Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 15 Martedì calendario

SUA ALTEZZA ZLATAN E L’INVIDIA DA CORTILE PER IL PICCOLO MESSI


Ahi, Sua Altezza (un metro e 95), quale bassezza. Nel fine settimana Zlatan Ibrahimovic scende in cortile e pronuncia le parole d’ordine non solo della giornata, ma di una stagione pressoché infinita, quella dell’infanzia. Andava così: si giocava, a calcio, con le macchinine, a tappo. Qualcuno vinceva. E rivinceva. Ci si disperdeva, digerendo il risultato, ma c’era sempre quello che doveva prenderla a modo suo, si avvicinava al trionfatore legittimo, s’incurvava e gli diceva: “Hai vinto, ma sei un nano” (più o meno quello che orde di comici sinistrati dicono a Berlusconi da quasi quattro lustri).
Eccolo qua, Zlatan Ibrahimovic, il prototipo assoluto del “lungo del cortile”. Parafrasando la frase più famosa della sua premiata autobiografia, finalista al Goncourt: «Puoi togliere il ragazzo dal cortile, ma non puoi togliere il cortile dal ragazzo». E lì Ibra è sempre rimasto, le mani sui fianchi, quando tutti se ne sono andati, non a invocare rivincite
(«Tanto Messi prenderà anche il prossimo pallone d’oro»), non a contestare l’esito, ma a riderne, creando battute su chi l’ha battuto («Leo non riesce a prendere del cioccolato da una macchinetta senza prima salire su una scala»). Accendete l’insegna con la scritta
“risate” o il pubblico si gratta.
La sparata di Ibra ha almeno due risvolti: uno soggettivo, l’incompatibilità nata a Barcellona tra lui e Messi; l’altro oggettivo, la diffidenza per il giocatore basso, che nasconde a volte l’ostilità per l’uomo basso in generale.
La prima si è consumata nel corso di una pessima annata in cui perfino nella testa di Guardiola si spense la luce e volle tentare l’impossibile accoppiata. Teoricamente il palo e il frullino sono una coppia d’attacco perfetta. Lo sosteneva Osvaldo Bagnoli che infatti vinse uno scudetto a Verona con Elkjaer (un metro e 83) e “Nanu” Galderisi, a cui Wikipedia attribuisce un centimetro in meno di Messi. Con quel soprannome ha sempre detto di aver convissuto amabilmente, anche se circola un video su YouTube in cui da allenatore dell’Arezzo gli piglia male e urla a un giornalista: «Tu non sei all’altezza!». Certo convisse con Elkjaer, ma erano personaggi in cerca d’allenatore, mentre Ibra e Messi bastavano e avanzavano a se stessi. Leo ha vinto tutto con una sola squadra, Zlatan è arrivato primo con cinque in tre Paesi (e saran sei e quattro se gli riesce anche con il Psg). In Champions brilla soltanto
l’argentino. Ai Mondiali farebbe meglio lo svedese, se avesse intorno la “celeste” invece di uno stormo di canarini. Erano la prova vivente che il calcio non è matematica e a volte 10+10 fa 9. Metti Messi da solo al centro dell’attacco e hai un dieci al quadrato. Ibra se ne andò e poi distillò fiele, raccontando che nello spogliatoio comandava don Leo, “U Curtu”. Che poi mi conferma Gaspare Mutolo, pentito di mafia ed ex scudiero di Riina: «Totò l’ha saputo dai giornali che quello era il suo soprannome, e chi mai si sarebbe azzardato a chiamarlo così in sua presenza? Ci moriva». Anche Ibra, infatti, dice dopo, dice adesso, che le strade sono divise e difficilmente s’incontreranno ancora.
Dovesse succedere, certo rimarrà la differenza di 26 centimetri e quattro palloni d’oro. Messi resterà un piccoletto («Passano gli anni, i mesi, e se li conti anche i minuti, è triste trovarsi adulti senza
essere cresciuti», cantava Fabrizio De Andrè). E allora? Vogliamo dar ragione a quei geni del Torino che han scartato sia Giovinco che Insigne perché troppo bassi? Cos’è stato, avevano ancora negli occhi le due stagioni d’oro di Pennellone Silenzi (un metro e 91)? Per lo stesso motivo la Roma allenata da Helenio Herrera bocciò Bruno Conti, recuperato dal vice Trebiciani dopo averlo visto in azione in un torneo per squadre di bar. E pensare che almeno sulla fascia il piccoletto è sempre andato forte: da Filippi a Fotia, il tappo salta (l’uomo) e la mette in mezzo. Dopodiché, come disse Paolo Rossi: «Basta spingere». Ma lui, benché un metro e 74, usava la testa meglio di Ibra.
Con l’attacco tascabile Romario-Bebeto ai mondiali del ‘94 il Brasile eliminò in semifinale proprio la Svezia, che schierava centrattacco Kennet Anderson, alto un metro e 93, guarda caso come Ibra. E se in cortile, invece di fare le parti, giocassero oggi “nanetti” contro “giandoni” su quale attacco scommettereste: Crouch-Ibrahimovic-Bendtner o Ribery-Messi-Miccoli? Vinca il migliore, ma che comunque nessuno poi vada da Ibra a dirgli: “Resti uno zingaro”.