8 anni", ha spiegato il leader del Pdl.

Persona buona e giusta. "Sono una persona buona, giusta, di grande esperienza nel mondo del lavoro e nella politica. Gli oppositori hanno falsificato la realtà su di me e la grande stampa ha prestato loro una mano importante", ha detto ancora Berlusconi.

Sì a confronto a quattro. Silvio Berlusconi è pronto a confrontarsi a Sky con il candidato premier del Pd Pier Luigi Bersani, con il premier Mario Monti e con il leader di Rivoluzione Democratica Antonio Ingroia, ha detto a Latella, aggiungendo: ’’È una bella situazione’’.

(20 gennaio 2013) © Riproduzione riservata

LA RINUNCIA DI MOGGI
Luciano Moggi dice no alla candidatura dei Riformisti Italiani. L’ex dg della Juventus ha infatti rinunciato all’offerta avanzata nei giorni scorsi dal partito guidato da Stefania Craxi. "Devo innanzitutto ringraziare il movimento dei Riformisti Italiani, nella persona di Stefania Craxi, i quali mi hanno concesso l’opportunità di candidarmi come capolista in tutte le regioni d’Italia", dice.
Poi, chiarisce i motivi del no. "Altre forze politiche mi avevano cercato, ma avevo risposto negativamente. Dopo un’attenta riflessione, devo tuttavia rinunciare a questa candidatura, pur rimanendo al fianco di Stefania, per potermi concentrare al meglio su quella che è e sarà, la mia priorità, il processo denominato Calciopoli - spiega - che ha, prima coinvolto e, successivamente, distrutto decine di famiglie di arbitri e assistenti del tutto estranei a questa vicenda assurda che è servita solo per la candidatura politica di altri".
"L’eventuale immunità, ventilata da qualcuno - conclude - fa parte delle solite malignità con le quali sono abituato a convivere da tempo. Lotterò con tutte le mie forze per ristabilire quella verità per la quale combatto da anni per la mia famiglia e per i milioni di tifosi juventini al mio fianco"

CALENDARIO
E’ iniziato stamattina alle ore 8 il deposito di liste e candidature, con le firme necessarie, da parte dei partiti e dei gruppi politici che vogliono partecipare alle elezioni di domenica 24 e lunedì 25 febbraio. Per le elezioni politiche, liste e candidature vanno presentate presso le cancellerie delle Corti di Appello o dei Tribunali fino alle ore 20 di stasera e domani, lunedì 21 gennaio, dalle ore 8 alle ore 20.
Per la "circoscrizione estero" vanno presentate presso la cancelleria della Corte d’Appello di Roma oggi dalle ore 8 alle ore 20 e lunedì 21 gennaio sempre dalle 8 alle 20. Infine, per le elezioni regionali le liste provinciali dei candidati alla carica di consigliere regionale dovranno essere presentate venerdì 25 gennaio, dalle ore 8 alle ore 20 e sabato 26 gennaio dalle ore 8 alle ore 12, presso la cancelleria del Tribunale del capoluogo di provincia in cui ha sede l’ufficio centrale circoscrizionale; le liste regionali, nel Lazio e Molise, e le candidature alla carica di presidente della Regione, in Lombardia, dovranno essere presentate, negli stessi giorni e orari, presso la cancelleria della Corte di Appello in cui ha sede l’ufficio centrale regionale.
(20 gennaio 2013)

