Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 17 Giovedì calendario

AG GHALI, IL PICCOLO BIN LADEN D’AFRICA CHE TIENE SOTTO SCACCO MEZZO CONTINENTE


LE RADIO, i giornali, e soprattutto il “tam tam” che in tutta Bamako rimbalza velocissimo con gli SMS dei cellulari dicono che lui non c’è più. Si è già nascosto in uno dei santuari che preparati da tempo nel deserto algerino, scortato e protetto dai suoi touareg integralisti, i miliziani di “Ansar Eddin”. Lui, il capo, è Iyad Ag Ghali, e Ansar Eddin, il gruppo che ha fondato solo nell’ottobre del 2011, è la “new company” del terrorismo jihadista, la sigla che in pochi mesi è stata capace di creare l’alleanza per conquistare il Nord del Mali assieme ad “Al Qaeda nel Maghreb islamico” e a un terzo gruppetto (il Mujao). In poche parole, Ag Ghali è l’uomo capace di attirare la Francia di Francois Hollande nella trappola di una nuova guerra africana. E forse non soltanto la Francia.
Ag Ghali non è un uomo nuovo, uno sconosciuto balzato all’orrore della cronaca per le mani e i piedi amputati e per le donne lapidate nel Nord Mali. Una lunga carriera di militare (nella legione internazionale di Gheddafi), di trafficante, contrabbandiere, ribelle touareg, confidente di servizi segreti, lo ha portato al suo appuntamento con la storia nella primavera del 2012. Da ribelle touareg già nel 1990 Ag Ghali aveva partecipato e guidato uno dei tanti tentativi di rivolta che i nomadi avevano provato a costruire contro il governo del Mali uscito dalla
de-colonizzazione francese. Col governo di Bamako, da gran trafficante che è, era riuscito poi a riappacificarsi, tanto da essere inviato a fare il console a Gedda in Arabia Saudita. Di lì i sauditi lo avevano espulso solo dopo poche settimane: era più forte di lui, si era subito messo in contatto con i gruppi jihadisti e integralisti vicini ad Al Qaeda, aveva cercato i vecchi compagni
della sua breve esperienza di militante integralista in Pakistan.
Rientrato in Mali, riprende il lavoro fra gli uomini delle sue tribù touareg, seguito a distanza e non sempre con ostilità dai servizi segreti algerini, che intanto combattevano Al Qaeda e i salafiti in casa loro (con tutto l’interesse — quindi — di spingerli verso il Mali o altrove). Nel 2003 Ag Ghali dichiara apertamente di aderire al jihad secondo il rito terrorista di Al
Qaeda. Ma continua a tenere aperti i ponti con tutti. Il governo algerino e i maliani lo incaricano di negoziare il rilascio degli ostaggi catturati dal “Gruppo salafita di
predicazione e combattimento”, il primo gruppo jihadista algerino che più tardi si trasformò nell’attuale “Al Qaeda nel Maghreb Islamico”. Ag Ghali negozia, paga i riscatti,
tiene per sé buona parte dei milioni di dollari che gli passano gli europei. L’affare migliore lo fa nel 2003, quando fa rilasciare un gruppo di turisti europei catturati da Abu Zeid, uno dei caporioni del Gspc.
Lui nel frattempo continua a sognare, a lavorare per l’indipendenza dell’Azawad, lo stato dei touareg. Un mestiere che porta soldi e potere. Nel 2006 con un altro leader ribelle touareg prova
una nuova ribellione; al momento giusto tradisce il compare, negozia con il governo del Mali e incassa il suo tornaconto. Nel 2006 — rivela Wikileaks — ha il coraggio di presentarsi a Terence Mc-Culley, ambasciatore americano in Mali, ha la faccia tosta di lamentarsi con lui di Al Qaeda, «quelli non hanno capito che nel Nord del mio paese la gente non accetta la loro ideologia estremista ».
L’apoteosi di questo Bin Laden d’Africa è però la conquista del Nord del paese nel 2012. Tutto inizia con lui che nell’ottobre del 2011 si propone alla guida del “Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad”. Sono i touareg “laici”, quelli che vorrebbero l’indipendenza dell’Azawad, tenendo Al Qaeda e il vero Bin Laden
a distanza. Non lo eleggono capo dell’Mnla, e allora lui (con i soldi di Al Qaeda) fonda Ansar Eddin. La storia di quest’anno è conosciuta: Ag Ghali sa bene chi reclutare fra i touareg arruolati nell’esercito di Gheddafi e sbandati dopo la sconfitta del colonnello. Sono addestrati, sono armati, ci sono i soldi di Al Qaeda e del narcotraffico. Così quando l’Mnla parte per conquistare il Mali, Ansar Eddin li segue tirandosi dietro Al Qaeda. Pochi mesi, e quelli di Ansar Eddin fanno fuori i “laici”, impongono la
sharia
e il loro pugno di ferro a Gao, Kidal e Timbuctù. Ag Ghali porta le bandiere nere del jihad nella più grande regione del mondo che Al Qaeda sia mai riuscita a governare. La storia continua, il finale è imprevedibile. Ma Iyad Ag Ghali di sicuro ha già un ruolo da protagonista. Il più interessante, il più
pericoloso.