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 2013  gennaio 17 Giovedì calendario

TRA CREDIEURONORD, RAGGIRI E FALLIMENTI QUEL SISTEMA DI POTERE CHE PORTA AL CARROCCIO


Forse dovevano arrivare i tempi delle vacche magre, o forse il sistema di mungitura era già talmente chiaro, lì, da vedere. Bastava solo mettere insieme dei passaggi, dei pezzi, delle dichiarazioni, e insieme le leggi, le promesse, le regole non rispettate, la resistenza a oltranza degli ultrà del latte.
Febbraio 2012, quasi un anno fa. Nella sala riunioni siedono Mario Monti, Luca Zaia, Umberto Bossi, il ministro dell’agricoltura Mario Catania, i vertici dell’Agea, l’agenzia alimentare. Bossi ha una richiesta precisa: l’ennesima proroga che consenta a poche centinaia di allevatori di farla franca, di non pagare la multa del latte. L’incontro, naturalmente, si conclude con un nulla di fatto. Ma non è questo il punto. Il vero nodo è un altro: perché un manipolo
di splafonatori, inviso a tutti gli allevatori che le multe le hanno pagate, continua a tenere sotto scacco i vertici della Lega? A costringerli a chiedere addirittura l’intercessione del tanto detestato premier dei tecnici? Qual è il potere di pressione dei «milk warriors» sui piani alti del Carroccio? Qual è la loro minaccia nascosta?
Queste domande non sono curiosità di oggi. Sono il cuore di svariate indagini giudiziarie alla ricerca del filo verde che parte dalle stalle padane, passa per i misteriosi traffici di una banca salvata dagli amici di Antonio Fazio, la Credieuronord, e finisce in una miriade di cooperative agricole che nascono, prosperano e falliscono alla velocità della luce. Secondo i giudici, per nascondere la truffa del latte prodotto in eccesso. O forse, più legalmente, per creare l’accumulazione primitiva del denaro che servì da carburante ai primi passi del movimento di agricoltori che un giorno sarebbe confluito nel Carroccio. E’ su quelle cooperative che indagano oggi i giudici di Milano, è sui rapporti con gli uomini di quelle cooperative che sono state interrogate
come testimoni le segretarie amministrative della
lega di Milano e Torino.
Su quel sistema ha indagato a metà del decennio scorso la procura di Saluzzo. E nel 2009 il tribunale della cittadina piemontese si è pronunciato condannando per truffa una sessantina di allevatori. Le cooperative sotto processo si chiamavano «Savoia»: nascevano e dopo un po’ morivano. Si arrivò così a «Savoia 6». Il loro ispiratore era l’europarlamentare leghista Giovanni Robusti, leader
dei Cobas del latte prima di andare a Strasburgo. Si legge nella sentenza di condanna: «Dal momento in cui gli allevatori fatturavano il latte che eccedeva le quote loro assegnate, venivano effettuate (dalla cooperativa
ndr)
tre registrazioni. La prima estingueva il debito nei confronti del fornitore del latte facendo sorgere contemporaneamente un debito nei confronti degli organi competenti per il superprelievo (la multa
ndr)
». In sostanza l’allevatore trasferiva la multa alla cooperativa
che gli pagava il latte come se non fosse multato. «La seconda registrazione — dice la sentenza di Saluzzo — segnalava lo spostamento di denaro dal conto della banca della cooperativa a un conto acceso presso Credieuronord», la banca fondata dai leghisti. Credieuronord, pochi giorni dopo, restituiva il denaro alla cooperativa. Così le cooperative e Credieronord facevano da schermo e consentivano agli allevatori di non pagare le multe.
Funzionava così anche per le cooperative La Lombarda su cui indaga oggi la procura di Milano? Quali interessi si nascondono dietro i mille tentativi di coprire gli splafonatori? E’ certo che il Senatur ha sempre difeso i «milk warriors». Racconta Dario Fruscio, leghista, ex presidente dell’Agea, l’agenzia che doveva controllare il sistema delle quote latte: «Il leader del mio partito voleva che io menassi il can per l’aia sulle multe per le quote latte, mentre io volevo che fossero pagate». Conferma l’ex ministro Paolo De Castro, oggi presidente della commissione agricoltura a Strasburgo: «Da sempre la Lega ha difeso la minoranza di allevatori che non pagano le multe. A danno della maggioranza e dei finanziamenti destinati all’Italia ». Non tutti i leghisti ci stanno a finire sul banco degli imputati. L’ex ministro Luca Zaia, parlando ieri con i suoi collaboratori, si è difeso: «Sono
stato l’unico a fare una legge tombale contro gli splafonatori ». Eppure proprio durante il suo ministero si è verificato l’episodio più curioso di questa storia: l’indagine di un ufficiale dei carabinieri secondo il quale l’Ue aveva sbagliato i conti calcolando come vive mucche di 80 anni, le ottuagenarie del latte. Un bel regalo, certamente involontario, agli splafonatori che oggi gridano al grande equivoco di Bruxelles e brandiscono la relazione come un tempo i giovani rivoluzionari cinesi facevano con il libretto rosso di Mao.