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 2013  gennaio 17 Giovedì calendario

LA CITTÀ DEL MALAFFARE


Prendete tutta la spazzatura (morale) che ha lordatol’Italia negli ultimi dieci anni: gli affari sullo smaltimento della spazzatura (vera), le tangenti, i soldi sporchi per le campagne elettorali.

E poi i debiti pubblici e le bancarotte private, i bond farlocchi, le stecche ai giornalisti, gli strani conti del mondo del calcio, le invettive contro le toghe che sono rosse perché si mettono a lavorare quando si avvicina il voto, le escort, i nani e le ballerine. Prendete questo e provate a immaginare se sia possibile che riesca a starci tutto dentro una piccola città di provincia. Impossibile, direte voi. Ma in Italia è possibile, anzi è successo.

Negli ultimi due lustri Parma non si è voluta far mancar niente di tutto quel che abbiamo elencato. Ieri la città che fu la capitale di un Ducato, e che era così bella che ci mandarono a governarla la moglie di Napoleone, la città che capitale è tuttora - e addirittura in Europa - per il cibo che è poi il buon vivere, la città dell’opera e del melodramma, insomma questa città che dovrebbe vivere adagiata sulla sua magnificenza ha festeggiato il decennale dell’arresto di Calisto Tanzi con un altro scandalo, che vede coinvolti l’ex sindaco, un consigliere regionale, imprenditori, eccetera eccetera eccetera.

Come in tutte le inchieste, anche qui bisogna esercitare l’antica virtù della prudenza. Vedremo, insomma, se davvero c’è sostanza sotto le carte dell’accusa. Ma intanto, quale vergogna. «Parma bell’arma, Piaseinsa la veinsa e Cremona strasona» (Parma è forte, Piacenza la vince e Cremona è stracciona) dice un antico detto della Bassa. Un altro, emiliano, fa così: «Parma bell’arma, Reggio gentile, Modena porcile», e il mitico direttore della Gazzetta di Parma Baldassarre Molossi, rivendicando un primato in regione, s’era inventato «Parma bell’arma e Bologna carogna». Insomma tante varianti ma Parma era sempre «bell’arma», forte e pura, intrepida perfino.

E ora si ritrova ad essere sì di nuovo capitale, ma del malaffare. Nessuna città italiana è riuscita, nonostante gli encomiabili sforzi di tanti politici e imprenditori, a far di meglio, che poi vuol dire di peggio. Il filo sporco che lega gli ultimi dieci anni, e che va dal crac Parmalat agli arresti di ieri, fa quasi rimpiangere i begli scandali della Parma di una volta: la love story fra l’industriale Bubi Bormioli e l’ex commessa Tamara Baroni («Bubi non tamareggiare», gli scrissero sul muro della fabbrica quando lei lo lasciò); l’intrigo della ballerina Katharina Miroslawa, il giallo del camper. Vicende anche tragiche perché ci scapparono dei morti: ma appartenenti al campo della cronaca nera, e quindi originate in quell’area di confine che sta, nell’animo umano, tra la cattiveria e la follia dei singoli. Qui invece è il sistema che pare marcio; il potere, con tutte le sue connessioni, in tutti i suoi gangli. Parrebbe che tutta una classe dirigente abbia tradito. I vecchi scandali finirono al cinema con «Gialloparma» di Bevilacqua; quello sul crac Parmalat con «Il gioiellino» di Molaioli, con un grande Toni Servillo nel ruolo del diabolico direttore amministrativo che s’inventa con il bianchetto i certificati di deposito. Ci sarà anche un set per quest’ultima brutta storia, che lascia un Comune con un debito record di centinaia di milioni di euro, e c’è perfino chi dice un miliardo?

Ma in fondo tutto quello che abbiamo detto è solo un lungo prologo per spiegare perché Parma, più che una capitale del malaffare, è diventata un avvertimento. Proprio così: un «avvertimento». Non è un caso se questa è la prima (e finora unica) città importante che ha visto trionfare, alle amministrative, la lista di Beppe Grillo. Certo il suo giovane sindaco, Federico Pizzarotti, ha vinto anche per uno scherzo che gli elettori dell’ex primo cittadino - sì, proprio quello finito ieri agli arresti - hanno voluto giocare alla sinistra. Al ballottaggio, piuttosto che votare uno del Pd, quelli del centrodestra hanno scelto il grillino, che era in svantaggio e ha triplicato i consensi. Certo è andata così. Ma che la gente di Parma fosse stufa, esasperata e arrabbiata, è un fatto.

Ora dicono che questi del Movimento Cinque Stelle non la sanno mica amministrare, Parma. Ed è vero che ci sono ritardi, goffaggini e imbarazzi, in questa giunta così inesperta e improvvisata. Fa anche tenerezza, questo sindaco che ha messo davanti al Comune un albero di Natale ecologico chiedendo ai cittadini di pedalare per accenderne le luci; e i cittadini, maldestri o crudeli, le biciclette attaccate all’albero gliele hanno rotte subito. Fa tenerezza, il sindaco, e qualcuno può dargli del demagogo per aver venduto le Mercedes auto blu e aver dotato l’intero comune di una sola Opel Zafira a metano, per giunta usata. Ma se una classe politica chiusa in se stessa e sorda ad ogni richiamo non cambia registro, di sindaci e parlamentari e magari ministri che fanno tenerezza e demagogia ce ne saranno molti. Per questo Parma è oggi, per l’Italia intera, un avvertimento.