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 2013  gennaio 16 Mercoledì calendario

UN GIUSTO TASSO DI STUPIDITA’ PUO’ FAR BENE ALL’UFFICIO? - C’è

un dilemma: una certa dose di «stupidità funzionale» è necessaria per il buon andamento di un’azienda? La suddetta definizione nasce da una riflessione di due professori di economia Mats Alvesson e André Spicer, ai quali il Financial Times dedica un fondo. Insomma, gli utili idioti, quelli che fanno funzionare il sistema sono presenze fisiologiche nel mercato? Dotati anche di un certo appeal: «Be stupid» era il motto di una campagna di Renzo Rosso, la stupidità è cool. Sia come sia, la questione è controversa.
Nei recenti disastri economici che riguardano corporation, banche e parte del mondo finanziario tra gli imputati c’è la stupidità. Ovvero, la tendenza da parte dei manager a non farsi domande di ampio respiro. Concentrati come sono sulle speculazioni contingenti. Nel novembre del 2008, l’Herald Tribune riportò una notizia indicativa: era stato concesso un mutuo di 720 mila dollari a un raccoglitore di fragole messicano che però ne guadagnava 14 mila. Un finanziamento stupido? Da una parte è segno di fiducia — e la fiducia è alla base della democrazia — concedere un mutuo, sì, anche a un raccoglitore di fragole messicano. E poi si pensava: siccome i prezzi delle case, fino al 2007, erano in netta ascesa, male che vada, se il nostro raccoglitore non potrà pagare le rate, gli requisiremo la casa e la venderemo, guadagnandoci di più. E visto che ci siamo, siccome quei mutui rappresentano una promessa di pagamento, possiamo anche provare a vendere questi pacchetti ad agenzie terze. Le quali a loro volta emetteranno delle obbligazioni proponendo al mercato finanziario: prestatemi soldi, in cambio vi pagherò gli interessi usando le rate del mutuo che incasserò. Alla fine tutto il sistema girava attorno alla tenacia del raccoglitore di fragole nonché agli alti prezzi delle case. Stupido non pensare che il nostro messicano poteva cedere e non pagare le rate e soprattutto che prima o poi i prezzi delle case potevano crollare, e a quel punto gli appartamenti requisiti non valevano più niente.
Speculazioni, bassa capacità di correlare i dati rispetto a un insieme più ampio? Sì, proprio così. Stupidità. Tuttavia, sottolineano Alvesson e Spicer, il problema è che una certa quantità di «stupidità» è essenziale. I manager devono istillare tra i collaboratori la giusta dose di «stupore». Ci sono prove empiriche: un ambiente di lavoro che si basa su un patto «di ingenuità» tra il management e i collaboratori, risulta più efficiente, felice, di uno, all’opposto, dove prevalgono domande continue e un organico e diffuso senso critico. Troppa intelligenza blocca. Vero. Ma a chi spetterebbe allora tirare la linea tra stupore necessario e stupore pericoloso? Ai manager! Andiamo bene. Siamo punto è a capo.
Qui ci si divide tra ottimisti e pessimisti, ma i secondi prevalgono: il potere censurerà sempre le critiche, dunque prevarrà la necessaria stupidità. Chissà però se questa discussione sia già obsoleta. In fondo tutto il sistema di lavoro novecentesco sta andando in crisi. La produzione era (ed è in parte ancora) basata su ripetizioni, ordini, irreggimentazioni coatte. Tuttavia, oggi, un oggetto per acquistare valore sul mercato deve contenere una certa dose di innovazione (su questo tema, sta per essere inaugurata a Bologna una mostra, «Benzina, energia per la mente»). Per innovare è necessario essere creativi. Per essere buoni creativi non si può essere soli, bisogna sapere confrontarsi, integrare i propri dati con quelli di altre persone, adattarsi al nuovo, rischiare. Per innovare è necessario essere globali: un prodotto come il nuovo Boeing 787 è suddiviso fra oltre cento aziende di dieci paesi fra i quali Cina, Giappone e Italia e Stati Uniti. A ognuno la sua parte, le idee fanno sesso. Sarà un cambiamento difficile, vecchie mansioni andranno a spegnersi, però c’è la possibilità che non la stupidità sarà l’arma vincente ma la creatività, quella diffusa e organica e solidale. Insomma speriamo non sia una stupida speranza.
Antonio Pascale