Gianni Santucci - Armando Stella, Corriere della Sera 18/1/2013, 18 gennaio 2013
MILANO —
Dalle città affannate della pianura padana arriva un nuovo bollettino: «Nero fisso». È così da oltre dieci anni. Non cambia la sostanza: nell’area dal Piemonte al Veneto, l’inquinamento sballa di tre o quattro volte le soglie stabilite dalla legge per la protezione della salute. A respirare l’aria più sporca nel 2012 è stata Alessandria. Ma 18 sulle 21 città più inquinate d’Italia si trovano nelle regioni del Nord, in Pianura Padana. Tutti i dati sono contenuti nel dossier «Mal’Aria 2013», messo a punto ogni anno da Legambiente catalogando i livelli di smog registrati dalle centraline dei capoluoghi italiani. E se Frosinone scala posizioni e arriva al secondo posto dell’aria irrespirabile, il resto della classifica continua a giocarsi più o meno sulle stesse città dell’anno scorso: Cremona, Torino, Parma, Vicenza, Brescia, Milano... Sono in tutto 51, tra le 95 monitorate da Legambiente, le città che l’anno scorso hanno avuto livelli di smog fuorilegge.
Le condizioni dell’aria nel Nord Italia (che al nostro Paese costano un pesantissimo dossier di accuse di fronte alla Corte di giustizia europea) hanno vissuto una sola grande stagione di reale miglioramento, una quindicina d’anni fa. La grande de-industrializzazione ha ridotto drasticamente le fonti di inquinamento. Altri passi avanti sono stati fatti nel miglioramento della tecnologia dei motori delle auto, sempre più «puliti», e negli scarichi delle caldaie. E se su questi ultimi due punti la politica ha avuto un ruolo, mettendo a disposizione dei cittadini sovvenzioni e incentivi, per il resto le amministrazioni locali e nazionali sono state quasi del tutto inerti: «Crescono l’informazione, la consapevolezza e la voglia di cambiare stili di vita — riflette la direttrice generale di Legambiente, Rossella Muroni —, ma dall’altra parte non cresce affatto la voglia della politica di mettersi in gioco e fare scelte efficaci che rispondano alle richieste dei cittadini».
Un caso particolare è quello di Torino. La legge europea sulla qualità dell’aria impone che la soglia massima di 50 microgrammi per metro cubo di polveri sottili non possa essere superata per più di 35 giorni in un anno. Il capoluogo piemontese, terzo nell’ultima classifica delle città più inquinate, è passato da 158 superamenti del 2011, a 118 del 2012. Nonostante questo, Torino è stata citata in una graduatoria tra le città con l’aria più irrespirabile del mondo (all’ottavo posto) pubblicata dall’Economist su dati dell’Organizzazione mondiale della sanità relativi al 2009. Il tema resta comunque su scala geografica più ampia: «In generale è l’area della pianura padana a confermarsi come la zona più critica», conclude Legambiente. E proprio nella pianura padana l’esperienza di ormai un decennio dimostra che l’unica vera «arma» contro lo smog è ancora il meteo. Più che le decisioni politiche, la fortuna dei politici. Che spesso esultano per miglioramenti dell’aria rispetto ai quali hanno meriti nulli o minimi. Solo le variabili pioggia e vento possono spiegare perché nel 2012 i giorni di sforamento a Milano sono stati 106, in netto miglioramento rispetto ai 131 del 2011, ma un risultato ancora disastroso se paragonato ai «soli» 85 giorni neri del 2010. Il capoluogo lombardo è comunque l’avanguardia italiana per le politiche ambientali: il ticket da 5 euro varato dalla giunta Pisapia, e che ha appena compiuto un anno, ha fatto calare del 31 per cento il traffico in centro. L’obiettivo dichiarato è la riduzione della congestione automobilistica, ma il fatto che una misura così drastica per gli standard italiani abbia un impatto così basso sullo smog dimostra che le politiche davvero efficaci sono altre. Rossella Muroni di Legambiente taglia corto: «Invece che chiedere soldi per nuove autostrade, le Regioni dovrebbero impiegare le stesse risorse per offrire più treni ai pendolari. Servono scelte più serie e più coerenti».
Gianni Santucci
Armando Stella