Roberto Giardina, ItaliaOggi 12/1/2013, 12 gennaio 2013
I TEDESCHI SPECIALISTI NEI PONTI
[Ma le ferie non godute entro marzo successivo si perdono] –
I tedeschi sono previdenti e organizzati. Un amico mi ha invitato a cena, per fine luglio. Sono libero? Difficile rispondere di no, ma per loro sarebbe normale. Hanno già prenotato per le vacanze, dall’imminente Carnevale al prossimo Natale. Non un viaggio, tutta una serie di minivacanze per qualche giorno, da Capri al Polo Nord.
La Bild Zeitung avverte che se si sceglie con oculatezza, grazie al calendario favorevole, e ai giorni di festa religiosi o meno (ne hanno 18, tra cattolici e luterani, e qualcuno in nome dell’ecumenismo se li fa tutti), si possono raddoppiare i trenta giorni di ferie a cui ogni lavoratore in media ha diritto. Non eravamo noi gli specialisti in ponti? Ci tolgono anche questo record. Qualche nostro politico aveva proposto, per aumentare la produttività, di abolire perfino il 1° Maggio. Ma a che serve produrre se poi non si vende? I laboriosi prussiani sono sempre in vacanza, eppure continuano a battere il record dell’export. E hanno anche l’orario di lavoro più corto d’Europa, poco più di 1.600 ore, i greci, cicale latine, ne lavorano duecento in più.
E ora si assiste a una rivolta generazionale. I giorni di ferie, come da noi, aumentano con l’anzianità aziendale. Più si è fedeli a un’azienda e più a lungo si sta in vacanza. Una regola che vale anche per gli statali. Un’ingiustizia, che forse viola anche la Costituzione. Le ferie sono un diritto uguale per tutti e dovrebbero essere calcolate in rapporto al lavoro svolto, se è pesante o leggero, se si occupa un posto di responsabilità o se ci si limita pigramente a eseguire gli ordini. A parità di funzione, e di orario lavorativo, stesse vacanze. La fatica e lo stress sono uguali per tutti, al di là del rendimento.
In Germania, le ferie non dipendono solo dall’anzianità di servizio, ma anche dall’età del dipendente. Quando si festeggia il trentesimo compleanno si ottiene dallo stato un bel regalo: il dipendente pubblico avrà diritto a tre giorni in più, da 26 a 29. Poi dovrà attendere un decennio: i quarantenni conquistano ancora un giorno, e potranno partire per un mese intero. E poi nulla più: un sessantenne evidentemente rimane in forma come un collega di vent’anni più giovane.
Il Bundesarbeitsgericht, il tribunale federale del lavoro, ha dato ragione ai giovani: nell’agosto del 2006 era entrata in vigore la legge che equiparava tutti i lavoratori, proibendo ogni discriminazione in base al sesso e all’età, ma, volutamente, ci si era «dimenticati» del paragrafo 26 che regolava i giorni di ferie. «Un trentenne non è meno in forma di un ventenne, e neanche per un quarantenne si può parlare di problemi fisici in rapporto all’età», sono stati espliciti i giudici. La differenza di trattamento, insiste il tribunale, tradisce una vecchia mentalità secondo la quale «le vacanze siano quasi un premio che vada meritato», invece di essere un semplice diritto uguale per tutti. I sindacati e lo stato sembrano preoccuparsi della salute dei lavoratori, ma questo può valere per i dipendenti oltre i cinquant’anni, e sempre in rapporto alle effettive condizioni individuali. La sentenza vale, ovviamente, anche per le imprese private. Tutti i patti aziendali che non rispettano la parità dei lavoratori sono dunque nulli. E salirà di conseguenza il costo del lavoro. E le grandi società saranno costrette a nuove assunzioni. Ogni giorno di vacanza in più peserà sui bilanci pubblici: i comuni, per esempio, dovranno concedere 1,6 milioni di giorni supplementari, con un costo di 250 milioni di euro. Il tribunale ha precisato tuttavia che non si ha diritto a recuperare i giorni ingiustamente tolti a partire dal 2006. Le ferie vanno prese entro il 31 marzo dell’anno successivo, altrimenti si perdono.