Tommaso Cerno e Susanna Turco, l’Espresso 18/1/2013, 18 gennaio 2013
CON CHE FACCIA
Prima di tutti c’è lui. Anzi Lui: quello che fissa come parametro per candidarsi un massimo di tre legislature e 65 anni di età, poi ri-ri-riscende in campo a 76 anni suonati, con i soliti processi e slogan. Silvio Berlusconi apre la classifica "Con che faccia?" de "l’Espresso", prontuario per capire cosa si nasconda nelle liste (che si chiuderanno ufficialmente lunedì 21 gennaio), dietro alle promesse di ricambio, trasparenza e legalità. Dal Pdl al Pd, da Monti a Ingroia, passando per Lega e Udc. Figli, cugini, parenti. Segretarie, portaborse e faccendieri. Deputati immortali, senza che nessuno ne abbia mai sentito parlare. Super-big giurassici, che non mollano la poltrona. Finti nuovi, fra vip e transfughi. E ancora i "resistenti", colpiti da scandali, ma che al momento decisivo la scampano sempre. E tornano a Montecitorio, protetti da immunità e mega-stipendi. Eccoli gli impresentabili simbolo della Casta che si rinnova solo a parole. Da vip del Transatlantico come Bossi e Fini, fino ai peones piazzati da questo o quel capobastone locale.
NUMERO UNO
Berlusconi Silvio (Pdl) Indagato, processato, condannato, va per la sesta legislatura e ha pure superato i limiti di età da lui stesso posti per entrare nelle liste del Pdl. Starebbe bene in qualsiasi categoria: per il suo passato di chansonnier e piazzista è persino nano e ballerina. Ma non ne ha bisogno. Eterno lo è già, comunque. Per lui, Unto del Signore, vale divinamente ogni predicato: non può aver limiti, non può aver simili. Fa categoria a parte. Fa Berlusconi.
E NON SE NE VANNO
Calderoli Roberto (Lega) Le scope di Maroni sembravano spazzare via anche lui. Ma l’ex big del Cerchio magico di Bossi s’è invece salvato. Non più dentista, ma ancora incisivo. E dire che, solo poche settimane fa, alla domanda: «Calderoli candidato?», rispondeva: «Pensiamo a combattere la crisi». Certo, la sua.
Formigoni Roberto (Pdl) Il "Celeste" si riveste d’azzurro. E torna in campo con Berlusconi dopo gli scandali che l’hanno costretto a lasciare il Pirellone. Dalle vacanze con il faccendiere Daccò, ai fondi Maugeri, ai 15 indagati fra giunta e consiglio. Ma, da buon ciellino, punta all’immortalità. Almeno politica.
Polverini Renata (Pdl) Rischiava di essere una sopravvalutata - tra comparsate tv e strizzatine d’occhio alla sinistra - si è rivelata una sottovalutata: dopo tutto quel che è successo nei suoi anni da governatrice, dalla campagna elettorale senza Pdl al Laziogate passando per la sanità, un’altra sarebbe finita in cantina. E invece.
Scajola Claudio (Pdl) Ora dirà che è candidato a sua insaputa.
Verdini Denis (Pdl) Il potente coordinatore del Pdl, travolto da scandali e inchieste, come quelle sulla cricca degli appalti con la coppia Balducci- Anemone, non solo avrà la poltrona a Montecitorio, ma è l’uomo chiave che sta decidendo le liste del Cavaliere. Alla faccia del ricambio, gli spicciafaccende sopravvivono sempre.
PER L’ETERNITÀ
Binetti Paola (Udc) Nel 2006 fu Ruini a metterla in braccio a Rutelli. Stavolta con Casini ha parlato direttamente padre Georg, il segretario del Papa. Numeraria dell’Opus dei, estetica demodé e carisma luciferino, sui temi etici sta sempre dove si supponga che stia: sul niet. Suscitatrice di avversioni viscerali, la politica è il suo cilicio.
Buttiglione Rocco (Udc) Il suo appeal da filosofo è piuttosto sfocato, ma Casini si è battuto come un leone per salvarlo dalla scure di Monti. Antica democristianeria, o la consapevolezza che un altro così colto l’Udc non lo troverebbe più?
Lotito Claudio (Pdl) Il presidente della Lazio e della Salernitana, che era stato in corsa come sfidante di Zingaretti alla Regione Lazio, opta per le politiche. Al Senato, però, per non "sbattere" contro una parente acquisita piuttosto scomoda: l’ex ministra Mara Carfagna, fra le predilette del Cav.
