Marco Neirotti e Mimmo Gangemi, La Stampa 16/1/2013, 16 gennaio 2013
QUESTO CRANIO S’HA DA RESTITUIRE?
[Il “Lombroso” di Torino è deciso a tenersi il teschio del pastore calabrese Giuseppe Villella Il direttore Montaldo: “Non è un ricordino, è un pezzo di storia delle scienze, errori compresi”] –
Rubò cinque ricotte nel parco del ricco. Era il 1843. E 170 anni dopo, il pecoraro calabrese Giuseppe Villella, ladro recidivo morto nel 1864 nel carcere di Pavia, «torna» nelle aule di giustizia con vesti diverse: patriota contro l’invasione coloniale di Garibaldi, disgraziato che merita pietoso funerale, reperto scientifico per la storia dell’antropologia. Quel che resta di lui, cioè il suo cranio, è al Museo Lombroso di Torino, dedicato allo studioso che su di lui eseguì l’autopsia, fondante per ricerche e teorie sull’atavismo criminale. I revisionisti del Risorgimento ne fanno emblema del «nazismo» sabaudo contro i meridionali, il sindaco del suo paesello, Motta Santa Lucia, lo reclama come figliolo, il consiglio comunale di Torino vota una mozione per restituirlo, ma non lo può fare perché la testa di Villella è dell’Università cui appartiene il Museo. Il Museo aspetta quel che deciderà la Corte d’Appello il 5 marzo.
Il consiglio comunale di Torino ha simbolicamente «sdoganato» il brigante, mozione votata da metà consiglio con l’altra metà astenuta (sindaco Fassino compreso). Il direttore del Museo, il professor Silvano Montaldo, non si scompone: «Ne prendiamo atto, con rammarico, ma aspettiamo il pronunciamento dopo che è stato accolto il ricorso presentato dall’Avvocatura dello Stato».
Scusi, professore, e tenervi gli studi di Lombroso insieme con un calco? «Non è un ricordino, è un reperto [con la data dell’autopsia scritta allora con il lapis sull’osso, ndr], custodito in base al Codice dei Beni culturali». Va da sé che non lo studiate di nuovo, è superato: «Non lo studiamo di nuovo, comunque non certo per apprendere il presente.
Ma è un pezzo di storia delle scienze, errori compresi. Ce ne sono pochi al mondo, uno è il cervello sul quale lavorò Paul Broca, custodito a Parigi». E dopo Villella?«Sarebbe un precedente inquietante per la protezione dei Beni culturali. In base a questo principio si potrebbero svuotare i musei».
Gli fa eco l’International Council Museums, che elenca articoli del Codice: «Le collezioni anatomiche, quando entrano in un museo, acquisiscono uno status nuovo e diverso rispetto a quello originale di cadaveri umani: sono beni tutelati e la loro dispersione sarebbe la negazione di ogni etica museale». E poi: «La restituzione dei resti, non consentita dal Codice, disperderebbe del tutto una memoria, certamente dolorosa, che fa parte della travagliata storia del nostro Paese».
C’è tutto e di più in questa vicenda, l’unico elemento vago resta la biografia del ladro di ricotte, cacio, pane e capretti, nonostante le accurate indagini di una ricercatrice dell’Università di Padova, Maria Teresa Milicia, su scarni documenti dell’epoca. Due anni fa, a Torino, mentre si preparavano i festeggiamenti per l’Unità d’Italia, sfilò un corteo che, al grido di «Lombroso razzista, Mazzini terrorista», deponeva fiori sotto il cartello che indica il Museo. E Domenico Scilipoti (allora Idv, prima della folgorazione sulla via di Arcore) presentò un’interrogazione parlamentare per la cancellazione di Lombroso dalla toponomastica nazionale (arrivando secondo dopo podestà fascisti e truppe naziste armati contro la memoria del medico ebreo).
Villella è insieme una questione di principio, un grimaldello contro il criminologo nato a Verona nel 1835, morto a Torino nel 1909, perfino contro l’Unità d’Italia, o solo uno sventurato defunto? Alla richiesta presentata da Comitato No Lombroso e Comune di Motta Santa Lucia con il sindaco Amedeo Colacino, il Tribunale di Lamezia Terme con ordinanza del 3 ottobre 2012 ha disposto la «restituzione». Al cranio quale testimonianza degli errori di Lombroso, il giudice Gustavo Danise replicava che il ragionamento «darebbe corpo all’ipotesi per cui un individuo che per errore giudiziario sia condannato alla pena della reclusione per numerosi anni, sia lasciato in carcere quale testimonianza degli errori che può commettere la giustizia statale».
L’Università degli Studi e il Museo hanno presentato ricorso e la corte d’appello l’ha accolto: «È meritevole di tutela l’interesse dell’appellante, atteso che l’esecuzione dell’ordinanza impugnata, che accoglie la domanda volta ad assicurare la tumulazione del cranio di Villella, appare pregiudicare gravemente l’interesse dell’Università appellante». Udienza il 5 marzo. Sul sito «No Lombroso», il teschio gioca d’anticipo: «Grazie per avermi liberato».
MA È ORA DI DARE SEPOLTURA AGLI ORRORI DI QUEL MUSEO –
La fossetta occipitale mediana, riscontrata nel cranio del brigante Villella - brigante molto presunto, essendosi distinto per furti di ricotte, di pezze di formaggio e di capretti - divenne per Cesare Lombroso la caratteristica strutturale che avvalorava la teoria del delinquente per nascita, dell’atavismo criminale. Lo studio diede a Lombroso gloria in vita, e derisione postuma quando esso fu bollato inconsistente e privo di fondamento scientifico. Ma causò preconcetti nei confronti dei meridionali, giudicati geneticamente inferiori, dimentichi, i detrattori, che quel popolo dissertava di filosofia e del teorema di Pitagora quando altrove vestivano pelli di orso e tracciavano sulle pareti delle caverne i contorni di un montone.
Sono ragioni bastevoli per eliminare le tracce di un’idea che ha lasciato sulla gente del Sud un discredito e un odio razziale basati su niente, che ha rallentato il senso di patria comune e contribuito ad alimentare rigurgiti di secessione e di razzismo. È pertanto doveroso sia dare sepoltura a Villella, e a ciò che ha rappresentato per troppo tempo il suo cranio esposto, sia al museo degli orrori - oggetto di una recente e costosa ristrutturazione e da poco aperto al pubblico, dopo essere stato disponibile ai soli studiosi - sia all’immeritata fama di un medico folle, sia alle strade a lui intitolate, persino nel Sud vilipeso, dove dovrebbero affrettarsi a passare una pesante mano di vernice nera sulla targa di un uomo che non merita onori.
La vicenda potrebbe diventare spunto per riscrivere la storia, osservandola anche dall’ottica dei vinti, e rendere ufficiale che il brigantaggio fu spesso guerriglia per fedeltà alla patria perduta, che la legge Pica giustiziò innocenti, che il Sud fu una conquista, a volte sanguinaria.
Mantenere invece le testimonianze delle strampalate tesi lombrosiane soccorre chi ha interesse a conservare certe tare e fornisce spunto per sottili insinuazioni - testuale da Marco Travaglio a Servizio pubblico giovedì u.s., riferito a Cesare Previti, reggino: «Facile scambiarlo per un buon avvocato, se non hai letto Cesare Lombroso»; forse non intendeva il senso letterale, e però… A riguardo, è illuminante che la Lega Nord abbia votato no alla mozione presentata in consiglio comunale a Torino per la restituzione delle spoglie trattenute nel museo Lombroso.