Alessandro Barbera, La Stampa 16/1/2013, 16 gennaio 2013
IL REDDITOMETRO DELLE POLEMICHE ESISTE DAL 2010
[Per Berlusconi lo strumento “spaventa i cittadini” Ma Monti: è stato voluto dal suo governo. Chi ha ragione?] –
Che cos’è il «nuovo redditometro»? Una misura «doverosa», introdotta dice Monti - «da chi ci ha preceduto, e che ha punteggiato come una bomba ad orologeria la strada del governo» fino al punto da convincerlo a «valutare» se toglierla? O uno strumento «snaturato» dall’attuale esecutivo e che oggi (Berlusconi dixit) «spaventa i cittadini» perché fatto di «cento voci di spesa»? La campagna elettorale è la madre di tutti gli equivoci. La prima versione dello strumento che a marzo entra in vigore risale al 1973. Lo vara in piena austerity il quarto governo Rumor, subito dopo il sì al primo condono fiscale di massa. Lo strumento verrà modificato più volte fino al 2010. È il 31 maggio: la situazione dei conti pubblici è difficile e il governo Berlusconi, dopo molti condoni, prende atto che la lotta all’evasione è diventata una soluzione imprescindibile. L’articolo 22 del decreto 78 si intitola così: «Aggiornamento dell’accertamento sintetico». Il consiglio dei ministri, su proposta del ministro Tremonti, approva una norma che permette al Fisco di scoprire «gli elementi identificativi della capacità contributiva». In sostanza, la attrezza di armi moderne contro l’evasione. La risposta alla prima domanda è dunque semplice: il nuovo redditometro - approvato il 4 gennaio di quest’anno dal governo Monti è in realtà una misura voluta da Berlusconi rimasta inattuata solo perché nel frattempo, a novembre 2011, il suo governo aveva rassegnato le dimissioni.
Ancor più interessante è la risposta alla seconda domanda: il redditometro che il governo Monti ha definitivamente approvato è diverso da quello normato da Berlusconi? L’ex ministro Brunetta sostiene che sarebbe stato «snaturato», perché quello che avrebbe dovuto essere uno strumento «personalizzato» ora sarebbe diventato «statistico-induttivo» (attenzione al termine), e permetterebbe al grande fratello fiscale di dichiarare chicchessia evasore solo perché fuori delle medie Istat di una certa città, o di uno degli undici nuclei familiari presi a modello dall’Agenzia delle Entrate. Eppure il decreto 78 del 2010 parla chiaro: «La determinazione sintetica può essere fondata sul contenuto induttivo di elementi di capacità contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza». In breve: il redditometro approvato da Monti rispetta in tutto e per tutto i principi della legge voluta da Berlusconi.
Infine: è possibile che la legge permetta in ogni caso di trattare da evasore e chiamare un contribuente a dimostrare delle spese sostenute di fronte agli ispettori fiscali solo perché non avrebbe rispettato medie alla Trilussa? Anche in questo caso basta scorrere il decreto Berlusconi-Tremonti: «La determinazione sintetica del reddito è ammessa a condizione che quello accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato». Per intendersi: l’Agenzia delle Entrate potrà sì applicare medie per stabilire il reddito presunto (ed evaso) del signor Rossi, ma dovrà preventivamente aver accertato che, a fronte di un reddito dichiarato di - ipotizziamo - 100mila euro lordi annui, ne ha spesi 120mila. A quel punto gli ispettori avranno «l’obbligo» (così recita la legge) di chiamare il soggetto preso di mira per chiedergli conto di quelle spese. La legge Berlusconi-Tremonti ha stabilito che tutto questo avvenga 35.000 volte l’anno. Sono meno dello 0,1% dei 40 milioni di contribuenti italiani.