Mastella Clemente (Udeur) Sembrava essersi rifugiato a Strasburgo. Zitto, lontano dai riflettori. E invece il re di Ceppaloni punta al Parlamento. Troppi salti della quaglia per chiedere ospitalità al Cavaliere, ha rispolverato il buon vecchio simbolo dell’Udeur. Quello, per capirci, che tenne in piedi - ma poi fece cadere - il governo Prodi.
Sgarbi Vittorio (Intesa Popolare) Arte e urli, tv e polemiche, salotti e politica. Onnivoro più che poliedrico, sottosegretario e soprintendente, adesso da alleato del Cav. anima "Intesa popolare" con lo specchiato Gianpiero Catone. La prima volta in Parlamento fu nel 1992, col Pli, ma è stato capace anche di fondare un "Partito della Bellezza" con Carlo Ripa di Meana.
INVISIBILI
Camber Giulio (Pdl) È la vera eminenza grigia del Pdl di Trieste. In Parlamento dal 1987, è sempre stato defilato. Niente cellulare, una passione per le stanze in penombra e i tendaggi rossi. Ha una casa sul Golfo triestino, ma ha fatto crescere le piante per non vedere il mare: «Io amo la montagna», ripete.
Colucci Francesco (Pdl) Per capirsi sulla sua longevità politica: negli anni Ottanta era il capocorrente di Mario Chiesa, prima che questi passasse con Craxi. In Parlamento da 34 anni, da venti come Questore della Camera ha in mano i bilanci di Montecitorio. Il suo segreto? L’arte della navigazione invisibile, in omaggio alla quale – pizzicato da La7 – è arrivato a negare pirandellianamente la propria identità: «No, non sono Colucci, me lo saluti».
Zeller Karl (Svp) . È invariabilmente alla Camera dal 1994, ma ci si scorda di lui pure nelle classifiche di longevità. Numero di interviste pubblicate sui quotidiani (almeno in lingua italiana) negli ultimi quindici anni: una. Alla "Padania".
IN FAMIGLIA
Anzaldi Michele (Pd) . Portavoce di Francesco Rutelli, anche a Margherita scomparsa. Così come il suo amico Luigi Lusi restò tesoriere a partito defunto.
Bernabò Bocca (Pdl) Il genero di Cesare Geronzi, patron di Federalberghi, è il prescelto della casata per Montecitorio.
Cera Napoleone (Udc) Figlio del deputato uscente Angelo, foggiano.
Cirinnà Monica (Pd) È la moglie animalista di Esterino Montino, il capogruppo Pd in Regione Lazio ridotto a correre come sindaco a Fiumicino dopo il Lazio-gate.
Delfino Giuseppe (Udc) È il figlio di Teresio (già sottosegretario con D’Alema e con Berlusconi, sette legislature), ma anche marito della portavoce centrista Roberta De Marchi.
De Mita Giuseppe (Udc) Vicepresidente della Giunta campana, nipote di Ciriaco, il Kennedy di Nusco.
Frati Luigi (Pdl) Dopo avere piazzato qua e là, con grande "Sapienza", tutta la famiglia, il rettore romano si apre il varco in politica. I famigli lo seguiranno?
Genovese Francantonio (Pd) L’ex sindaco di Messina, nipote dell’ex ministro Dc Nino Gullotti, è "mister 20 mila preferenze". Il segreto? Gestisce i servizi di formazione professionale, carrozzone che costa 500 milioni l’anno alla Sicilia.
Giuliani Fabrizia (Pd). Moglie dell’ex consigliere regionale del Lazio Claudio Mancini, dalemiano.
Martino Piero (Pd) Portavoce di Franceschini. Per lui è la seconda legislatura: nella prima è stato un non pervenuto.
Matarrese Salvatore (Monti) Torna l’immortale dinastia: vescovi, sindaci, presidenti di calcio, di nuovo onorevoli.
Monaci Alfredo (Monti) Ex consigliere di Mps (rottamato da Profumo), frondista anti Pd nonché fratello di Alberto, presidente del consiglio regionale della Toscana.
Noè Silvia (Udc) Moglie di Federico Casini, cognata di Pier Ferdinando, che la stima oltre ogni dire.