MONTI PRESENTA LA SUA LISTA
BERGAMO - Il presidente del Consiglio Mario Monti è stato accolto dagli applausi al suo ingresso nella tensostruttura del "Kilometro Rosso" a Bergamo, dove il Professore presenta i 400 candidati della sua lista "Scelta Civica". Monti è arrivato insieme alla moglie, mentre il figlio Giovanni è entrato in sala poco prima. All’appuntamento sono presenti tra gli altri il ministro Andrea Riccardi, Luca Cordero di Montezemolo, il ministro della Salute Renato Balduzzi. L’applauso scrosciante è scattato alla fine della proiezione di un video sulla sua attività di premier che si è concluso con un fermo immagine del tweet attraverso il quale ha annunciato la sua "salita in politica". In risposta agli applausi, Monti scherza: "Non vorrei che mi aveste preso per un politico. Oggi abbiamo parlato di speranza e di passione e vi assicuro che la passione mi è venuta...", ha continuato ridendo.
"Associare rigore e crescita". Poi, durante il suo intervento, il Professore si fa serio e chiarisce quali saranno i due paletti dell’azione di governo se vincerà le elezioni: rigore e crescita. "Siamo all’uscita, spero, da una crisi finanziaria grave. Ora dobbiamo associare per prossimi tempi una continuazione della discilina di bilancio, che non è una cosa contabile, ma una serietà di rapporto con le generazioni future. Non possiamo imbrogliare i nostri figli e nipoti gravando sempre più di debito il loro percorso di vita. Dobbiamo invertire questa situazione in cui i giovani si aspettano una prospettiva di vita di benessere più negativa dei loro genitori e nonni", ha chiarito i premier. "A questo bisogna associare un nuovo slancio per la crescita, il lavoro e il sociale", ha aggiunto.
"Tasse giù ma con responsabilità". "Ora si può parlare di graduale riduzione delle tasse - prosegue Monti -, ma con responsabilità e senza promesse che non si possono mantenere". "Qualcuno è stizzito perché parlo della riduzione delle tasse - osserva ancora il premier -. Non è incoerente questo, quello che gli italiani hanno fatto nel 2012 era strettamente indispensabile ma non per sempre. Le situazioni cambiano".
"Napolitano guida sicura". "Non so se la mia decisione gli faccia piacere, ma so però che è ispirata da quello stesso amore per il nostro Paese e per il desiderio di riconciliare la società civile con la politica che lo caratterizzano in modo così alto". Così Mario Monti, alla convention di Scelta civica in corso a Bergamo, ha omaggiato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Un ringraziamento, ha aggiunto, "per la grande dignità, per l’orientamento civile e la sicura guida che costituisce per la Repubblica italiana".
"Moderazione? No, riforme radicali". "L’Italia non ha bisogno di moderazione, ma di riforme radicali" sottolinea ancora Monti nel suo intervento a Bergamo per l’apertura della campagna elettorale di "Scelta Civica". "Non sempre coloro che si dicono moderati in politica sono moderati nel nostro senso" e comunque "l’Italia non ha bisogno di moderazione nel senso di mezze misure, ma di riforme radicali" spiega Monti. "Non si tratta di federare i moderati, ma di federare i riformatori".
"Riforme, serve sforzo ampio e unitario". "Ho sempre sostenuto, quando guardavo la politica da fuori o dall’Europa, che le riforme incontrassero difficoltà e fosse necessario uno sforzo largo e unitario per superare certe emergenze. I nostri segnali della voglia di fare riforme sono stati accolti e seguiti con scelte politiche costose da soggetti che prima militavamo nel polo di sinistra e di destra e non erano a loro agio nella loro casa di appartenenza sulle riforme. Noi li abbiamo voluti, loro sono venuti".
"Voto utile ’per’ l’Italia". Quello per la lista Monti "non è un voto ’contro’ qualcuno, ma fermissimamente ’per’ l’Italia. Ed è un voto utile" ha assicurato Monti. "Tra un po’ diremo che è ’il’ voto utile".
"Destra ostacolo contro corruzione". Mario Monti ha ricordato gli ostacoli arrivati dal mondo della destra nel corso del suo anno di governo. "Sulla riforma necessaria della giustizia contro la corruzione, il conflitto di interesse e il falso in bilancio" ci sono stati "ostacoli che sono venuti da destra anche per ragioni storiche e personali che conosciamo" dice il Professore, riferendosi indirettamente a Berlusconi.
"Mercato del lavoro, si può fare di più". "Sul mercato del lavoro è possibile andare più avanti rispetto a quella strana maggioranza che mi ha sostenuto l’anno scorso" ha aggiunto il premier.
A Pdl e Lega: "Noi antagonisti della sinistra". Monti poi si rivolge direttamente a "Pdl e Lega". "Devono arrendersi: questa volta gli antagonisti della sinistra, e in particolare della sinistra estrema, sono due: loro, i soliti vecchi che da vent’anni promettono e tradiscono la rivoluzione liberale, e noi che con semplicità parliamo il linguaggio della verità, delle riforme e dell’Europa. Starà agli elettori - aggiunge - stabilire chi è più credibile: chi ha fallito per vent’anni o noi". Per il premier, "la Lega si vergogna dell’Italia e invidia la Germania".
"Autocritica: ma scherziamo?". "Vendola ha dichiarato, dopo una serata molto drammatica sull’emergenza Ilva, ’in fondo potremmo anche collaborare con Monti e i suoi purché faccia autocriticà. Ma non scherziamo". Sottolinea il presidente del Consiglio durante il suo intervento. Comunque, nell’incontro di due giorni fa tra Governo, parti sociali e azienda, c’è stato un "passo avanti significativo sulla spinosissima e drammatica questione dell’Ilva".
"Da sinistra tardivo apprezzamento mercato". Da qualche tempo - osserva Monti - vi sono nella sinistra importanti e apprezzabili istinti e impulsi liberalizzatori, di scoperta dei valori di un’economia di mercato e sociale di mercato. Sono relativamente recenti. Dopo avere in una fase più antica negato tutte le singole pietre della costruzione europea, c’è stato un apprezzabile avvicinamento. Ma molti di noi erano in sintonia con la visione culturale dell’economia sociale di mercato europea dagli anni ’70-’80-’90. Dovremmo rinnegare quegli sforzi notevoli? L’Italia ha bisogno di un impulso liberale che noi non vediamo contradditorio con una visione sociale e cattolica, nel laicismo della politica, perché dovremmo dare più valore a certi tardivi e apprezzabili riconoscimenti della necessità di andare in quella direzione e non rivendicare invece la nostra cultura che si è forgiata anche nell’operatività nel governo europeo?".
"Europa, noi sappiamo come fare". "Noi sappiamo meglio di altri come l’Europa funziona e come si possa dall’Italia far cambiare l’Europa se quell’orientamento non ci soddisfa pienamente" ha affermato Monti.
"In primo Cdm riforme istituzionali: ridurre parlamentari". Questi i ddl di riforma Costituzionale che Mario Monti presenterebbe al primo Consiglio dei Ministri se vincesse le elezioni. "Drastica riduzione del numero dei parlamentari, riassetto dello Stato con un’organizzazione meno onerosa e più proficua" E ancora, "correzione della riforma del Titolo V della Costituzione con cui - aggiunge Monti - nel concorso di volontà di sinistra e destra la Costituzione è stata riformata sicuramente a fin di bene e in buona fede, ma con il risultato di paralizzare la capacità dell’Italia di essere competitiva con infrastrutture adeguate, rispettose dell’ambiente e con una politica energetica moderna".
"Astensionismo è regalo ai partiti". "Chi si astiene pensa di fare un dispetto alla vecchia politica, ma in realtà fa un grande favore ai partiti" avverte il Professore. "Vi sono due coalizioni rispetto alle quali riteniamo di essere i migliori, ma ve ne è anche una terza che è quella dei non votanti. Chi non vota pensa di fare un dispetto alla vecchia politica, ma alla fine gli fa un grande regalo. Per questo dirò loro che se non vogliono fare una scelta politica facciano la scelta civica".
"Al Quirinale? Meglio premier per le riforme". "Ho pensato che per l’Italia fosse più interessante provare a promuovere questo sforzo, piuttosto che magari andare a esercitare per sette anni un incarico che è meno rilevante per il cambiamento dell’Italia".
Monti conclude commosso parlando dei nipoti. Alle ultime battute del suo discorso, Mario Monti accusa un attimo di commozione quando parla dei propri nipoti "troppo spesso trascurati in questi 13 mesi di mio impegno civile. Ho trascurato i miei nipoti - ripete il Professore con voce piegata dall’emozione - ma l’ho dovuto fare perché altrimenti avrei fatto un torto a tutti gli altri nipoti d’Italia".
"Non necessaria manovra aggiuntiva". Dopo il discorso, il Professore risponde alle domande in conferenza stampa. "Il fatto che la congiuntura vada meno bene o peggio di quanto previsto, di per sè, non indica la necessità di manovre aggiuntive perché il saldo è previsto in termini congiunturali" afferma Monti. "Noi abbiamo ritenuto di mettere in opera tutte le azioni necessarie per il pareggio di bilancio e riteniamo di essere sulla strada di questo obiettivo".
"Lombardia, con Albertini vittoria Maroni meno probabile". "Credo che la prosecuzione dello sforzo di Albertini renda meno probabile e non più probabile l’affermazione di Maroni in Lombardia".
Riforma mercato lavoro: "Nulla è deciso". Per ora "non c’è nessun orientamento deciso, siamo in un cantiere aperto". Così Monti frena sull’ipotesi di una riforma del mercato del lavoro, spiegando che sul tema stanno riflettendo "diverse persone molto esperte", come Bombassei, Ichino e Cazzola, che hanno "angolature diverse e complementari". Per il momento non c’è "una proposta specifica", ma quello del lavoro "è un tema comunque di grande importanza", fondamentale per il rilancio all’Italia e per dare "maggiore competitività al Paese soprattutto per i giovani".
"Alleanze, mai in governi non riformisti". Mario Monti spiega che la sua forza politica "non parteciperà a governi che non avranno un forte orientamento riformista. Questa sarà la cartina di tornasole". E dunque al momento ha detto di non essere "in grado di pronunciarsi oggi in materia di alleanze".
"Valutare come cambiare Imu". L’ipotesi di ristrutturare l’Imu "è una ipotesi da valutare quantitativamente. L’Imu è stata decisa dal governo Berlusconi e differita al 2014 è una cosa che abbiamo trovato sulla nostra strada". "Non è contraddittorio - ribadisce ancora Monti - che chi ha fatto parte di un governo che ha dovuto essere rigido in materia di tassazione, tra l’altro col consenso dei due componenti della maggioranza, proponga una graduale riduzione delle imposte". Tuttavia, tiene a sottolineare il premier, "sarà necessario vigilare, in questa fase di campagna elettorale, contro promesse facili e appetibili che possono rivelarsi indigeste e che poi un giorno possono richiedere l’intervento di un nuovo governo tecnico".
"Io in politica, ora non temo più nulla". Alla domanda su esista qualcosa, più di altre, da temere in campagna elettorale, Mario Monti spiega: "La mia prima campagna elettorale. E’ tutta un’esperienza nuova per me che mai avrei pensato di fare. Una volta accettato di farla credo che i timori siano ormai alle spalle quindi, più brevemente, la mia risposta è no". Quanto al suo futuro in politica "non ho idea di quale sarà - osserva Monti -, mi era stata conferita dal capo dello Stato la carica, apprezzata, di senatore a vita e intendo onorarla con impegno. Cosa poi si aggiungerà, questo lo deciderà la volontà degli elettori italiani".
"Ue, l’Italia chiede rispetto patto crescita". L’Italia, insieme ad altri Paesi, "chiede la piena applicazione del patto per la crescita deliberato dal Consiglio europeo" ricorda Monti, aggiungendo che entro febbraio si dovrebbe chiudere la "importante discussione sul bilancio settennale" dell’Europa. Ma, sottolinea, molte cose "devono essere fatte a casa nostra".
"’Agenda’ nel simbolo? Italiani non avrebbero capito". "Avrei preferito che si parlasse di agenda Monti (anche nel simbolo, ndr) ma mi è stato fatto presente che nel linguaggio degli italiani l’agenda è dove si segnano i numeri di telefono".
(20 gennaio 2013)

INTERVISTA DI DE BORTOLI A MONTI
La domanda è una sola. Semplice. Perché ha deciso di «salire in politica»? Quali sono le vere ragioni di una scelta che chi scrive, pur conoscendola da molto tempo, mai avrebbe immaginato? Monti fa un grande sospiro. Siamo nel suo ufficio a Palazzo Chigi, in una piovosa mattinata romana. «Credo di aver fatto una cosa giusta, non quella più utile per me». Il racconto del presidente suddivide il suo periodo di governo in due parti. La prima, la più drammatica, con l’incubo quotidiano di restare senza i soldi per pagare gli stipendi pubblici («Quando incontravo Angela Merkel sapeva esattamente quanti titoli di Stato avevamo bisogno di vendere»). Poi i primi risultati, l’emergenza che si allontana. «Allora, pensavo che, dopo aver contribuito a salvare il Paese, restando al di sopra delle parti avrei svolto tranquillamente le mie funzioni di senatore a vita, in attesa che qualcuno, forse, mi chiamasse».

