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 2013  gennaio 15 Martedì calendario

GRECO CAMBIA GENERALI MA DELUDE IL MERCATO

[Dopo mesi di rincorsa il titolo cede il 3%. Numeri in linea con le attese. L’ad: «Obiettivi seri, governance meno opaca»] –
Cambiare prospettiva, rom­pere con il passato. O, come ha detto il «group ceo» Mario Gre­co, «riportare Generali a una forte profittabilità e superare il suo tallone d’Achille: una go­vernance opaca». La filosofia del nuovo piano della compa­gnia assicurativa al 2015, pre­sentato ieri a Londra, ha in sé qualcosa di rivoluzionario. Ma la rivoluzione di Greco è dolce. L’unico «giacobinismo» è il classico (e conservatore) focus sul core business, a partire dai mercati più promettenti come l’Est Europa e la Cina.Forse per questo il mercato ha reagito a dir poco con freddezza: -3% a 14,1 euro. Troppo prudenti le stime e troppo ghiotta l’occasio­ne per prendere profitto sui re­centi rialzi: dall’insediamento di Greco in agosto il titolo aveva guadagnato il 41,7 per cento.
Greco ha puntato sul rafforza­mento della solidità patrimoniale: Solvency I ratio al 160%, risultato operativo sopra i 5 mi­liardi, 2 miliardi di cash flow, un Roe del 13% (dal 10%) e un ra­ting «AA» più elevato di un gra­dino. Le cessioni degli asset non core (a partire da Bsi e Ge­nerali Usa) dovrebbero portare 4 miliardi di capitale regolamentare. Il tutto si compendia con un aumento della quota di risultato operativo Danni sul totale al 50% (dal 35%) e con 600 milioni di risparmi sui costi sen­za tagli al personale. Ci saranno soddisfazioni anche per gli azionisti: «Non prevediamo di ridur­re il dividendo», ha chiosato Greco. Il pay­out dovrebbe attestarsi al 40% degli utili.
Allora dov’è la rivoluzione? E perché non si è tradotta in un rialzo? Partiamo dai giudizi de­gli analisti più generosi, cioè Merrill Lynch e Deutsche Bank che hanno un «buy» su Genera­li. L’obiettivo di 5 miliardi di ri­sultato operativo non è molto distante dai 4,4 miliardi stimati per il 2012 dal­l’istituto tede­sco. Così come una Solvency del 160% non si di­scosta molto dal­l’attuale 155%. Insomma, escluso l’acquisto del restante 24% di Ppf da Petr Kell­ner a fine 2014, Generali impie­gherà le r­isorse delle dismissioni per ottimizzare il debito. Op­pure, e questo Greco l’ha fatto capire («sono target seri e rag­giungibili, spero di superarli»), il Leone ha sottostimato il suo potenziale per sorprendere il mercato a fine piano. Un altro merito se l’è attribuito diretta­mente il ceo: aver evitato l’au­mento ricorrendo ai bond per­petui per pagare il 25% di Generali Ppf. «Chiederemo agli azio­nisti soldi per operazioni di svi­luppo e non per i debiti».
Se si lasciano da parte i nume­ri, forse si comprende la vera ce­su­ra fra Greco e i suoi predeces­sori. «Finalmente hanno fatto quello che chiedevamo anni fa: hanno preso i best men», ha commentato Davide Serra, nu­mero uno di Algebris ed ex pro­ta­gonista di battaglie assemble­are, alludendo al completa­mento del management com­mittee con il cio Nikhil Sriniva­san ( ex Allianz) e con il coo Carsten Schildknecht (ex Deut­sche Bank). «Ora ci sono dieci persone che valutano una pro­posta di investimento», ha det­to Greco circa la nuova governance. Non ci sono più zone d’ombra: lo dimostra la scelta di passare al controllo diretto del 38% detenuto nella russa Ingosstrakh. «Faremo il massimo per valorizzare gli asset di Gene­rali a copertura delle passività della clientela». Sembrano fra­si fatte, ma c’è in nuce tutto Greco: non contano le «relazioni» ma il ritorno per gli azionisti.