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 2013  gennaio 16 Mercoledì calendario

KAZAKISTAN, PIGNORATI I CONTI

[Bloccate somme per 4,4 mln presso Bnl e Unicredit] –
Fino a non molto tempo fa era ridotta in uno stato di totale degrado. Al punto che al suo interno si tenevano messe nere e fiorivano misteri di ogni genere, compresi fantasmi e presenze inquietanti. Poi sono arrivati i kazaki, che l’hanno rimessa a nuovo e vi hanno stabilito la sede della loro ambasciata in Italia. Benvenuti nella romana villa Manzoni, dal nome del conte Gaetano Manzoni che intorno al 1925 ne affidò la progettazione all’architetto Armando Brasini. Il tutto su un’area piena zeppa di reperti archeologici romani. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti, ma i misteri e le anomalie hanno continuato a dominare la scena, stavolta con protagonisti i nuovi proprietari kazaki. Già, perché qualche tempo fa, come è in grado di rivelare ItaliaOggi, è addirittura scattato il pignoramento dei conti correnti dell’ambasciata kazaka, per un importo di 4 milioni e 399 mila euro. È appena il caso di ricordare che il Kazakistan, presieduto da Nursultan Nazarbayev, non è per l’Italia uno stato qualsiasi. L’Eni, che vi è presente dal 1992, ha enormi interessi in quel paese, se solo si considera il coinvolgimento del Cane a sei zampe nei giacimenti petroliferi di Kashagan e Karachaganak.

Ad ogni modo a innescare la procedura che ha condotto al pignoramento è stata un’impresa di costruzioni che dal 2005 al 2008 ha eseguito i lavori di ristrutturazione di villa Manzoni. Come spesso accade in questo tipo di appalti, durante la conduzione dei lavori si aggiungono costi originariamente non previsti e il conto finale è destinato a salire. Morale della favola: l’ambasciata paga 11 milioni di euro, ma l’impresa ne chiede circa 3 di più. A quel punto i kazaki si trincerano dietro il silenzio. Il 9 agosto del 2011 arriva il decreto ingiuntivo del tribunale di Roma. Il 19 gennaio del 2012 lo stesso tribunale formalizza il cosiddetto «comandiamo», di fatto la messa in esecuzione del titolo. Infine arriva l’atto di precetto, notificato in via diplomatica in data 7 febbraio-20 marzo 2012, con cui si intima all’ambasciata kazaka di pagare 2,9 milioni di euro, oltre agli interessi. A quel punto, dopo il silenzio dei kazaki, è inevitabile arrivare al pignoramento. E così, fino al concorrere di una cifra aumentata della metà rispetto a quella richiesta, scatta il blocco di 4 milioni e 399 mila euro sui conti correnti dell’ambasciata kazaka presso Bnl e Unicredit, con intimazione alle banche di non disporre della cifra pignorata. Solo in quel momento, e arriviamo alla fine, l’ambasciata kazaka decide di opporsi al pignoramento. E sulla questione, adesso, dovrà decidere il giudice.

Su villa Manzoni, nel frattempo, dagli archivi del parlamento spunta fuori un’interrogazione parlamentare presentata l’11 novembre del 2010 al ministero dei beni culturali dall’allora senatore del Pdl Achille Totaro, oggi passato a Fratelli d’Italia. L’atto, che non ha mai avuto risposta, è interessante perché alza il velo sui passaggi di proprietà di villa Manzoni. Da esso, per esempio, si apprende che in occasione delle cartolarizzazioni immobiliari di tremontiana memoria, l’immobile e l’area circostante, «sito archeologico di inestimabile valore storico-architettonico», vennero ceduti da Scip (e quindi dallo stato) a un gruppo statunitense. Non se ne fa il nome, ma a quanto è stato possibile ricostruire si tratta di Carlyle, storicamente vicino alla famiglia Bush. Nel 2004, poi, lo stesso gruppo americano ha ceduto all’ambasciata del Kazakistan, racconta l’interrogazione, «senza che lo stato italiano e/o il comune di Roma avessero esercitato il diritto di prelazione». La notifica di prelazione, aggiunge l’atto, «è stata comunicata per l’intero compendio immobiliare, mentre in realtà la proprietà è stata ceduta frazionata: all’ambasciata è stata venduta la villa e la quasi totalità del parco come da atto del notaio Cinotti; all’Istituto regionale immobiliare srl le ex scuderie e parte del parco per soli 50 mila euro». Pertanto, ne desume l’interrogazione, la vendita frazionata non avrebbe ottemperato alla norma di legge e si chiede «se debba considerarsi nullo l’atto di compravendita per tale vizio». In più, prosegue l’atto, in base a un protocollo di amicizia siglato nel 2004 tra l’ambasciata e il comune, comprensivo della rinuncia del comune a esercitare il diritto di prelazione, i kazaki avrebbero dovuto concedere l’accesso ai cittadini, dando la possibilità di visitare le bellezze archeologiche del parco. Allo stato attuale, osserva però l’interrogazione, «tutti varchi di accesso al parco risultano chiusi».