E invece no. «A un certo punto, con l’avvicinarsi delle elezioni, le riforme incontravano ostacoli crescenti, erano sempre più figlie di nessuno. La strana maggioranza cambiava pelle sotto i miei occhi. Il Pdl ritornava ad accarezzare l’ipotesi di un nuovo patto con la Lega, non con il Centro, ed emergeva un fronte populista e antieuropeo; il Pd alleandosi esclusivamente con Sel riscopriva posizioni radicali e massimaliste in un rapporto più stretto con la sola Cgil». E che altro poteva aspettarsi, professore? Che i partiti si suicidassero tutti sull’altare del rigore? «Ho intravisto due rischi. Uno a breve, che il governo cadesse prima che i partiti si accordassero finalmente su una riforma elettorale; uno più a lungo termine, e assai più grave, ovvero che sei mesi dopo le elezioni si dissipassero tutti i sacrifici che gli italiani avevano fatto, con grande senso di responsabilità, per sottrarre il Paese a un sicuro fallimento. Tutto inutile, pensavo. Sarebbero tornati al governo i vecchi partiti, i vecchi apparati di potere, veri responsabili del declino dell’Italia. In quello stesso periodo si erano poi moltiplicati gli incoraggiamenti di molti leader europei e internazionali, da Barack Obama a François Hollande, che però - chiarisco subito - non sono stati determinanti». Nemmeno l’incoraggiamento del Papa? «Non trasciniamo il Santo Padre nelle nostre vicende così terrene...». L’appoggio della Chiesa? «Gli auspici sono stati autorevoli, ma sono anche venuti da espressioni più semplici, parroci per esempio. Il mondo cattolico è articolato e composito. Va ascoltato e rispettato, non strumentalizzato». Il Partito popolare europeo? «Una scelta di campo significativa, soprattutto se si tiene conto che non appartengo a nessun partito, mentre il Pdl di Berlusconi è uno dei partiti più grandi nel Ppe».

Insomma, alla fine il dado è stato tratto. «È cambiata in me la percezione di che cosa sarebbe stato moralmente più giusto. Un amico milanese, che lei conosce bene, direttore, ma di cui non le dirò il nome, mi disse in un lungo colloquio che con il passare del tempo la bilancia delle valutazioni morali, dentro di me, sarebbe cambiata. Avrebbe pesato meno il piatto di ciò che io ritenevo in linea con il mio stile, di persona al di sopra delle parti; sarebbe invece aumentato il peso del senso del dovere, il dovere di fare in modo che i sacrifici che avevo dovuto chiedere agli italiani per salvare il Paese non venissero dissipati e costituissero invece la base di un’Italia più solida, capace di tornare a crescere, dopo tanti anni». La bilancia si è mossa e lei, professore, ha fatto il gran passo. Una scelta immorale, secondo D’Alema. «Ma sarebbe stato immorale se io avessi pensato a me stesso, non trova? Gratificazioni di prestigio non sarebbero mancate. Così, invece, rischio tutto». Il presidente della Repubblica non ha apprezzato. (Lungo silenzio). «Credo di averlo sorpreso, questo sì, ma penso che oggi abbia compreso le ragioni della mia scelta. Veda, il nostro è un rapporto di reciproca e profonda stima, e di grande riconoscenza da parte mia. Ma anche di pudore sui nostri personali sentimenti. Quando cominciai a dirgli che sentivo qualcosa cambiare in me, non mi sconsigliò, mi diede ascolto...».

La linea di confine fra l’immagine del tecnico super partes e del politico necessariamente «in erba», viene tracciata dalla sua conferenza stampa del 23 dicembre, poi dalla cosiddetta Agenda, con la quale nasce un nuovo soggetto politico, Scelta Civica, una lista che si apre alla società civile per farla finita con la vecchia politica, giusto? «Sì, e sa qual è stata l’altra considerazione di fondo che mi ha spinto a salire in politica?». Quale, presidente? «Anche dopo aver celebrato il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, questo Paese continua ad avere bisogno di essere unificato. Oggi, più di qualche decennio fa, sembriamo a volte non un Paese, con un senso del bene comune, ma quasi un insieme di tribù, di corporazioni, di fortini intenti a difendere interessi di parte, di incrostazioni clientelari. La mia iniziativa politica è stata sollecitata dalla società civile. E alla società civile io mi rivolgo, noi ci rivolgiamo. La risposta si sta rivelando straordinaria». E vi siete alleati con Casini e Fini che nella politica tradizionale hanno sguazzato per anni, mah... «Certo, può apparire una contraddizione, ma entrambi hanno avuto il merito di vedere per tempo quali guasti producesse un bipolarismo incompiuto e conflittuale. E nell’ultimo anno sono stati più disponibili del Pdl e del Pd a sostenere anche i provvedimenti sgraditi agli ambiti sociali a loro vicini. Infine, hanno accettato di sottoporre anche le loro liste ai criteri più esigenti da me richiesti. Quanto alla nostra lista per la Camera, Scelta Civica, faccio notare che è la prima volta che viene proposta agli elettori, su base nazionale, una formazione che non include alcun ex parlamentare, ma solo esponenti di valore del volontariato, del mondo dei lavoratori dipendenti, delle professioni, dell’associazionismo, dell’imprenditoria, della scienza, gente capace, persone che hanno scelto di rischiare, con coraggio e avendo fatto rinunce significative. Quanti colloqui, quante telefonate, quanti dubbi, quante crisi di coscienza. Ma quanta gioia, mi ha dato fare questa esperienza di mobilitazione! Li ringrazio tutti perché dimostrano una cosa importante, vitale». Quale? «Un’altra delle ragioni della scelta che anch’io ho fatto. Un tempo potevamo dire: io aiuto il mio Paese facendo bene e con onestà il mio mestiere, la mia parte. Oggi non basta più. Se non ci impegniamo direttamente, se non sacrifichiamo qualcosa di personale, questo Paese non avrà futuro e su di noi cadrà una colpa grave. Una colpa che non avrà prescrizione».

Presidente, Berlusconi dice che nessuno, dopo Mussolini, ha avuto tanti poteri come lei. «È evidente l’improponibilità storica del paragone. Ogni provvedimento proposto dal mio governo si avviava verso le Camere in perfetta solitudine. Zero deputati, zero senatori (o uno, il sottoscritto). Il mio governo partiva sempre da zero, doveva convincere volta per volta una maggioranza chiamata a decidere spesso qualcosa di contrario alla natura dei partiti che la componevano, ma necessario per salvare l’Italia». E dunque, ha ragione il Cavaliere a invocare riforme straordinarie che attribuiscano all’esecutivo maggiori prerogative? «La nostra è una repubblica parlamentare. Si può snellire la funzionalità del Parlamento, ma è soprattutto la composizione politica del Parlamento che va cambiata, con le elezioni, se vogliamo che vi siedano persone con la cultura del cambiamento e non della conservazione, delle riforme e non delle clientele». Ma non le conveniva, sul piano più squisitamente politico, accettare l’offerta di essere lei il federatore dei moderati, sotto l’egida del Partito popolare europeo? «Io apprezzai molto quell’offerta di Berlusconi. Ma gli dissi subito che, se mai, all’Italia sarebbe occorso un federatore dei riformisti, finora domiciliati in tre poli diversi e perciò incapaci di dare un maggiore impulso alle riforme di cui il Paese, i giovani hanno bisogno. È quello che ora mi propongo di fare». Le sollecitazioni e le offerte di attuali parlamentari sono state numerose? «Sì, sia dal Pdl che dal Pd, molti deputati, senatori e parlamentari europei sono venuti a dirmi: vorrei stare con lei, sono pronto. In alcuni casi non è stato possibile trovare una piena convergenza, in molti altri sì».

