Gianfrancesco Turano, l’Espresso 18/1/2013, 18 gennaio 2013
Sarà il nuovo Colosseo [Colloquio Con Luca Parnasi – Lo stadio della Roma entrerà in funzione nel 2016
Sarà il nuovo Colosseo [Colloquio Con Luca Parnasi – Lo stadio della Roma entrerà in funzione nel 2016. E diventerà un simbolo mondiale. Come l’antica arena. Parola di costruttore]– Romanista per caso, Luca Parnasi. L’imprenditore che costruirà lo stadio della Roma all’americana abitava vicino a Roberto Pruzzo, "o Rei" di Crocefieschi, bomber dello scudetto del 1983 di casa al quartiere Fleming. Altra influenza nell’età evolutiva è quella del "nonno adottivo" Teseo, mitico fin dal nome, pescatore di Fiumicino e trasmettitore del contagio giallorosso. Da bambino era Parnasi junior, oggi 35 anni, a trascinare allo stadio il padre Sandro, palazzinaro indifferente al pallone. «I miei zii sono tutti laziali», confessa sapendo che sulle radio calciopatiche della capitale si finisce in croce per molto meno. La fine del 2012 è stata eccezionale per Luca Parnasi. Negli ultimi giorni di dicembre ha venduto il grattacielo dell’Eur che sarà la nuova sede della Provincia di Roma. L’incasso è di 263 milioni di euro alla faccia delle polemiche scatenate dai giornali di Francesco Gaetano Caltagirone. Una somma che è ossigeno puro per le casse di Parsitalia, la holding dei Parnasi, e per i suoi principali creditori Bnl e Unicredit, azionista di minoranza della Roma. Dopo l’accordo con la giunta guidata da Nicola Zingaretti, il 30 dicembre Parnasi è partito per gli Stati Uniti a firmare il memorandum of understanding per il nuovo stadio con James Pallotta e gli altri soci dell’As Roma. Uno stadio che abbinerà tifo bollente e bambini in gita al Disney Village nei giorni senza partita. Ed è lo stadio il tema principale della sua intervista in esclusiva con "l’Espresso". Luca Parnasi, qual è il ruolo di Parsitalia nella costruzione dell’impianto di Tor di Valle? «Saremo i project manager e consiglieremo la Roma nell’affidamento della costruzione a varie imprese, le migliori». Visti i disastri degli stadi di Italia ’90 viene da chiedere se saranno imprese italiane. «Sì. Le capacità ci sono. La chiave sarà il progetto dell’architetto americano Dan Meis, anche se è presto per parlarne. Allo stato non si sa neanche se sarà in cemento armato o una struttura metallica. L’impiantistica, l’illuminazione saranno fondamentali. Ma fondamentale è anche la nostra area, che ha battuto la concorrenza di altre 80 proposte. Tor di Valle, l’ex ippodromo, è già di fatto uno stadio, è sulla ferrovia Roma-Lido, è vicina all’aeroporto di Fiumicino e all’Eur, uno dei quartieri più riconoscibili di Roma. C’è anche il Tevere. Non dico che si arriverà allo stadio in barca, ma potrebbe essere un’idea. Di certo, gli americani vogliono fare dello stadio un nuovo Colosseo, un simbolo a livello mondiale». I tempi? La progettazione è partita con l’inizio dell’anno. Calcoliamo sei mesi. Poi c’è l’accordo di programma da fissare attraverso la conferenza dei servizi con il Comune, la Regione, la sovrintendenza, il ministero dei Beni culturali. Calcoliamo un anno. L’ideale sarebbe aprire il cantiere nell’estate del 2014 e i lavori li stimo in due anni. Pallotta vuole il nuovo impianto nel 2016. Forse arriveremo al 2017. Nessuno vuole un progetto forzato. Nessuno, soprattutto, vuole una speculazione immobiliare. Qui non si deve valorizzare un immobile ma valorizzare l’asset As Roma». Quanto costerà e chi lo pagherà? «Le stime, al momento, variano molto, da 200 a 300 milioni di euro per 55-60 mila posti a sedere. Credo che la spesa finale sarà in un punto medio». Circa il doppio dello Juventus stadium, quindi. « Sulla base delle nuove esperienze internazionali, la progettazione degli stadi collega il maggior investimento con il miglior ricavo». Detto in parole povere, chi più spende meno spende? «Esatto. Presumo che la Roma non aspiri ad un impianto in