Cristiano Gatti, il Giornale 17/1/2013, 17 gennaio 2013
PAPÀ MI DICE UN «NO»? E IO SCAPPO DA CASA LA FUGA TORNA DI MODA
Fuggono, anche se grazie a Dio rimbalzano velocemente indietro. Ma la tentazione di sbattere la porta e di lasciarsi alle spalle il mondo infame che non li capisce, non li aiuta, non li merita, è sempre più forte. Nel 2011 solo un adolescente su dieci ha provato ad andarsene di casa, nel 2012 tre su dieci. Se la pulsione primordiale che ha smosso e scosso tutte le generazioni subisce un’impennata tanto brusca in un solo anno, qualcosa evidentemente sta succedendo.
Come spiegare il fenomeno? Stando a quanto raccontano loro, i fuggiaschi, il problema sta tutto dentro casa, nelle persone di noi padri e noi madri. Dal nuovo studio Eurispes sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza: il 26,7 per cento scappa perché non riesce ad andare d’accordo con i genitori, il 9,1 perché sente che gli stessi limitano troppo la libertà, il 4,5 perché comunque si considera incompreso. Per fortuna solo uno su dieci resta nella latitanza per più di una settimana: nella stragrande maggioranza dei casi, qualche ora (47,3) o al massimo una giornata (16,9).
L’allarme comunque resta: fuggire di casa è un nuovo sport nazionale, tra i teen-ager, poco importa quanto duri e come finisca. È un’altra spia che si accende su quella vecchia macchina, usurata dai chilometri e dai maltrattamenti, in molti casi avviata allo sfasciacarrozze, che ci ostiniamo a chiamare famiglia.
Certo i ragazzi hanno sempre frequentato questa fantasia, qualche volta cullandola come puro sogno, altre volte sbandierandola come feroce minaccia, ma in genere riponendola nel fodero a rabbia sbollita. Adesso invece se ne vanno sempre più spesso. Uno su tre se ne va davvero. Se una volta si poteva genericamente spiegare la fuga di casa come fuga dall’autorità, da questo padre e da questa madre rigidi e bacchettoni che sembravano usciti direttamente dalle tenebre del medio evo, ovviamente adesso non si può dire lo stesso. Tutto possiamo sostenere in questa stagione, non che i ragazzi siano soffocati dentro casa da una feroce dittatura. Come modello sociale del terzo millennio, dentro casa i ragazzi trovano un clima smodatamente comprensivo, smaccatamente permissivo, blandamente educativo. Il regno del sì, il deserto del no. Quando non si precipita direttamente nel golpe, con il totale ribaltamento dei ruoli, i ragazzi al governo e i genitori chiusi nell’angolo dell’opposizione. Oltre ancora, l’anarchia.
Chi ci dice allora che la spiegazione di questi numeri, di questa generazione in fuga, non stia proprio nella logica e nei meccanismi della nuova famiglia, di questa famiglia evoluta e rivisitata, manipolata e rivoltata, luogo in cui l’autorità è vacante e il no è soppresso. Forse è una pura questione di allenamento: se i nostri ragazzi non sono allenati al no, alla lunga non sono in grado fisicamente e moralmente di sopportarne il peso. Quando casualmente, per rabbia o per distrazione, il padre e la madre si ricordano che il no è previsto dal protocollo e che si può persino pronunciare ad alta voce, il giovane destinatario barcolla e scantona, finendo subito per rifiutare l’ostacolo e darsi a comoda fuga.
È una teoria. Ce ne sono altre. Ma è un fatto che gli adolescenti, già irrequieti per legge ancestrale, risultino oggigiorno sempre meno malleabili, sempre meno tolleranti, sempre meno disposti a parlarne. Non sono più abituati alle estenuanti trattative con la controparte, ai lunghi discorsi del dopocena, ai pugni sul tavolo. Prendono e se ne vanno.
Il timore, purtroppo, è che davanti a queste nuove statistiche la situazione possa solo peggiorare. Già sembra di vederla, la virile reazione dei genitori: da oggi vietatissimo contraddire la creatura, hai letto sul giornale, se li contraddici questi scappano subito di casa.