La Banca d’Italia, nel suo bollettino, afferma - e certo questo può essere letto anche come una critica autorevole e circostanziata al governo dei tecnici - che gli effetti dell’austerity sul prodotto interno lordo, previsto in calo dell’1 per cento anche quest’anno, sono maggiori del previsto. Il rigore non è una dieta. Per molte imprese, specie quelle piccole, e per tante famiglie, assomiglia a un drammatico digiuno. «Noi stiamo vedendo, al contrario, qualche risultato positivo grazie al sacrificio degli italiani: sui tassi d’interesse, sulle esportazioni, sull’andamento dei titoli pubblici. E dobbiamo sempre chiederci che cosa sarebbe accaduto se quelle decisioni non fossero state prese e se ci fossimo trovati nei panni dei greci. La Banca d’Italia non credo sostenga che bisognasse fare meno risanamento. Ma più riforme strutturali. Ha ragione. È anche per questo che oggi a Bergamo dirò che non possiamo rimettere l’Italia nelle mani degli incapaci, che l’hanno portata al novembre 2011. La vecchia politica non deve tornare. Il governo tecnico non sarebbe stato chiamato se la gestione della cosa pubblica fosse stata nelle mani di politici capaci e credibili». Lei è ormai un ex tecnico, presidente, non lo dimentichi. «D’accordo. Oggi gli italiani hanno di fronte una straordinaria opportunità con una proposta politica seria e del tutto nuova». A voler essere precisi le novità sono diverse, compreso il Movimento 5 Stelle. L’ha mai conosciuto Grillo? «No, ma non avrei difficoltà ad incontrarlo. La sua discesa nei consensi credo abbia a che vedere con la nostra iniziativa. Scelta Civica pesca molto, e bene, fra gli indecisi o fra coloro che pensavano, sbagliando, di astenersi. Noi e Grillo siamo due espressioni differenti dell’insofferenza popolare. Iconografia della rabbia la sua, gestuale, vivace ma temo inconcludente. Seria, composta, con tante persone capaci, e ormai con esperienze di governo, in Italia e in Europa, la nostra».

A Bergamo verrà scritta, o meglio aggiornata, anche l’Agenda Monti. Il professore è riservato su questo punto. Ma il piatto forte sarà costituito da una nuova, e dalle indiscrezioni dirompente, proposta sul mercato del lavoro. L’idea di trasformare, all’insegna della flexicurity , ovvero flessibilità più sicurezza, all’inizio in forma sperimentale, i contratti precari in contratti a tempo indeterminato per i quali l’articolo 18, quello famoso sui licenziamenti, verrebbe sospeso almeno nei primi due o tre anni. Una riforma che prevederebbe anche il reddito minimo di cittadinanza. E una sicura collisione con il Pd e con la Cgil. Anche, chiedo al presidente una sconfessione della legge Fornero, o no? «Da lei, direttore, sto apprendendo molte cose. Varie persone stanno lavorando ad affinare l’Agenda. Per ora non c’è, su questa materia specifica, nessun orientamento deciso».
La nuova Agenda conterrà anche alcune proposte in tema di giustizia e una posizione più ferma sulla lotta alla corruzione, segno che la legge approvata si è rivelata del tutto insufficiente. «Una constatazione corretta». E la già annunciata riformulazione dell’Imu con beneficio dei piccoli proprietari.
Sul finire di questa lunga conversazione, chiedo al presidente del Consiglio e al leader di Scelta Civica se su liberalizzazioni, privatizzazioni e terapie antidebito non fosse, anche lì, il caso di fare di più. E la risposta è positiva. «Qualche timidezza da parte nostra, è probabile; e qualche ostacolo imprevisto in quel Parlamento che a dispetto dei voti di fiducia, si è rivelato piuttosto refrattario alle vere riforme». E se non sia il caso di parlare di più alla gente comune, alle famiglie, alle piccole imprese che non tirano la fine del mese e che esprimono una più che giustificata insofferenza. «Un governo che avesse di fronte a sé cinque anni e non l’ultimo anno di una legislatura; un governo che nascesse in una situazione finanziaria tranquilla e non nell’allarme rosso, potrebbe e dovrebbe permettersi una ben maggiore attenzione al sociale. Nel novembre 2011 era diverso. Bisognava mettere gli italiani di fronte a verità colpevolmente negate fino al giorno prima. I finti buoni li avrebbero portati al fondo del precipizio, dal quale ci siamo fortunatamente allontanati. Oggi possiamo guardare alla crescita con maggiore ottimismo ed è possibile parlare, senza alcuna incoerenza, di una graduale riduzione delle tasse. Con senso di responsabilità. Senza esagerare in promesse che non si possono mantenere».
Ferruccio de Bortoli

BERSANI E LE PRIMARIE (Corriere.it)
Usa l’ironia Pierluigi Bersani per replicare a Mario Monti, che nella sua intervista al Corrieredella Sera spiega che «non possiamo rimettere l’Italia nelle mani degli incapaci», parla di«programma ambizioso». Prima di sferrare una stilettata: «Il Presidente del Consiglio tende un po’ a guardare le cose dall’alto: a me piace guardare di più all’altezza degli occhi della gente comune». Il segretario del Pd parla da Bettola, il suo paese natale nel Piacentino: «Monti - aggiunge Bersani - non è il solo che ha deciso di impegnarsi per senso di responsabilità, in un momento così chi decide di farlo non lo fa per sport».
IL COMIZIO - Nel giorno in cui l’agenda Monti viene presentata a Bergamo, il candidato del centrosinistra parla dalla piazza del suo paesino, dove è stata organizzata una manifestazione pubblica: «Io sono abbastanza stanco di una campagna elettorale dove tutti i giorni si misura il mezzo metro tra me, Monti e Berlusconi», spiega Bersani, per il quale esiste una profonda differenza tra i tre leader: «Io sono l’unico che non ha messo il nome sul simbolo e avrei potuto mettercelo perché sono stato scelto con le primarie dove hanno votato oltre 3 milioni di persone. Mentre, qualche altro, al se sarnì par lu», che in dialetto piacentino vuol dire «si è scelto da solo».
Redazione Online

VENDOLA
E’ l’apertura tanto attesa per il futuro patto di centro-sinistra. «Se Monti fa autocritica e corregge alcune delle sue controriforme è un fatto positivo. Con Monti si può costruire un compromesso importante, ma su quello che sarà il carattere della prossima legislatura, il carattere costituente». Lo ha detto Nichi Vendola, leader di Sel su Sky Tg24 . Che però poi precisa «In caso di vittoria del centro sinistra potrei fare il battitore libero», ha detto il leader di Sel a "Il sorpasso" su Sky Tg24, «non escludo di chiudere anzitempo l’esperienza alla Regione Puglia».

MARONI - Per Roberto Maroni si tratta di una svolta. «Vendola piega la testa all’inciucio con Monti. Grande ammucchiata, no grazie. Motivo in più per vincere in Lombardia» scrive su Twitter il segretario della Lega, Roberto Maroni.

DI PIETRO - Più duro il leader di Italia dei Valori Antonio Di Pietro che sul suo blog scrive: «Caro Nichi, hai svenduto i nostri principi per allearti con i veterodemocristiani e per proseguire e supportare le politiche inique di un governo che, fino ad oggi, ha fatto pagare la crisi ai lavoratori, agli onesti cittadini, ai pensionati e ai giovani. Insomma, sei pronto a fare un compromesso con chi ha salvaguardato gli evasori, le lobby finanziarie e le banche».

