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 2013  gennaio 16 Mercoledì calendario

LUCA ARGENTERO NON APRIRE QUELLA PORTA

«Ogni tanto mia moglie mi urla: “Ecco, non sei più come quando ti ho conosciuto!”. Io rispondo: “E meno male”».

Ha ragione Myriam Catania: Luca Argentero non è più quello di una volta. Di certo non è quello che intervistai cinque anni fa, ventinovenne figlio della borghesia torinese, debuttante attore di cinema (A casa nostra di Francesca Comencini, Saturno contro di Ferzan Ozpetek) dopo la popolarità arrivata all’improvviso grazie a un Grande fratello. Dava risposte così giuste da risultare un po’ stucchevoli, incassava qualunque critica, si autoaccusava di aver recitato per la prima volta in Carabinieri senza avere nessuna esperienza. Ugualmente perfettino nel privato: fidanzatissimo e felicissimo con Myriam, attrice, che aveva incontrato proprio su quel set. E che, nel 2009, avrebbe sposato in chiesa.
Luca si avvicina alla boa dei 35 (li compie il 12 aprile) e ha davanti quello che, professionalmente, è l’anno della svolta. Tre film importanti da attore – Cha Cha Cha. Cronaca di un delitto di Marco Risi, Bianca come il latte, rossa come il sangue di Giacomo Campiotti e Il cecchino di Michele Placido – e il debutto da produttore (in tandem con Myriam: insieme hanno fondato la Inside) con l’horror Evil Things - Cose cattive. Film che diventa il punto di partenza di una chiacchierata sulle paure. E proprio le sue risposte – mai scontate, meno spensierate – mi dicono che il più grande cambiamento è avvenuto nella testa. Coperta di capelli che porta lunghi e abbondantemente striati di grigio.

