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 2013  gennaio 17 Giovedì calendario

LA SIGNORA REDDITOMETRO “SOLO CONTROLLI MIRATI NON È IL GRANDE FRATELLO”


«Magari!», risponde con un largo sorriso Rossella Orlandi a chi le chiede se il nuovo redditometro sarà l’arma finale contro l’evasione fiscale. «Chiariamoci subito: non è il Grande fratello fiscale. Non è uno strumento di massa e non verrà utilizzato così», come si vede scritto in questi giorni sui giornali e nei dibattiti televisivi. Direttrice dell’Agenzia delle entrate del Piemonte, nel suo incarico precedente direttore centrale aggiunto dell’accertamento, sempre per l’Agenzia delle entrate ma a Roma - è stata una delle persone che ha materialmente realizzato il famigerato e temuto nuovo strumento a disposizione dell’autorità fiscale per dare la caccia agli evasori. La signora Orlandi cerca di tranquillizzare circa 700 commercialisti dell’Ordine di Torino che di buon mattino sono accorsi all’auditorium di Torino Incontra. «Sarà utilizzato solo su 32 mila, 33 mila contribuenti in tutta Italia, pari allo 0,1 per cento del totale dei contribuenti, quando dai controlli emergeranno incongruenze sfacciate tra reddito e spese», dice alla platea che riempie la sala principale e altre due salette collegate in videoconferenza. I suoi argomenti sono tanti: «Intanto mancano le istruzioni operative e anche il software, dovrebbero arrivare a giorni ma finché non ci sono non ha molto senso parlarne. Poi l’accertamento sintetico esiste da vent’anni, la sua legittimità è stata riconosciuta da una serie di sentenze della Cassazione». Però c’è un forte allarme tra le categorie produttive, non passa giorno senza che qualcuno si alzi in piedi e imputi al nuovo redditometro la colpa di un calo delle vendite di viaggi o di auto di lusso. «Per me, parlo da tecnica, è uno strumento neutro. Non è né buono né cattivo. Per la parte tecnica è stato rispettato quanto previsto dal decreto che l’ha istituito, che le ricordo è del 2010. E poi, ogni aspetto, comprese le 100 voci di spesa, è stato discusso punto per punto con le associazioni di categoria negli ultimi due anni».

Una delle critiche più forti è quella dell’utilizzo delle medie Istat per arrivare alla cifra finale del reddito presunto: non si rischia l’effetto del famoso pollo di Trilussa? «Ma no spiega la Orlandi -. Intanto perché le medie Istat sono un elemento certificato e riconosciuto. E poi incidono solo per un dieci per cento sul totale dell’accertato. Se durante i normali controlli emergono incongruenze gravi, aggiungiamo queste spese presunte, che poi sono quelle per mangiare o vestirsi, per ottenere un totale. Tenga presente che questa norma prevede due fasi precedenti all’accertamento. Poi guardiamo al reddito familiare. Faccio un esempio concreto: una signora casalinga che si è comprata un’auto di grossa cilindrata. Abbiamo verificato che è la moglie di un professionista importante, con un reddito di oltre 500 mila euro all’anno e non abbiamo neppure aperto un fascicolo, ovviamente». Altro punto contestato è l’inversione dell’onere della prova. «Già esiste in molti altri ambiti, compreso il redditometro attuale. Poi non è proprio così: al contribuente viene chiesto di dimostrare la sostenibilità di certe spese palesemente incongrue con il suo reddito». E allora da dove nasce tutta questa paura? «Vorrei capirlo anch’io. Ieri guardavo un dibattito in tv e mi sarebbe venuto quasi da ridere, non fosse una materia che mi riguarda direttamente». Ma se il quadro normativo è del 2010, perché il nuovo redditometro spunta fuori proprio adesso, in campagna elettorale? «Questi due anni sono serviti per studiare lo strumento. Come dicevo prima, abbiamo discusso tutto, punto per punto, con le categorie interessate». Sta di fatto che quando si parla di fisco, vicini o lontani dalle elezioni, scatta subito la grande paura dei cittadini. «Guardi senza andare in America, vada in Inghilterra a vedere che effetto fa parlare di agenti delle tasse e di controlli fiscali». Lo stesso che da noi, se non peggiore. «Sta di fatto che in questo Paese abbiamo 120 o 130 miliardi di evasione fiscale».