BERSANI - Se Vendola apre a Monti, il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani corregge il tiro sul premier: «Monti non mi ha deluso è solo che non me lo aspettavo. Ha cambiato un po’ idea su varie cose che prima erano impossibili e oggi sono possibili». Bersani poi continua la sua opera di persuasione nei confronti di «Rivoluzione Civile» di Ingroia: «Ad Ingroia dico: attenzione il Pd e i progressisti sono l’alternativa al centrodestra. Non abbiamo da prendere lezioni da nessuno su legalità e trasparenza la battaglia funziona così, vince chi arriva prima». In precedenza il segretario del Pd aveva replicato al leader di «Rivoluzione civile»: «Non c’e’ mai stata nessuna ipotesi di patto di desistenza, c’e’ una distanza netta, noi siamo riformisti. Un gesto consapevole per la situazione in Lombardia sarebbe stato apprezzato da me, ma non c’e’ bisogno di patti, e’ questione di prendersi la propria responsabilità e io avrei apprezzato».
«I voti sono tutti utili, ma ci sono voti utili per una testimonianza, per segnalare una protesta o un’adesione, poi ci sono i voti utili per battere la destra e per vincere» aveva detto in precedenza il segretario del Pd nel corso di un incontro con Ambrosoli e i candidati lombardi.

GRILLO
Beppe Grillo porta a Bari e Brindisi il suo «tsunami tour». Il leader di M5S ha proposto di eliminare i sindacati «perché sono una struttura vecchia come i partiti». «Voglio uno Stato con le palle — ha gridato — perché le aziende devono essere di chi lavora». Qualsiasi governo «durerà sette-otto mesi se non ci siamo noi. Se non andiamo noi al governo c’è il rischio che ci vadano gli estremisti di destra o di sinistra».

Lo tsunami invade Bari e Brindisi

La Folla a piazza Sant’Oronzo (Lecce)La Folla a piazza Sant’Oronzo (Lecce)
L’ATTACCO - «Questo signore - ha detto Grillo riferendosi al presidente del Consiglio, Mario Monti - è padre Merryl dell’Esorcista, è "rigor mortis", si è sfiduciato e però è entrato in guerra contro il Mali. Siamo un disinfettante naturale. Se noi entriamo con qualunque percentuale, apriremo il Parlamento come una scatoletta, o ci seguono o scompaiono». In tremila hanno assistito al comizio del comico: «Non vogliamo sostituirci al 20% della politica - ha aggiunto - devono andare a casa. Loro ci vogliono tenere fuori perché hanno paura».
L’URLO DA LECCE - Grillo è anche a Lecce dove ha attaccato il «potere»: «La professione dei politici è quella di andare in televisione, nei salotti coi giornalisti che sono il linoleum della politica. Il nostro programma parte da una cosa essenziale: a casa tutti». Infine, il passaggio su Berlusconi: «Quello che vedete in televisione non è un personaggio reale, è un ologramma, uno che nessuno può votare, è finto come il Mastro Lindo della pubblicità».

STORACE-PANNELLA
L’intesa tra i Radicali e la Destra di Francesco Storace alla regione Lazio è saltata. Lo ha reso noto lo stesso Marco Pannella in un intervento a Radio Radicale. Pannella ha collegato il mancato accordo ad un disguido di natura tecnica: la Destra di Storace, «non è riuscita a portarci il loro simbolo» in tempo per raccogliere le firme per la tornata del 24-25 febbraio, ha spiegato.
IL RITARDO - Per Pannella il simbolo di Storace doveva essere presentato sabato entro le ore 16.45, perché era la condizione posta dagli stessi Radicali. «Storace si è scusato perchè non è riuscito ad attuare, non so perchè, quanto necessario al compiersi dell’accordo - ha detto Pannella -. Lui è stato sempre corretto. Ci ha anche proposto di mettere uno dei due consiglieri radicali uscenti in lista, ma entrambi hanno detto di no». Riguardo al dissenso manifestato nei giorni scorsi da Emma Bonino e da buona parte della base, il segretario dei Radicali commenta: « Il dissenso della Bonino va rispettato come il consenso di Marco Pannella. A me incuriosisce che faccia più notizia l’ipotesi che ci si possa tecnicamente alleare noi, piuttosto che il rifiuto del Pd ad imparentarsi con i Radicali».
«NON NE HO AVUTO IL TEMPO» - Partecipando a In Onda su La7 è arrivata la risposta di Storace: «Siccome mi sono dovuto dedicare in queste ore alla liste nazionali del mio partito, ho tardato a compilare il simbolo della coalizione che mi porta alla candidatura alla presidenza della Regione Lazio. Me ne scuso (con Pannella), ma non ho avuto tempo. Oggi il problema che lui ha è che deve raccogliere firme in calce a un simbolo con la mia candidatura e questo può creare delle difficoltà». L’intesa è sfumata del tutto? Non per Storace: «Continuo a dire a Pannella che vorrei che quest’alleanza tecnica ci possa essere: poi se lui ha difficoltà con le firme per la candidatura da Presidente possiamo aiutarlo anche lì».

BERLUSCONI (CORRIERE.IT)
Silvio Berlusconi vuole eliminare dalle liste del Pdl i cosiddetti impresentabili. Ma una decisione definitiva non è ancora stata presa. Intervistato da Maria Latella su Sky Tg24 il leader del Pdl ha spiegato che come fatto da Dell’Utri e da Scajola che hanno detto che non si candideranno «Abbiamo chiesto anche a Cosentino di fare questo atto di generosità anche se nel fare queste richieste ci sentiamo male. Probabilmente non si ricandideranno anche Papa e Milanese, deciderà comunque il nostro comitato dei giuristi». Poi il leader del Pdl accusa «Il circuito mediatico-giudiziario che influenza l’opinione pubblica portando a non candidare alcune persone rispettabili». Da segnalare tuttavia che da parte di Alfonso Papa uno dei deputati citati da Berlusconi arriva dopo poco una smentita: «Non intendo ritirare la mia candidatura».
CANDIDATO PREMIER - Berlusconi poi apre alla possibilità di collaborare con il centrosinistra sulle riforme istituzionali, «Se andranno nella direzione da noi auspicata. Cosa fare è molto chiaro: si tratta di dire se c’è la volontà di farlo».
Quanto al candidato premier del centrodestra Berlusconi ha spiegato che «Sarà Angelino Alfano, che sarà anche il mio successore alla guida del Pdl».
«Da Monti una mascalzonata, ci ha portati sul baratro»[an error occurred while processing this directive]
MONTI - Poi da Berlusconi arriva l’ennesimo attacco a Monti: «Monti afferma cose disdicevoli e lontane dalla realtà. Non vero che Italia era sull’orlo del baratro». E rispondendo all’affermazione di Monti relativa al fatto che non si può far governare gli incapaci, Berlusconi replicava: «Evidentemente si riferiva ai ministri del suo governo».
CONTRATTO - Successivamente il leader del Pdl annunciava l’ennesimo contratto con gli italiani: «Ci sarà un nuovo contratto con gli italiani, è ancora in itinere. Ci saranno tante novità, tra cui la modifica dell’architettura istituzionale. Se non riusciremo a farlo perchè gli italiani non avranno saputo votare resteremo indietro rispetto agli altri Paesi».
MEDIASET - E alla Latella che gli faceva notare la coincidenza tra la sua ridiscesa in campo e i guadagni in borsa di Mediaset rispondeva: «Mediaset guadagna perchè nella percezione degli investitori ha un grande futuro».

