Rita Di Giovacchino, il Fatto Quotidiano 15/1/2013, 15 gennaio 2013
IL BRIGATISTA CHE BATTEVA A MACCHINA LE LETTERE DI MORO
[Prospero Gallinari se ne va con i suoi misteri, dissero che fu lui a uccidere lo statista Dc, ma in tanti, compreso Mario Moretti, smentirono] –
Anche i capi delle Brigate Rosse muoiono. Il primo ad andarsene è stato Prospero Gallinari, aveva 62 anni e faceva l’autista. Nel 1988, nel carcere di Rebibbia, con i compagni aveva scritto: “La guerra è finita, lo Stato ha vinto”. Un vicino di casa lo ha trovato a terra, stroncato da un infarto sulla rampa del garage della sua abitazione, a Reggio Emilia, dove era tornato a vivere la sua seconda vita. Il garage fa da contrappasso in questa morte. All’alba di un’altra mattina, il 9 maggio 1978, in un altro garage, quello di via Montalcini, dissero che fu lui a uccidere Aldo Moro. Il presidente Dc, steso nel bagagliaio della Renault rossa, convinto di dover essere trasferito in un’altra prigione, accanto a lui soltanto Prospero Gallinari e Mario Moretti.
È LA PRIMA versione, ma subito scricchiola: a quell’ora, con il via vai di persone sulle scale, senza l’ombra di un cerimoniale, l’“esecuzione della condanna” in un miserabile contesto condominiale. Niente quadrava.
Quel delitto cambiava la storia d’Italia e loro lo avevano ammazzato come un cane. Gallinari e Moretti avevano vissuto in simbiosi con Moro 55 giorni di pensieri, discorsi politici, speranze di reciproca salvezza. Come era stato possibile? Poi la versione è cambiata, più volte. Non fu lui a imbracciare la Scorpio, era stato soltanto il suo carceriere. Che Prospero sia stato al fianco di Moro durante la prigionia è in realtà una delle poche certezze. Lo storico Mi-chele Gotor lo ha confermato: “Batteva lui le lettere”. È stato il confronto con un messaggio inviato alla sorella a rivelare che la versione dattiloscritta del Memoriale, presentava gli stessi errori ortografici e di battuta.
Sei stato proprio tu? A chiederglielo era il giudice Imposimato. “Così dicono”, rispondeva con un ambiguo sorriso. Puro e duro, mai un sospetto, né suo, né dei compagni. A smentirlo fu Mario Moretti nel libro intervista del 2003, scritto da Rossana Rossanda e Carla Mosca. La scenografia non era cambiata, siamo sempre nel garage di via Montalcini: “Sono stato io a sparare”, dice il capo della colonna romana. Con lui c’era Gallinari, ma anche il “terzo uomo”, Germano Maccari, brigatista di borgata, il famoso signor Altobelli, che a sua volta nel corso del Morter disse: “No, sono stato io”. Forse sperava in uno sconto di pena, fu condannato a 26 anni. Pochi giorni dopo, a 45 anni, fu stroncato da un infarto in cella. Resta il fermo immagine di Buongiorno Notte, il film di Marco Bellocchio, dove vediamo i brigatisti che si accomiatano affettuosamente da Moro, lui è convinto che stanno per liberarlo. Il film fa propria la versione di Laura Braghetti che raccontò di essere rimasta in casa e di aver capito che era finita dal rumore dei colpi di pistola.
LA TOPPA è sempre peggiore del buco, non avevano usato il silenziatore? Il presidente della commissione Stragi, Giovanni Pellegrino, dirà che la scena è reale, ma occorre spostarla a 4-5 giorni prima. Quello che è accaduto dopo nessuno lo sa. Quello che è accaduto prima Gallinari non l’ha raccontato neppure nel suo libro: Un contadino nella Metropoli, pubblicato da Bompiani nel 2006. Quasi la storia di un boy scout. Era nato nel 1951, a 14 anni era già iscritto alla Fgci, frequentava il circolo Gramsci con Franceschini e Ognibene, di lì nacque il gruppo dell’Appartamento. A 18 anni con il convegno di Pecorile fu tra i fondatori del Collettivo politico metropolitano, il primo nucleo delle Br. Poi misteriosamente se ne allontanò, con Moretti preferì seguire Corrado Simioni, fondatore dell’Hiperion, il Grande vecchio della centrale parigina. Curcio e Franceschini ne diffidavano, lo chiamavano l’Ingles come il falso rivoluzionario di Queimada, quello che incita alla rivoluzione e poi fa uccidere tutti. Ma nel 1973 tornarono all’ovile. “Non mi piaceva l’ambiente, praticavano il libero amore”, si giustificherà Prospero. Nel 1979 lo catturarono in via Latina con Mara Nanni , la nuova compagna. Un proiettile lo colpì alla testa, sul selciato rimase una stria di materia cerebrale, ma sopravvisse. Qualcuno racconta che si allontanò da via Fani in autobus, qualcun altro di averlo visto bruciare in un casolare di Rieti le carte di Moro. L’originale non è mia stato trovato e neppure le bobine registrate. Dicono che è stato un brigatista puro, non voleva essere definito terrorista. Ma i segreti li ha tenuti per sé.