Cose cattive: non è il primo titolo che verrebbe in mente, pensando a lei.
«Non avevamo un grande budget e il genere horror, grazie alle nuove tecnologie e ai giovani che sono bravissimi negli effetti speciali, ti consente di fare un buon prodotto senza costi eccessivi. L’abbiamo girato in inglese, per destinarlo a un mercato non solo italiano. È costruito tipo Saw: ci sono vittime, sevizie fisiche, un killer moralizzatore».
Il suo film dell’orrore preferito?
«Dopo aver visto It, da ragazzino, passai un po’ di tempo senza aprire le porte. Ancora oggi l’horror che mi spaventa di più è quello dove non si vede nulla, dove la fonte del terrore è misteriosa».
Che altro la spaventava, da bambino?
«I ragni».
Che infanzia ha vissuto?
«Serena. I miei genitori sono tipi tranquilli. Mia madre ha scelto di stare a casa per seguirci, a me e a mia sorella non sono mai mancati amore né autostima. In tanti anni di matrimonio, non li abbiamo mai visti litigare. Ancora adesso, prima che mio padre salga in macchina, lei lo saluta con un bacino».
Modello difficile da imitare.
«Non rinuncio a provarci: vorrei tanto essere come loro».
Invece?
«Invece io e Myriam litighiamo tantissimo, da sempre. Non ricordo di avere passato un periodo più lungo di un week­end senza una discussione violenta».
Strano: lei sembra un tipo pacifico.
«Di solito mi controllo, ma poi arriva il momento in cui sbrocco e in un quarto d’ora riesco a dire le cose peggiori».
Perché, secondo lei, litigate tanto?
«Abbiamo caratteri perennemente in frizione. Io non ho idea di che cosa voglia dire svegliarsi di malumore, anche se ho davanti una giornata faticosa o delle preoccupazioni. Lei invece tende a essere negativa e depressa, forse ha insicurezze che si porta dietro dall’infanzia, i suoi si sono separati quando era ancora piccola. Ma è una donna intelligente e ha tutti gli strumenti per superare certe paure da sola. Del resto viviamo una situazione invidiabile, abbiamo entrambi un lavoro, la casa: lamentarsi sarebbe poco rispettoso».
Myriam stessa ha raccontato a Vanity Fair di essere sempre inquieta e insoddisfatta, e che lei invece è fin troppo quadrato, una specie di muro di gomma.
«Adoro la fragilità e la complessità di Myriam, credo di essermi innamorato di lei anche per quello. La ascolto, cerco di capire, ma quando mi racconta i suoi problemi – quando è angosciata perché non vuole fare una cosa – mi viene naturale dirle che quella cosa basta non farla. Capisco che questo può essere molto snervante per qualcuno che sta lottando con tutte le sue forze e magari sta male. Se ho un difetto nel rapporto con mia moglie è quello di non essere abbastanza complicato; dovrei essere più articolato nelle risposte, più psicologo».
Più tenebroso?
«L’estate scorsa abbiamo letto entrambi la trilogia di Cinquanta sfumature. Un po’ Christian Gray mi sento: per la galanteria, il modo di fare, l’aspetto. Scherzavo con Myriam: “Tu Christian Gray ce l’hai”. E lei: “Che dici? Lui è complicato, problematico, mica come te”. In effetti non credo avrò mai una stanza rossa delle torture».
Non la intrigano certe fantasie sessuali?
«Zero. Non riuscirei a restare serio con la pinza per capezzoli in mano. Su di me fa effetto la normalità: mi basta un collo, un odore».
L’estate scorsa circolava la voce che il vostro matrimonio fosse in crisi. Che cosa c’era di vero?
«Niente di più dalla nostra normale routine, in cui ci si tira un piatto un giorno sì e uno no. Non ho mai fatto le valigie. La voce è nata perché sono andato a dormire per un periodo in albergo. Mi dovevo alzare alle cinque per andare sul set, volevo evitare di svegliare Myriam e magari metterla di cattivo umore: tutto qui. Il momento più basso, piuttosto, l’abbiamo toccato un anno fa: venivamo da un periodo di tensione, siamo andati tre giorni nel nostro casale in Umbria, io ho sbroccato perché la serata di Capodanno era andata a schifio, allora lei ha preso il treno ed è tornata a Roma. Siamo stati separati tre giorni».
Passiamo in rassegna la lista delle sue paure di ieri e di oggi? A cominciare dalla scuola.
«Nessuna paura, a scuola. Se mai, l’insicurezza con le ragazze: alle medie ero abbastanza nerd, con i baffetti, i brufoletti, e un po’ cicciottello».
Paura di non realizzarsi nella vita?
«Ho fatto l’università, Economia e commercio, con estrema leggerezza e tutto quello che è venuto dopo, a partire dal Gf, è stato una bellissima sorpresa. Ho avuto e ho più paura al pensiero di costruirmi una famiglia».
Paura di avere figli?
«Al contrario, mi irrita chi dice che non fa figli perché sono responsabilità troppo grandi, o perché c’è crisi: mio nonno ha avuto quattro figlie lavorando come operaio della Fiat».
Paura di non poterne avere?
«Piuttosto, paura che stiano male, paura di vederli soffrire».
Ricorrerebbe alla fecondazione assistita se ce ne fosse bisogno?
«Certo. Tra l’altro il papà di Myriam è primario di ginecologia, specializzato proprio in fecondazione in vitro. In effetti è un po’ di tempo che proviamo, ma purtroppo siamo spesso distanti per ragioni di lavoro. Comunque non siamo ancora arrivati al punto di fare cose come: amore corri che è l’ora giusta, ho misurato la temperatura, facciamolo a gambe in su».
Paura di non lavorare più?
«Se mai, di non essere all’altezza dei film che mi propongono. In quello di Risi ci sono sei minuti di scazzottata in cui recito nudo come un verme: lui doveva sempre rincuorarmi. Ho avuto molta paura anche quando, in Mangia prega ama, mi sono trovato di fronte Julia Roberts».
Bella?
«Se non è in tenuta da tappeto rosso e ti passa vicino per strada, neppure ti volti a guardare. Ma appena il regista dà l’azione, le esplodono gli occhi e il volto irradia luce. Spenta la cinepresa, si spegne anche lei».
Paura che succeda qualcosa a sua moglie? Myriam mi ha raccontato che adora uscire la sera, mentre lei sta sempre più spesso e volentieri a casa.
«Non è questione di pigrizia, semplicemente non mi va più di far tardi perché le cose che posso fare oggi di giorno mi interessano più di quelle che facevo ieri di notte. Ho vissuto tutta la mia giovinezza in discoteca, ho fatto il barista, non mi sono fatto mancare niente. Myriam invece continua a essere un animale notturno, le piace uscire, tirare tardi, e infatti lo fa».
Insisto: non le viene l’ansia se non la vede tornare entro una certa ora?
«Ho solo strappato l’accordo che non prenda la macchina ma il taxi».
Nel 2006, quando eravate ancora fidanzati, ha avuto un terribile incidente in motorino.
«Altro che paura: quello è stato terrore. La aspettavo a casa alle otto di sera ma, visto che non ha orari fissi e tra noi c’è grande libertà, non ero preoccupato del ritardo. Poi è arrivata la telefonata di suo fratello. Sono corso in ospedale: aveva battuto la testa, il rischio di lesioni cerebrali era molto alto. Dopo un momento di crisi quando l’ho vista – era conciata davvero male – ho tirato fuori la mia positività. Lei poi ha reagito con una forza incredibile: è andata in giro per quattro mesi senza denti, fregandosene. Il primo periodo però è stato difficile. Non avevo accanto neppure la mia famiglia e i miei amici: erano tutti a Torino. La finale del Mondiale 2006, quella vinta dall’Italia, l’ho vista da solo. L’unica cosa che c’era da stappare in casa era un Crodino».
Paura di essere tradito?
«Mi fido molto. Anche perché siamo talmente sotto i riflettori che, per farmi le corna, dovresti essere un po’ stronza. È quello che dico a lei quando le vengono le crisi di gelosia».
Ammettendo però che Myriam la tradisse, lei vorrebbe sapere?
«Molto meglio non sapere. Se un giorno lontano – diciamo tra dieci anni – mia moglie mi dovesse tradire ma fosse sempre innamorata di me, se insomma le cose che contano tra noi non fossero cambiate, sceglierei l’ignoranza: la vita è lunga, uno scivolone può succedere. Diverso sarebbe se il giorno dopo lei avesse un muso così: non credo alle storie parallele».
Paura che il suo matrimonio finisca?
«Ce l’ho sempre. Sarebbe tremendo pensare di non vincere quella scommessa: è l’investimento più grande».