DELL’UTRI
«Finché sono vivo, continuerò a candidarmi» aveva detto qualche giorno fa in una intervista al Corriere. Ora però Marcello Dell’Utri ci ripensa. Complice la linea dura sulle candidatura voluta nel partito da Silvio Berlusconi, dopo la promessa di «liste pulite» fatta da Angelino Alfano. Il senatore siciliano non si candiderà alle prossime politiche, dunque. «È una scelta mia che però mi è stata chiesta dal Cavaliere», ci tiene a precisare al telefono con SkyTg24. Spiega di rinunciare «per il bene del partito» Marcello Dell’Utri e chiarisce: «La decisione è di Berlusconi in persona perché ha fatto fare dei focus dove si chiedeva alla gente cosa pensava se il partito avesse candidato persone con il carattere di impresentabilità e i focus hanno fatto trasparire che sarebbe stato meglio non avere nomi chiacchierati, allora lui che crede molto nei sondaggi ha pensato bene di fare così». «Berlusconi - aggiunge Dell’Utri- mi ha chiesto ed io gli ho detto: guarda mi sembra una grande ingiustizia ma, se può essere utile al partito e se in caso di sconfitta nessuno mi dirà che se abbiamo perso è colpa mia, facciamolo».
«COSENTINO NON RINUNCI» - L’ex premier dal canto suo parla di «atto di generosità» da parte di Dell’Utri e definisce l’amico «una persona straordinaria e di grande cultura», un «cattolico, con una famiglia bellissima». «Berlusconi - racconta il senatore pidiellino - mi ha chiamato l’altro ieri, chiedendogli di rinunciare alla mia candidatura in Parlamento». Il Pdl non ha ancora sciolto il nodo degli «impresentabili». Ma a sentire Berlusconi, oltre a dell’Utri, anche Scajola resterà fuori dalla liste.Stessa sorte potrebbe alla fine toccare a Papa e Milanese, mentre resta aperta, anzi «sub judice», la posizione di Nicola Cosentino. A proposito del quale Dell’Utri è chiaro: «Non è giusto che rinunci alla candidatura, perché contro di lui ci sono accuse inesistenti».
SANTO DOMINGO - Il futuro di Marcello Dell’Utri è in Italia. E a chiarirlo è il diretto interessato, smentendo le voci di un possibile buen retiro a Santo Domingo. «Resto qui - dice -, a Santo Domingo, dove ho la casa, ci andrò in vacanza se ci potrò andare».
C. Arg.

CORRIERE.IT MELE MARCE IN GENERALE
La questione etica per quanto riguarda la composizione delle liste elettorali sta creando problemi a non pochi partiti.
SCAJOLA - «Per la dignità mia e della mia famiglia non sopporto più esami da parte di alcuno sulla mia moralità. Per queste ragioni ritiro la mia candidatura. I miei valori, la mia storia e il mio stile di vita parlano per me. Con buona pace di qualunque arbitro. Per quel che concerne le mie "vicende giudiziarie", tocca ricordare, nero su bianco, che Claudio Scajola ha inanellato solo archiviazioni, proscioglimenti e tanti mal di pancia». È quanto dichiara in una nota, Claudio Scajola che avrebbe dovuto essere candidato per il Pdl.
PDL - Il nodo da sciogliere nel Pdl continua ad essere quello delle deroghe e dei cosiddetti «impresentabili». Nodi su cui si da giorni si registrano pesanti divergenze tra Denis Verdini e Angelino Alfano. Ragionamenti però a cui non rimane indifferente nemmeno Silvio Berlusconi. L’ex capo del governo continua a ripetere ai suoi fedelissimi di essere un garantista per cui contrario ad escludere dalle liste big del Pdl che non sono stati condannati in via definitiva. A mettere però in allarme l’ex premier sarebbe una parte dei suoi consiglieri pronta ad invitarlo ad una «seria riflessione» prima di dare il via libera ufficiale alle liste: devi considerare - è una delle tesi sottoposte all’ex capo del governo - che gli avversari farebbero la guerra sul tema delle liste pulite. Parole che avrebbero fatto scattare un campanello dall’allarme soprattutto in chiave sondaggi ed il rischio che Berlusconi vuole evitare è che candidature cosiddette scomode possa fermare la risalita dei consensi pidiellini. Lo schema al momento prevede la presenza nelle liste di Nicola Cosentino e pare anche di Marcello Dell’Utri. Più in bilico Marco Milanese, Amedeo Labocetta, Alfonso Papa e Mario Landolfi.
SGARBI - Lascia il Pdl anche Vittorio Sgarbi che si candida con la lista «Prima il nord» al Senato in Veneto, Lombardia e Piemonte e alle Regionali di Lombardia. Lo rende noto lo stesso critico. «Il Pdl ha preso in giro tutto e tutti riproponendo il nuovo solo a chiacchiere. Questo nuovo non c’è - afferma Sgarbi - ha in progetto di ricandidare tutti, traditori compresi. Chi ha mal governato Paese e partito non può essere riproposto. Andremo da soli con la nostra lista "Prima il Nord" contro tutti, convinti che saremo premiati dalla voglia di cambiamento».
PD - In casa Pd la commissione presieduta da Luigi Berlinguer ha gia provveduto a far piazza pulita dei candidati più «scomodi» con l’esclusione di Crisafulli, Papania e Caputo. Tanto che il segretario Pier Luigi Bersani ha potuto dire che sulle liste bisogna «dare l’esempio a prescindere dal tornaconto elettorale per ridare credibilità alla politica».
Redazione Online

I GIOVANI NON VOTANO
MILANO - Delusi, disillusi, arrabbiati. È il ritratto dei giovani italiani tra i diciotto e i trentaquattro anni. Ventenni e trentenni rapiti dal vento dell’antipolitica e frastornati dagli scandali che hanno colpito i partiti, ragazzi che vivono con disincanto il presente e guardano con incertezza al futuro. Secondo un sondaggio condotto da Mtv Italia (che ha lanciato la campagna «Io voto» per sensibilizzare i giovani verso la politica), solo il 45% degli intervistati si ritiene realmente felice e il 70% si dice fiero di vivere in Italia (una delle percentuali più basse a livello mondiale, la media internazionale è dell’82%, ndr ).
Il loro rapporto con la politica è emblematico: il 74% la associa alla corruzione, il 67% a una sensazione di disgusto, mentre al 57% degli intervistati provoca rabbia. Nonostante le elezioni siano alle porte poco più di 6 su dieci (62%) si dichiarano certi di andare a votare e quasi tre su quattro (73%) vedono nell’astensionismo «un modo per protestare, per esprimere dissenso rispetto all’attuale sistema politico».
Numeri che fanno riflettere, specie se accostati all’idea che i ventenni/trentenni hanno della nostra attuale classe politica: per il 76% è «incompetente», per il 67% «raccomandata» e per il 60% «anacronistica e incapace di rinnovarsi». Mondi che sembrano opposti. Siamo lontani dalla visione in cui «tutto è politica» di Thomas Mann, quasi agli antipodi. Uno su due (51%) si informa di politica ma la ritiene una componente non prioritaria della propria vita (e il dato è ancora più alto tra i ventenni), il 23% non si interessa o tende ad evitare temi politici. Solo il 2% è coinvolto attivamente. Tuttavia c’è qualche spiraglio di ottimismo. Il 49% dei giovani crede che un interessamento «inteso come informazione e consapevolezza oltre che come supporto diretto a un partito» sia fondamentale.
E anche a livello di orizzonti, i giovani hanno delle certezze. Il loro leader politico ideale lo hanno in mente: onesto (81%), chiaro, trasparente (66%), credibile (65%). Sull’agenda politica da lanciare hanno le idee chiare. Dopo tutte le polemiche di questi anni su bamboccioni e giovani schizzinosi al primo posto, tra le priorità, svetta la lotta alla disoccupazione giovanile (con il 28%). Subito a ruota i ventenni/trentenni vorrebbero risolvere i problemi legati alla crisi economica (26%) e alla pressione fiscale (13%). Lavoro, economia, anzitutto. Cambia invece il modo di manifestare il dissenso: ora il mondo dei giovani si divide. Il 46% ritiene che la protesta nelle strade sia «un valido mezzo», ma ora spunta anche un 45% che «pensa alla protesta sul web e sui social media». D’altronde in un altro sondaggio sugli under 30 promosso dall’Istituto Toniolo e dalla Fondazione Cariplo e diffuso a dicembre, solo l’8,5% dà un voto almeno sufficiente ai partiti.
La disaffezione è in realtà una costante: nulla di diverso con il passato. Negli ultimi quattro anni è cambiato poco, nonostante l’ulteriore deterioramento dell’immagine del mondo politico. Sempre per un’indagine sui giovani condotta da Mtv, nel 2009 il 92% degli intervistati dichiarava di non fidarsi dei politici. L’unica a salvarsi nel 2009 era l’Unione europea, che godeva della fiducia del 52% dei ragazzi. All’epoca i potenziali astenuti toccavano cifre record: il 90% aveva affermato che avrebbe evitato le urne in caso di elezioni. Oggi, alla vigilia delle Politiche, il partito del non-voto è ancora una solida realtà, ma è in netto calo. Anche se restano la rabbia e la delusione.
Emanuele Buzzi

