Roberto Giardina, ItaliaOggi 16/1/2013, 16 gennaio 2013
INTERVISTE SOLTANTO A PAGAMENTO
[Il candidato ps Peer Steinbrück è criticato perché esoso] –
Il miglior uomo nella squadra della Merkel è il suo avversario, il socialdemocratico Peer Steinbrück, come scrive Der Spiegel. Sostiene di dire quel che pensa, gli elettori apprezzano la sincerità, ma non approvano le sue idee. Sostiene che il Cancelliere guadagna poco, Frau Angela gli ribatte che «non è un mestiere ma un dovere»; Peer insiste affermando che lei, nei suoi confronti, sfrutta «il bonus di essere donna».
Le sue esternazioni hanno fatto precipitare il partito al 26%, un minimo storico: se si votasse domenica prossima la Merkel avrebbe già vinto, quasi da sola. Ma quel che i tedeschi soprattutto non perdonano a Peer è di guadagnare troppo, facendosi pagare per parlare e per concedere interviste (almeno 1,3 milioni di euro negli ultimi tre anni).
Che colpa ho se mi pagano pur di sentirmi?, ribatte Steinbrück. In effetti tutti, in Germania, si fanno pagare le interviste. Sarà una questione di misura. In fondo chi risponde alle domande perde il suo tempo e, da quando è diventato di moda mandare le domande per email, chiedendo una risposta scritta, si finisce per lavorare al posto dell’intervistatore. Io intervistai Günter Grass gratis, ma, dopo che ha vinto il Nobel, la sua tariffa è di 10 mila euro. Heinrich Böll, anche lui Nobel, mi offrì una birra. Markus Wolf, che era stato il capo del controspionaggio della Ddr e che ispirò a Le Carré La spia che venne dal freddo, ormai in pensione, si faceva pagare le interviste, ma non da me. Lo invitavo a cena e mi costava di più, perché non osavo presentare il conto al mio giornale. Lui era un buongustaio, amava i vini italiani e le pappardelle ai tartufi.
I giornali italiani, almeno i miei, non pagano le interviste. Però paga la nostra tv, e accettai di collaborare a due trasmissioni per avere il modo di intervistare personaggi altrimenti irraggiungibili. Intervistai Karl Dönitz, l’ammiraglio che fu il successore per pochi giorni di Adolf Hitler, e gli consegnai la busta con la modesta cifra desiderata, 400 Deutsche Mark. Lui l’aprì per controllare il contante. Non dovevo avere una faccia che ispirava fiducia al Grossadmiral. Stranamente fu la stessa cifra desiderata da Egon Krentz, che era capo della Ddr quando cadde il muro. Però lui non controllò e si scuso: «Sa», mi disse, «sono il primo disoccupato della Germania comunista».
Oggi si affiderebbe a una delle agenzie che in Germania gestiscono le interviste e le conferenze dei vip. Steinbrück è in buona compagnia: Hans-Dietrich Genscher, per anni ministro degli esteri, arriva a 30 mila euro, ma Gerhard Schröder non si muove per meno di 50 mila. Molto? Bill Clinton chiede almeno tre volte tanto, più volo in prima classe e albergo a cinque stelle per sé e le guardie del corpo. Gli ex cancellieri Helmut Schmidt e Helmut Kohl, anche se si concedono di rado per motivi di salute, si accontentano di 10 mila euro, se non hanno aumentato le tariffe negli ultimi tempi.
Dopo le polemiche suscitate da Peer, i politici al momento si mostrano più discreti, ma l’agente Ulrike Ramsauer trova che tutto questo chiasso sia fuori luogo: pagare per noleggiare un oratore è perfettamente normale. Le agenzie hanno liste con centinaia di nomi e i clienti possono cercare l’oratore preferito secondo il tema: sport, economia, euro, borsa, e così via. La mediazione dell’agenzia è necessaria per evitare imbarazzo al cliente, che spesso non ha le idee chiare, e al vip a cui si risparmia la fatica di dover richiedere l’onorario. Non di rado l’evento viene annullato, e in questo caso si risparmiano recriminazioni da entrambe le parti. Come per i biglietti aerei, se si annulla all’ultimo momento si paga pegno. Il cliente è costretto a saldare l’onorario in tutto o in parte. Se è il vip a cambiare idea, se la cava con delle scuse. E l’agenzia pensa a un sostituto. Frau Ulrike per sé mette in conto una percentuale del 20%: «Per entrare nella mia squadra non bisogna essere famosi. Io ho in lista oratori che nessuno conosce, ma che sono sempre molto richiesti. L’importante è essere brillanti, divertenti e bene informati. Chiedono cifre abbordabili, ma hanno pochi giorni liberi. E guadagnano mica male». C’è un futuro per chi resterà fuori alle elezioni italiane di febbraio, purché parli almeno l’inglese.