Marika de Feo, Corriere della Sera 16/1/2013, 16 gennaio 2013
La Bundesbank si riprende l’oro da Parigi e New York - «L’oro del Reno» torna a casa. Prima dalla Francia e in parte dagli Stati Uniti
La Bundesbank si riprende l’oro da Parigi e New York - «L’oro del Reno» torna a casa. Prima dalla Francia e in parte dagli Stati Uniti. Poi si vedrà. Lo ha fatto filtrare lunedì sera il presidente della Bundesbank Jens Weidmann, a un gruppo di giornalisti di Francoforte, mentre il responsabile per la delicata operazione, il consigliere Karl-Ludwig Thiele questa mattina farà luce su uno dei «misteri» ancora aleggianti sulle seconde riserve aurifere al mondo, dopo quelle degli Usa, composte di 3.396 tonnellate in lingotti d’oro, valutati all’incirca 130 miliardi di euro. Nel giro di appena tre mesi, dopo la richiesta formale — suonata quasi come un allarme — fatta dalla Corte dei conti federale alla Bundesbank di redigere un inventario preciso delle riserve tedesche e rimpatriare almeno 50 tonnellate di oro da New York, la banca centrale tedesca ha reagito. Perché la crisi finanziaria, sia pure in via di miglioramento, continua a preoccupare. Finora la Bundesbank conserva soltanto il 5% del suo oro nei forzieri in Germania, fra Francoforte sul Meno (il 2%) e Magonza sul Reno. Ma il 45% dei preziosi lingotti è custodito nei caveau sotterranei della Fed di New York, mentre il 13% si trova nella Bank of England a Londra e il 12% nella Banque de France a Parigi. Troppo lontani, per i custodi tedeschi della moneta, che da anni non ricevevano notizie sullo stato di conservazione del loro «tesoro del Reno», senza poterlo vedere o valutare da vicino. Da qui la richiesta della Corte, preoccupata sull’effettiva esistenza dell’enorme ammontare dei lingotti, spalleggiata da un’iniziativa popolare volta a «riprenderci il nostro oro». In tempi di crisi, non si sa mai. Ma per lanciare un segnale tranquillizzante, la Bundesbank ha già fatto filtrare ieri al quotidiano «Handelsblatt» il racconto di una visita del turista renano Peter Schmitz nel quinto piano sotterraneo del caveau della Fed di New York, a Manhattan, dove vengono custoditi 530 mila lingotti in oro di 60 Paesi del globo, incluse le 122.597 barre delle riserve tedesche. E dal racconto del turista tedesco col nome in parte alterato per ragioni redazionali traspare la delusione, per aver potuto ammirare soltanto un centinaio di lingotti disposti in bella mostra dietro massicce inferriate. Domani la Bundesbank spiegherà come intende modificare la gestione del suo oro e dove vuole custodirlo in futuro. Secondo indiscrezioni, Weidmann intende riportare a casa tutte le riserve — 374 tonnellate — parcheggiate a Parigi per ragioni di sicurezza fin dai tempi della Guerra Fredda e della divisione fra le due Germanie. Ma ora la Francia è la principale alleata all’interno dell’eurozona, con la quale la cancelliera Angela Merkel si appresta a festeggiare i 50 anni del Trattato dell’Eliseo. Ormai, non c’è più ragione di conservare l’oro a Parigi. Ma nel caso estremo di una crisi mondiale — anche se non lo ammette nessuno — potrebbe continuare a essere utile la custodia di parte dell’oro in diverse piazze finanziarie del globo, per poterle convertire in moneta sonante, nel caso di una necessità estrema, dettata da una crisi imprevedibile. Comunque sia, la richiesta e i dubbi della Corte sullo stato di salute del tesoro va esaudita. Anche se la Buba mette le mani avanti e attraverso il consigliere Andreas Dombret assicura che «in 60 anni non abbiamo avuto il più piccolo problema o il minimo dubbio», ad esempio, «sulla credibilità della Fed». Domani la Buba dovrebbe dimostrarlo con filmati e rapporti più dettagliati.