EPURAZIONE NEL PD (dal Corriere di stamattina)
ENNA — È come se fosse crollata un’ala della torre pisana, lassù, al Castello lombardo di Enna. Come accadde davvero il primo aprile dell’anno scorso. Ma stavolta a traballare è il pilastro del Pd siciliano, il barone rosso, Mirello Crisafulli, possente e potente senatore, escluso con Nino Papania, altro senatore trapanese, come «impresentabile». Un bollo considerato da entrambi «ingiusto e infamante», impresso dalla Commissione nazionale di garanzia del Pd, presieduto da Luigi Berlinguer, che spacca e dilania un partito claudicante, appena tonificato dalla vittoria alle Regionali con Rosario Crocetta governatore, ma adesso roso da una lacerante guerra interna.
Perché ad Agrigento esulta il ribelle Peppe Arnone, da un anno in giro invocando le «epurazioni» con i suoi posterbus fin sotto casa di Bersani a Bettola, in provincia di Piacenza. Come forse gode a Palermo il senatore Giuseppe Lumia, certo d’essere il capofila dei giusti contro gli eretici, da dieci anni in antitesi a Crisafulli, adesso leader e gran regista del «Megafono», il partitino o, meglio, la corrente interna al Pd ispirata a Crocetta.
Ma tanti sembrano condividere le repliche di Crisafulli e Papania che parlano di «gogna mediatica» respingendo le accuse su abusi d’ufficio e frequentazioni sospette. Senza condividere la rassicurazione dello stesso Bersani: «Sia chiaro che restiamo garantisti. Ma cerchiamo di dare l’esempio, a prescindere dal tornaconto elettorale».
No, sbaglia proprio tutto il segretario nazionale per un fedelissimo di Crisafulli come Cataldo Salerno, il presidente dell’università di Enna, la Kore, che ha deciso di lasciare il Pd. «Indignato», tuona. Ed è musica per Crisafulli che ieri sera placava i suoi in assemblea: «Ragazzi, al primo comizio invitiamo Bersani. Noi lavoreremo come se fossi io il candidato». Ovazione. Poi, insaccato nel cappotto che avvolge la sua mole, fasciacollo, cappello a larghe falde, il toscano come un braciere a difesa dal gelo di Enna, Crisafulli celia: «Giacobinismo allo stato puro. Sarà dura tenere la passione di sempre. E dire che ero certo di trovare pure il sostegno di Gianni Puglisi...».
Già, il rettore della Kore è lui, doppio rettore dello Iulm di Milano, «sempre più sorpreso e distaccato dall’agone politico», stando a Crisafulli. Forse Puglisi non si sarebbe mai impegnato. Ma sulle personalità che s’allontanano e s’avvicinano si gioca la partita siciliana di un Pd che adesso potrebbe risultare indebolito, rischiando nella risicata partita per la vittoria in Senato.
S’intuisce il disagio di vecchi leader come Vito Lo Monaco, il presidente del Centro La Torre infastidito dalle epurazioni e, contemporaneamente, «dagli errori che hanno spinto proprio il figlio di La Torre a candidarsi nel movimento di Antonio Ingroia». È lo stesso disappunto di Nino Mannino, epico capopopolo e segretario del Pd di Palermo proprio ai tempi di La Torre, dubbioso sulle esclusioni: «Se qualcuno non andava bene bisognava dirlo prima delle primarie...». La stessa perplessità del segretario regionale del Pd, Giuseppe Lupo, che ha salvato dalla «gogna» il suo predecessore Francantonio Genovese e Angelo Capodicasa. Ancor più duro il presidente del gruppo parlamentare all’Assemblea, Baldo Gucciardi: «Grave errore queste epurazioni...». Anche se non manca il fiducioso messaggino che il neo candidato Piero Grasso, l’ex procuratore nazionale antimafia, ha imparato a twittare: «Forse perderemo voti di un certo tipo... Ma quanto ne guadagneremo».
Felice Cavallaro

CRISAFULLI (WIKIPEDIA)
Vladimiro Crisafulli detto Mirello (Enna, 28 dicembre 1950) è un politico italiano. Esponente del Partito Comunista Italiano prima, del PDS, dei Democratici di Sinistra e del Partito Democratico dopo.
Indice

Già consigliere della Provincia di Enna per il PCI dal 1985, è stato eletto deputato all’Assemblea Regionale Siciliana per il PDS nelle legislature XI (1991-1996), XII (1996-2001) e per i DS nella XIII (2001-2006), in quest’ultima vicepresidente dell’Assemblea. È stato Assessore Regionale alla Presidenza nella I e nella II Giunta Capodicasa (1998-2000). Ha un forte radicamento in provincia di Enna, tanto da aver dichiarato in passato di essere sicuro di vincere le elezioni ad Enna con qualsiasi sistema elettorale, persino con il sorteggio[1].
Alle elezioni politiche del 2006 è stato eletto deputato alla Camera nella XXV circoscrizione (Sicilia Orientale) nelle liste dell’Ulivo.
Alle elezioni politiche del 2008 è stato eletto al Senato della Repubblica nella lista del Partito Democratico nella Circoscrizione Sicilia. L’11 aprile 2010, con il 61,9% dei voti, vince le primarie del Partito Democratico per la carica di sindaco di Enna[2], ritirando però la candidatura il 17 aprile successivo[3][4].
In vista delle elezioni politiche del 2013 si presenta alle parlamentarie del suo partito ottendo più di 6.000 preferenze e il posto numero 6 tra i rappresentanti democratici al Senato in Sicilia, tuttavia la sua candidatura viene annullata dal comitato dei garanti del PD il 18 gennaio al fine di "tutelare l’immagine e l’onorabilità" del movimento, come ha dichiarato il presidente della suddetta istituzione Luigi Berlinguer[5].
Procedimenti giudiziari
Crisafulli nel 2002 fu messo sotto inchiesta in seguito ad un filmato che lo ritraeva in un hotel di Pergusa durante il congresso provinciale della CGIL scuola, in compagnia dell’avvocato Raffaele Bevilacqua, già consigliere provinciale nello stesso periodo di Crisafulli[6], indagato per mafia e successivamente condannato come boss mafioso di Enna[1][7] e «si fa baciare sulle guance [...] e con lui discute a lungo di appalti, assunzioni, raccomandazioni e favori vari»[8].
La Magistratura accertò che in quel momento nessuno fosse consapevole del ruolo di cui sarà accusato anni dopo l’avv. Bevilacqua, uomo “con cui tutti parlano” per questioni politiche, e che nessuna richiesta di Bevilacqua fu accolta da Crisafulli; perciò il procedimento a carico del politico ennese venne archiviato[6][9].
Nel settembre 2010 è rinviato a giudizio per concorso in abuso d’ufficio assieme a due dipendenti della Provincia di Enna. Crisafulli è accusato di aver ottenuto la pavimentazione di una strada comunale che porta alla sua villa a spese della Provincia di Enna[10].