Occhipinti Emanuele (Pdl) L’ex fidazatino (anche se lui smentisce) di Francesca Pascale, attuale compagna di Silvio Berlusconi, vola a Montecitorio.
Pedoto Luciana (Pd) Storica segretaria di Fioroni, al secondo giro in Parlamento.
Sammarco Gianfranco detto Gianni (Pdl) È il cognato di Cesare Previti.
Tidei Marietta (Pd) Figlia dell’uscente Pietro, sindaco di Civitavecchia, votatissima alle primarie (a Civitavecchia, ovviamente).
Trematerra Michele (Udc) Assessore in Campania, figlio dell’eurodeputato Gino.
Vattani Mario (La Destra) Detto "Katanga", figlio dell’ex direttore generale della Farnesina Umberto, è stato console a Osaka, richiamato in patria per le performance musicali a raduni neofascisti.
Zinzi Gianpiero (Udc) Segretario dei giovani centristi e figlio del plurieletto Domenico, presidente della provincia di Caserta.
TUTTO FA SPETTACOLO
De Giorgi Alessio (Lista Monti) L’imprenditore gay, patron di Torre del Lago fra licenze contestate, foto improbabili, siti porno gestiti dalla società di cui è comproprietario mette in grande imbarazzo il pudico Mario Monti, sostenuto dal Ppe e dal Vaticano.
Di Centa Manuela (Pdl) La campionessa di sci, oro olimpico nel fondo, stavolta ha vinto nello slalom fra i posti in lista.
Mineo Corradino (Pd) Pare che il direttore di Rai News da tempo fosse stanco del tran tran di redazione. Così ha deciso di far fruttare le sue potenti amicizie a sinistra. Anche in Aula citerà Marx?
Minetti Annalisa (Lista Monti) Da Sanremo alle Paralimpiadi ha vinto talmente tanto nella vita che Monti non ha resistito a inserirla nel suo medagliere. Rischiando l’effetto album delle figurine.
Ruotolo Sandro (Riv. civile - Ingroia) Pensionato d’oro e campioncino dell’anti-berlusconismo della squadra di Michele Santoro, finisce dritto in lista con Ingroia. Talmente ovvio: ma non c’era già?
Samorì Gianpiero (Mir). Alla radio ha detto che oggi avere un jet privato non costa nulla. Figuriamoci un posto alla Camera.
Vezzali Valentina (Lista Monti) Giocando sul gergo della scherma, aveva detto che dal Cavaliere si sarebbe fatta "toccare". E lui promise: «La chiamerò». Poi se n’è scordato e l’affondo è riuscito al Professore. Ma c’è da scommettere che quella frase la perseguiterà.
INDAGATI E CONDANNATI
Caiazzo Michele (Pd) Quando era vicesindaco di Pomigliano nel 1993, il Comune fu sciolto per Camorra. Nel 2004, quando invece era sindaco, partì una nuova richiesta di scioglimento.
Cesaro Luigi (Pdl) Presidente della Provincia di Napoli, compagno di merende di Cosentino (vedi sotto). Indagato dalla Dda, accusato da diversi pentiti di rapporti con i Casalesi, entra in lista grazie a una deroga firmata da Angelino Alfano.
Cosentino Nicola (Pdl) Lui si affida al Signore: «Mi metto nelle sue mani. Candidare me è un bene». Soprattutto per evitare la galera. Imputato per concorso esterno in associazione camorristica, un anno fa è stato salvato dall’arresto grazie al voto dei colleghi onorevoli.
Crisafulli Vladimiro (Pd) La strada che porta alla sua villa di Enna, pagata con i soldi della Provincia, è lastricata di polemiche. Eppure il partito lo difende e fa quadrato, parlando di campagna di fango. Addirittura Massimo D’Alema ci mette la faccia: «È bravo». Non tutte le indagini vengono per nuocere.
Dell’Utri Marcello (Pdl) Non è solo condannato, non è solo plurindagato, non è solo sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa. È anzitutto – da Mangano alla trattativa Stato-mafia – la precisa incarnazione del lato oscuro di Berlusconi. Un lato così oscuro che la propria ombra non teme. Nessun pudore nel rivelare che «della politica non mi frega niente»; nessun timore nel dare ad Alfano prima del «poveretto» poi del «senza palle»; anzi, piuttosto il gusto del paradosso, nell’unirsi al coro del «servono regole e liste davvero pulite». Tanto, la faccenda non lo riguarda.