economia perché il concetto è una struttura che funzioni sempre e che abbia gli spazi per accogliere le attività di entertainment concordate con i grandi sponsor del progetto». Saranno i grandi sponsor o le banche a mettere i soldi? Possiamo definirlo un project financing? « Non conosco le scelte dei soci americani della Roma ma p otrebbe essere un project financing. L’impianto genererà gli introiti sufficienti a pagare l’investimento. Gli sponsor saranno della partita ma credo ci sarà un pool di finanziatori guidato dalle banche». Che impatto ci sarà sull’area di Tor di Valle? Che cosa potrebbe ritardare l’esecuzione dei lavori? «Studieremo le migliori condizioni per non pesare sui residenti della zona. Ma, archeologia a parte, non dovrebbero esserci imprevisti importanti. Naturalmente bisognerà trovare un accordo per rafforzare i collegamenti garantiti oggi dalla ferrovia regionale. Poi rivedremo l’assetto del depuratore Roma Sud in sinergia con l’Acea». Augurandovi che non la prenda Caltagirone. La battaglia mediatica sul palazzo venduto alla Provincia è stata dura. «Ma no. Con Caltagirone abbiamo ottimi rapporti. Lo stimo moltissimo, mio padre lo conosce da una vita, è il numero uno degli imprenditori romani. Non ho mai creduto che ci fossero motivi di opposizione tra imprenditori dietro gli articoli del "Messaggero". Voglio ribadire che la Provincia di Roma avrà un grande beneficio economico dall’operazione come è capitato nel 2007 quando il ministero della Salute ha accentrato tutti i suoi uffici all’Eur-Castellaccio». Il quadro normativo e politico a Roma, nel Lazio e in Italia è in via di rinnovamento. Quello che resta di legislatura in legislatura è il disegno di legge sugli stadi, mai approvato. Che cosa cambierà per il vostro progetto con le elezioni locali e nazionali? «Si ripartirà da zero nei rapporti politici ma l’unica bandiera che ci sarà sullo stadio è quella giallorossa. Rispetto alla legge sugli stadi, per noi cambia zero. Ripeto che agli americani non interessa costruire case grazie ai permessi di una nuova legge ma soltanto aumentare il valore patrimoniale del club». Ma il calcio non le sembra in recessione? «La Juventus non ha ancora trovato uno sponsor che compri i naming rights (diritti di denominazione di un immobile, ndr.) del suo nuovo impianto come hanno fatto a Monaco o a Londra. Per la Juve, che ha un impianto di concetto diverso da quello indicato dai soci della Roma, non so dire. Forse aspettano il momento più opportuno. Ma credo che il calcio in Europa crescerà e che sarà così anche in Italia, come continua ad accadere sui nuovi mercati di Asia e Usa». Eppure non è stato un bel periodo per il football nazionale, tra scommesse clandestine, squalifiche, penalizzazioni e arresti. La Lega calcio non riesce ad eleggere un presidente e Giancarlo Abete, non proprio il nuovo che avanza, è stato appena confermato alla guida della Federcalcio. Le pare che il calcio, come sport e come affare economico, sia gestito bene? «Penso di sì. La reazione alle scommesse clandestine è stata giusta, con condanne pesanti. Il calcio italiano non è gestito male, ma il gioco è una malattia e lo Stato ci incassa miliardi ogni anno». Teme che i problemi di ordine pubblico possano incidere sulla progettazione? «No. Sono convinto che a Roma daremo lezione di civiltà». Non ha l’impressione che i soci statunitensi siano stati accolti con scetticismo dalla città? «La città è giustamente scettica di fronte agli annunci sulla carta, ma quando ci sarà il progetto con le carte a corredo, l’emozione aumenterà. Per me costruire lo stadio della Roma è un sogno da imprenditore. Da tifoso sogno che Francesco Totti batta il record di gol di Silvio Piola nella nuova arena». A proposito di tifo, come la prende se la Lazio quest’anno vince lo scudetto? «Tanto di cappello a Claudio Lotito e alla sua gestione oculata del club». Sì, ma come la prende? «Mi devono dare i sali».