Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 16/01/2013, 16 gennaio 2013
I GIOIELLI LUDICI DI PAOLO GABRIELLI
Quarant’anni, romano, una laurea in filosofia a La Sapienza e un dottorato di ricerca a Vienna, studi su Wittgenstein e Benjamin, Paolo Gabrielli «ha sempre saputo che nella vita avrebbe continuato a sognare giocattoli, senza avere il benché minimo interesse per il gioco e i giocatori». Questo scrive di se stesso Gabrielli nel catalogo che accompagna la mostra «Gabriels», che si conclude oggi presso il museo Pietro Canonica a Villa Borghese. La rassegna presenta per la prima volta tutta la produzione di Gabrielli, inclusi i gioielli. Ideata dallo studioso di avanguardie storiche Pietro Carpi, mette a confronto le opere del filosofo trasformatosi in artista neo-pop con alcune sculture di Canonica, come «Ninfa moderna» e «La raffica». Gabrielli reinterpreta queste sculture con sottile ironia, sulla scia dello stereotipo della forma infantile enfatizzata, che alcuni studiosi fanno risalire alle illustrazioni liberty dei libri per bambini e che ha ispirato le principali correnti neo-pop, dal superflat giapponese di Murakami e Nara al pop-surrealism americano. Realizzate in bronzo lucidato a specchio, dove sono incastonati occhi di vetro dipinto, le sculture di Gabrielli sono di dimensioni ridotte e spesso si possono scomporre in oltre cento pezzi a incastro. O trasformare in complessi meccanismi che suonano grazie a un carillon interno. Sorprendono per l’abilità tecnica e per il risvolto ludico. Si consiglia di osservarle portandosi dietro il catalogo della mostra. Da pagina 91 a pagina 155, Gabrielli vi presenta le sue «postille conclusive non scientifiche alle opere». In pratica, dei raccontini surreali creati su misura per ogni scultura, che si leggono con lo stesso divertimento che si ricava dalla visione dei lavori. Così l’artista racconta la sua «Bambola abissale per sirene: Questo oggetto fu trovato nell’estate del 1876 all’interno dello stomaco della Nerina, una balena di proprietà della famiglia dell’autore. Le ipotesi circa la sua natura si riducono ovviamente a due: A) bambola abissale per sirene; B) apparecchio nuziale per popoli abissali?.». In «Pulcinsirena» spiega che, partendo dalle antiche rappresentazioni della sirena-arpia, ha voluto raffigurare un cucciolo di sirena «come un pulcinone, come embrione sirenico di tipo ornitologico». E, in «Stella Stellina», annota: «Da anni, ogni volta che vedo cadere una stella cadente, esprimo il desiderio che ritorni al suo posto. Non è mai successo».
Lauretta Colonnelli