Milanese Marco (Pdl) Scampato all’arresto grazie al voto segreto della Camera, l’ex braccio dentro di Giulio Tremonti, cui forniva casa in affitto in nero, era diventato il vero ministro ombra del governo Berlusconi. E infatti è stato travolto dallo scandalo, meno del suo ex capo.
Moggi Luciano (Riformisti italiani) Visti i problemi di Silvio con i giudici, serviva qualcuno abile a trattare con gli arbitri. E così s’è scelto l’ex direttore generale della Juventus, simbolo di Calciopoli, che dopo la condanna in primo grado a 5 anni e 4 mesi e la squalifica dalla Figc, aveva molto tempo libero.
Alfonso Papa (Pdl) Di lui in Parlamento ci si ricorda solo quel giorno. Quando la Camera votò sì al suo arresto. Fra inchieste, Rolex a poco prezzo, regali imbarazzanti. È forse così che s’è conquistato un posticino nel cuore del Cavaliere.
Antonio D’Alì (Pdl) A lungo in ballo nel limbo dei "derogati" di Berlusconi, viene dalla dinastia D’Alì di Trapani. Suo nonno fu senatore del Regno. Lui, tra i fondatori di Forza Italia, è imputato per concorso esterno in associazione mafiosa. Per i pentiti è vicino a imprenditori legati al super boss Matteo Messina Denaro.
FINTI NUOVI E RICICLATI
Bocchino Italo (Fli) Era il braccio destro del berlusconiano La Russa in An. Ora è il braccio destro dell’anti-berlusconiano Fini in Fli. E così l’uomo che vorrebbe essere il Cav correrà contro il Cav
Del Basso De Caro Umberto (Pd) Fu eletto nel ’92 con Bettino Craxi. Ritorna dopo vent’anni. È il nuovo.
Della Frera Guido (Lista Monti) Ciellino della prima ora, amico di Formigoni, ex assessore ora imprenditore. Nel 2005 ha diretto la campagna elettorale del Celeste.
Favia Giovanni (Riv. civile - Ingroia) Era l’enfant prodige di Beppe Grillo. Ma non ha fatto in tempo a entrare in politica che ha già cambiato casacca. E così, cacciato dal guru dei 5 Stelle per essere andato in tv (per giunta a spese della Regione Emilia Romagna), è il protagonista della campagna elettorale dei grillini. Non come candidato, bensì come "traditore".
Ferrazzi Luca (Lega Nord) Ex aennino, poi pidiellino e, infine, passato armi e bagagli con Futuro e libertà di Fini. Ora, Ferrazzi è diventato maroniano e del tricolore ha tenuto solo il verde.
Gava Fabio (Lista Monti) Origini liberali, scajoliano fino a un anno fa, è stato abilissimo nell’uscire al momento giusto dal Pdl e piazzarsi, lesto lesto, nei pressi della montezemoliana Italia Futura. Risultato: un bel terzo posto in Veneto, per il Senato. Uno dei pochissimi pidiellini cui il salto in braccio a Monti è riuscito.
Gigli Gianluigi (Lista Monti) È il medico anti-Eluana, che accusò Beppino Englaro di fare politica sulle spalle della figlia. Alla fine la politica l’ha fatta lui. La sera prima di accettare la candidatura con Monti, era ancora seduto sulla sua poltrona alla direzione regionale dell’Udc del Friuli, di cui è stato presidente.
Lombardi Marco (Mir) Un berlusconiano in fuga. Cascato nella lista di Samorì. Capolista al Senato. I suoi rimborsi spese in Emilia Romagna? Nel solo mese di marzo del 2012 ci ha fatto spendere ben 2.500 euro per le sue gite in auto Rimini-Bologna.
Pistorio Giovanni (Udc) Lunga militanza nella Dc, pollo di batteria di Raffaele Lombardo nell’Mpa, nel suo curriculum conta infatti una condanna della Corte dei Conti per un depliant sull’aviaria. Nemesi? Intanto dovrà risarcire 50 mila euro per quella delibera da assessore alla Sanità in Sicilia. Nella giunta di Totò Cuffaro.
Ronchi Andrea (Pdl) Alla prima convention dei ribelli di Fli era così contento che pianse. Aveva già versato lacrime quando il suo mentore Fini era diventato presidente di Montecitorio. E ora, oplà, eccolo di nuovo col Cav. Di questo passo finirà per tornare a fare il giornalista a Reteoro (da dove proviene).