Andrea Malguti, La Stampa 20/1/2013, 20 gennaio 2013
MISTER 20MILA PREFERENZE
Ora, se si vuole capire come ha fatto la Prima Repubblica a infilarsi nella pancia della presunta Seconda, bisogna venire qui, a Messina, magari di sabato. E ci si deve fermare in via Primo Settembre, sede del Pd e soprattutto dell’avvocato-imprenditore-ex sindacoonorevole-figlio-e-nipote-d’arte (zio otto volte ministro, papà plurisenatore, entrambi devoti allo scudocrociato) Francantonio Genovese: mister ventimila preferenze. L’italiano più votato alle primarie, con il doppio dei consensi di Fassina e il quadruplo della Pollastrini. Dilettanti confronto a lui. «Franzantonio» (come lo hanno ribattezzato per le quote nella Franza, società che gestisce il traghettamento sullo Stretto) è una Madonna Pellegrina calva. Amata, riverita, ascoltata. Nel corridoio che porta al suo ufficio (divani di pelle rossi, vetrata che guarda il mare) è come stare alla mutua. «È il mio turno, vero?». «No, si sieda e pazienti». Quanti sono? Duecento?
Lui - voce cantilenante e oleosa, studiata per smorzare i toni - accusato di avere gestito in modo ambiguo il business della formazione professionale, riceve dalle otto alle venti. Senza pausa pranzo. Ascolta, annuisce, simpatizza. Sempre. Nella sua carriera molta attenzione agli amici e un solo inciampo giudiziario. Un presunto favore a un’azienda internettiana legata al Comune. Ombre pericolose, visti i tempi. Ma se la ghigliottina bersaniana è caduta sulle teste dei senatori Crisafulli e Papania, la sua è rimasta sul collo. Chi lo dice che la Dc è morta?
Onorevole Genovese ha avuto paura?
«E di che cosa, scusi?» Di essere espulso dalle liste del Pd. Mica bello.
«Non bello ma neanche vero. L’ipotesi non c’è mai stata. Berlinguer stesso ha definito la mia questione una bagatella».
Un’indagine per abuso d’ufficio è una bagatella?
«È quello che hanno contestato a me e ad altri 28 amministratori. Finirà con una archiviazione. Penso».
Lei dentro, Crisafulli e Papania fuori.
«Non conosco i loro casi, ma sono perplesso. La commissione regionale li aveva valutati, e ammessi, con gli stessi criteri di quella nazionale. Il ragionamento andava fatto prima».
Così li hanno umiliati?
«Così hanno messo in discussione i quadri dirigenti siciliani»
No alle liste pulite?
«Sì alle liste pulite».
Dopo i 19.590 voti alle primarie lei ha detto: sono imbarazzato.
«Il personalismo non va bene. Ma qui il Pd è sempre andato bene. Merito della squadra. Non mio. E Bersani a ha preso il 75%».
Merito della squadra anche le undicimila preferenze di Maria Tindaro Gullo che non ha mai fatto politica?
«Lei no. Ma la sua famiglia sì. Perché il consenso dà fastidio?».
Insospettisce. A proposito di famiglia, la sua come va?
«Lastoriadellaformazioneprofessionale?»
Quella.
«Mai controllata la formazione professionale. Solo stereotipi».
Balle?
«Non ho più famigliari che gestiscono il settore. D’altronde c’era solo una cognata da dieci anni in un piccolo ente».
Scusi ma sua moglie?
«Noooo. È una vergogna. Era socia di un gruppo che non ha mai ricevuto un finanziamento pubblico. O uno parte con le querele o non se ne esce più. È che io non sono il tipo».
In verità risultano una moglie, tre cognate e due nipoti.
«Una pazzia».
In Parlamento che ruolo immagina per sé?
«Ho a cuore gli interessi di questa terra».
Il ponte sullo Stretto?
«Contrario».
Già, «Franzantonio». Domanda stupida.
«No, mica per quello che crede lei. Conosco a fondo il problema, l’ho studiato. È una infrastruttura superflua. Finito?».
Finito.
«Vuole un dolce siciliano?».
Grazie, fuggo.
«Prenda la pignolata, almeno. È favolosa».