Luigi Ferrarella, Corriere della Sera 17/01/2013, 17 gennaio 2013
I CLAN DIETRO ALLA BANCAROTTA DEL CONSIGLIERE DI DE GREGORIO —
Nell’enorme sala biliardi della sua megavilla in provincia di Napoli esibisce la gigantografia di se stesso accanto a Silvio Berlusconi e al senatore Sergio De Gregorio. Davvero niente male, come compagnia, per un arrestato nel 1996 e condannato nel 1999 a 6 anni e 5 mesi per tentato omicidio come il 36enne imprenditore Antonio Benigni, che «le indagini rivelano vicino ad ambienti del crimine organizzato di stampo camorristico con riferimenti di appartenenza sempre più delineati al clan dei Casalesi» e legato da «stretti vincoli di amicizia con Biagio Passarelli, esponente dell’omonimo clan affiliato alla camorra e padrino di uno dei suoi figli». Del resto nel 2008 è il multiforme Benigni a proporre al 49enne Bernardo Martano, brillante bocconiano «in cerca di sponsorizzazioni politiche per realizzare negli Emirati Arabi una centrale elettrica turbogas da 800-1.000 milioni di euro», di «accreditarsi presso il senatore De Gregorio» e a questo scopo «finanziare con 250.000 euro un evento elettorale» organizzato appunto dal senatore per lanciare la sua associazione «Italiani nel Mondo», in cambio vedendosi anche riconoscere l’improbabile blasone di «consigliere del presidente della delegazione Italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato».
Ma ieri Benigni non ha avuto modo di ostentare la gigantografia ai finanzieri venuti per arrestarlo per bancarotta: è irreperibile, diversamente da Martano arrestato sempre dal gip milanese Laura Marchiondelli nel presupposto, delineato dai pm Luigi Orsi e Isidoro Palma, che i due indagati — anche in una inchiesta dei pm di Nola — con le loro società «abbiano generato una mole di fatture fittizie incrociate per giustificare il transito di ingenti flussi di denaro». Martano, per la verità, sostiene di essere stato «cannibalizzato» da Benigni, che, presentatogli come «consigliere economico» di De Gregorio, dopo un primo affare trappola l’avrebbe precipitato «in un circuito vizioso legato ad ambienti politici e al mondo della criminalità organizzata». Di certo ora, tra le tante operazioni, gli inquirenti vogliono chiarire la storia della centrale elettrica negli Emirati, per la quale De Gregorio (a Napoli indagato nell’inchiesta sui contributi all’Avanti in cui Valter Lavitola afferma che nel 2006 il senatore ricevette dal partito di Berlusconi 1 milione di euro per passare da Di Pietro a Forza Italia e diventare presidente della Commissione difesa) «richiese a Martano, come partner tecnologico, la sostituzione della Siemens con il gruppo Finmeccanica attraverso l’Ansaldo», a questo scopo «indirizzandolo all’allora consigliere d’amministrazione Finmeccanica, Nicola Squillace», avvocato d’affari del prestigioso studio Libonati-Jaeger «che mi fu presentato — dice Martano — nello studio di De Gregorio al Senato». Consigliato di anticipare 740.000 euro alla «Hollywood Adventures» dell’emiro Al Qassimi per avviare il progetto, Martano li versò «senza neppure un contratto preliminare, fidandosi esclusivamente di garanzie di matrice politica». Salvo perderli, senza fiatare con i suoi garanti, quando il progetto si bloccò.
Luigi Ferrarella