PAPANIA (wikipedia)
Antonino Papania (Alcamo, 16 agosto 1959) è un politico italiano del Partito Democratico e senatore della Repubblica Italiana.
La sua militanza politica affonda le radici nel 1984, quando insieme ai rappresentanti di diverse Associazioni e presenze cattoliche e laiche impegnate nel sociale, fonda il movimento "Presenza Sociale" del quale diventa Coordinatore. Antonino Papania è stato deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana (ARS) per due legislature, la XII e la XIII, durante le quali ha ricoperto rilevanti incarichi istituzionali.
Entrambe le volte è stato eletto nel collegio di Trapani. La prima, nel Partito Popolare Italiano, con voti 6.498 di preferenza su 19.289 di lista (33,69%); la seconda, ne La Margherita, con voti 8.130 di preferenza su 19.529 di lista (41,63%). Nella dodicesima legislatura dell’ARS, tra i più rilevanti: dal 21 novembre 1998 al 10 novembre 1999, Assessore Regionale Lavoro, Previdenza Sociale, Formazione Professionale ed Emigrazione nella I e II Giunta Capodicasa di centrosinistra (1998-2000).
Nella tredicesima legislatura dell’ARS, tra i più importanti: Vice Presidente della II Commissione legislativa permanente Bilancio e programmazione dal 17 aprile 2002, Componente della II Commissione legislativa permanente Bilancio e programmazione dal 07 agosto 2001, Componente della Commissione Antimafia dal 28 dicembre 2001. È stato componente della Commissione CEE e del CNEL, il Consiglio Nazionale per l’Economia ed il Lavoro. Estensore e primo firmatario di vari disegni di legge, interrogazioni parlamentari, interpellanze Parlamentari, mozioni di indirizzo, ordini del giorno.
Il 24 gennaio 2002 ha patteggiato davanti al gip di Palermo una pena di 2 mesi e 20 giorni di reclusione (poi tramutata in multa[1]) per abuso d’ufficio, quando ricopriva l’incarico di assessore al lavoro presso la Regione Siciliana. [2] È eletto per la prima volta al Senato nel maggio 2005. Nella XIV Legislatura è eletto membro della 4ª Commissione permanente (Difesa) del Senato.
Viene rieletto, al Senato della Repubblica, nelle liste della Margherita, circoscrizione Sicilia, il 9 aprile 2006. Nella XV legislatura, è eletto Vicepresidente della 8ª Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni) e componente del Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa. Viene riconfermato al Senato della Repubblica, anche nell’attuale legislatura, la XVI, nelle liste del Partito Democratico, sempre nella Circoscrizione Sicilia, il 13 aprile 2008. Durante questa legislatura è eletto Vicepresidente della 8ª Commissione permanente (Lavori pubblici, comunicazioni).
È membro della Direzione Nazionale del Partito Democratico. Di recente ha dato alle stampe, per i tipi della casa editrice L’Espresso di Roma, una raccolta di poesie giovanili, con la prefazione del prof. Roberto Lagalla, Rettore dell’Università degli Studi di Palermo. Il 3 novembre 2009, il suo factotum Filippo di Maria è stato arrestato in seguito all’operazione Dioscuri che ha messo in ginocchio il clan di Alcamo dei Melodia.
Alcune intercettazioni della Direzione distrettuale antimafia di Palermo l’hanno sorpreso mentre faceva campagna elettorale per il senatore del PD e procurava a un suo collaboratore (l’assessore comunale di Alcamo Giuseppe Scibilia) elenchi di nomi da inserire come votanti alle primarie in cui il Pd sceglieva nel 2005 il candidato alla presidenza della Regione. [3] In merito a tali fatti, Papania in un comunicato[4] ha affermato che da nessuna delle conversazioni intercettate emerge che uomini politici o loro diretti collaboratori avessero consapevolezza del ruolo rivestito da Di Maria dando inoltre mandato ai propri legali di querelare Marco Travaglio autore di un articolo su "Il Fatto".
In vista delle elezioni politiche del 2013 si presenta alle parlamentarie del suo partito ottendo più di 7.000 preferenze e il posto numero 2 tra i rappresentanti democratici al Senato in Sicilia, tuttavia la sua candidatura viene annullata dal comitato dei garanti del PD il 18 gennaio al fine di "tutelare l’immagine e l’onorabilità" del movimento, come ha dichiarato il presidente della suddetta istituzione Luigi Berlinguer[5].

CASO CAPUTO
NAPOLI - «Ora vediamo che possiamo fare con gli avvocati... Sono senza parole». Nicola Caputo consigliere regionale candidato nel collegio Campania 2 per il Pd è ufficialmente fuori dalla lista per decisione della commissione di garanzia. Con lui sono depennate le candidature dei siciliani Mirello Crisafulli e Antonio Papania. Mentre hanno rinunciato Bruna Brembilla e Antonio Luongo. La singolarità del caso Caputo è che il Pd ha deciso di considerare «decaduta la deroga concessa dal Comitato elettorale nazionale». Ed è proprio il consigliere il primo a chiedersi: «Cosa vuol dire? Prima me la danno (perché da consigliere non avrebbe potuto candidarsi alle parlamentarie e quindi al Parlamento, ndr). Poi gli porto i voti, 6.000, il primo nella provincia di Caserta e poi non sono più buono?».

È nervoso, arrabbiato. Tutto sommato fino all’ultimo non si aspettava una decisione del genere. Anche se ieri alle 18.30 ha postato su Facebook una frase inequivocabile: «Mi dispiace. Siamo in un partito difficile… Ora con serenità decideremo cosa fare. Grazie a tutti, un abbraccio forte». A dimostrazione che la voce girava vorticosamente. Pagina poi inondata di commenti a suo favore e contro il Partito democratico. Caputo martedì era stato ascoltato dai pm che l’hanno indagato per truffa e peculato nell’ambito di un’inchiesta sulle spese del consiglio regionale. L’accusa di peculato era caduta. Certo della sua innocenza s’era recato a Roma, era stato ascoltato in commissione di garanzia. E ora? «Che faccio? Voglio vedere se il mio segretario, Enzo Amendola, mi dice in faccia che sono fuori e poi faccio le mie valutazioni». Ma è chiaro che il rapporto tra il Pd e Caputo non sarà più lo stesso. «Sto pagando una lavata di faccia del Pd, avendo avuto un semplice avviso di garanzia — si sfoga —. Non vorrei che ci sia una guerra all’interno del partito e ci sono andato di mezzo anche io». Insomma resta o non resta nel Pd? «Non lo so, è ovvio che sto pensando: che ci faccio ancora in questo partito?». Insomma che pensi all’addio, a caldo dopo aver saputo di essere stato messo fuori dalla liste, è più che comprensibile.

Ma Caputo ce l’ha molto con il segretario regionale, Enzo Amendola, candidato tra l’altro nel suo stesso collegio, ma al secondo posto. Sarebbe Amendola, in soldoni, il responsabile del caos liste in Campania. Il segretario da Roma si dice «amareggiato personalmente per l’esclusione di Caputo». E aggiunge che «i criteri della commissione e le sue scelte non devono essere prese come una condanna. È un questione solo di opportunità». Il capogruppo regionale Umberto Del Basso de Caro, anche lui in lista è telegrafico: «Mi dispiace, non condivido ma mi adeguo. Non condivido perché il nostro codice etico prevede regole di incandidabilità precise e nel caso di Nicola non c’erano gli estremi per depennarlo». Ma alla fine, dopo tutte le polemiche sugli impresentabili del centrodestra, era ovvio che il Pd corresse ai ripari. Quanto alla lista di Campania 2, una volta depennato Caputo, i candidati scorreranno tutti verso l’alto. Non si può cambiare, infatti, più nulla. Le liste sono già state approvate dalla direzione.
Simona Brandolini (Corriere del Mezzogiorno, 18/1)