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 2013  gennaio 15 Martedì calendario

L’IMMIGRATO SE NE VA


Abdellah e Khalid hanno comprato un piccolo autolavaggio a Rabat. Tre anni fa lavoravano a Torino in un’azienda di riciclaggio di pneumatici, per 25 euro al giorno. Con la crisi, il loro salario si è dimezzato e hanno preferito tornare in Marocco. Abdellah e Khalid sono i pionieri di un incessante movimento sotterraneo: la “fuga” degli immigrati dal nostro Paese. Qualche numero per capire: oltre 32mila stranieri si sono cancellati dall’anagrafe l’anno scorso. Altri 800mila sono sfuggiti al censimento 2011. Sono i nomadi del lavoro: migranti che fanno a ritroso il viaggio che li ha portati in Italia.
Il caso ha spinto il Financial Times
qualche giorno fa a titolare: «Gli immigrati abbandonano l’Italia colpita dalla recessione». Tra le testimonianze, quella di Sonia Fen, ristoratrice a Roma: «Moltissimi cinesi stanno tornando a casa». Il fenomeno in realtà non è nuovo e coinvolge buona parte del Vecchio continente.


Già nel giugno 2009, secondo il sito web Maghrebia. com, nelle strade del Marocco si notavano sempre più auto con targhe europee e nei primi mesi del 2009 gli arrivi in aereo di marocchini erano aumentati del 38%. Quanto alle rimesse, secondo il direttore del Tesoro, Zouhair Chorfi, già nel 2008 c’era stata una flessione del 2% e nel marzo 2009 del 15%.
La novità, tutta italiana, è che dal confronto tra i primi risultati del 15° Censimento della popolazione (4.029.145 migranti nel 2011) e la fonte anagrafica, oltre 800mila stranieri risulterebbero non più residenti nel nostro Paese. Dove sono finiti? «Attenzione — risponde Franco Pittau, coordinatore del dossier Caritas/ Migrantes — sussistono forti perplessità nell’accettare che gli immigrati siano diminuiti quasi di un milione, si è invece propensi a ritenere che le operazioni censuarie non abbiano raggiunto l’intera popolazione straniera presente sul territorio, sia per motivi logistici (basti pensare a chi vive in località remote), che psicologici (la reticenza degli immigrati alloggiati in ambienti disagiati e sovraffollati) o ambientali (preferenza dell’anonimato in un contesto di crisi economica, con rischio di disoccupazione e conseguente permanenza non autorizzata)». Non è tutto: «Molti immigrati — prosegue Pittau — pur avendo perso il lavoro e di riflesso il permesso di soggiorno sono rimasti in Italia irregolarmente, sfuggendo quindi all’ultima rilevazione censuaria». Insomma cautela sui dati del Censimento, più affidabile è rifarsi ai dati anagrafici.
Nel 2011, secondo la stima Istat, si sono cancellati dalle anagrafi italiane poco meno di 33mila stranieri. Ma anche questo è un dato parziale: molti immigrati, quando decidono di chiudere l’esperienza migratoria in Italia, non effettuano la cancellazione anagrafica dal comune di residenza. Un ultima fonte: si può sapere qualcosa di più delle “partenze nascoste” solo attraverso lo studio dei permessi di soggiorno scaduti e non più rinnovati a distanza di un anno. L’archivio del ministero dell’Interno fornisce indicazioni precise del fenomeno. Ebbene, i permessi di soggiorno validi al 31.12.2010 e scaduti a distanza di un anno sono risultati ben 262.688.
Insomma il fenomeno dei “viaggi di ritorno” è senz’altro in corso, ma sui numeri nessuna certezza. Una spia della possibile “fuga” dei migranti dall’Italia può venire anche dalla lettura delle rimesse: nel 2012, dopo cinque anni consecutivi di crescita, sono diminuiti per la prima volta i soldi spediti all’estero dagli stranieri presenti in Italia, da 7,4 a 6,8 miliardi di euro, con una flessione dell’8%. «Molti immigrati stanno lasciando in questi mesi il nostro Paese a causa della crisi economica — conferma il direttore della Fondazione Migrantes della Cei, monsignor Giancarlo Perego — prima arrivavano da noi dalla Spagna, oggi dall’Italia
vanno in altri Paesi».
È quanto accaduto a Mohamed Haddon, marocchino, in Italia dal 1989, muratore a Perugia, integratissimo con la sua famiglia di quattro figli e la moglie Fatima Zennir. Nel febbraio 2012, Mohamed (che nel frattempo aveva preso la cittadinanza italiana) è dovuto emigrare nuovamente, per colpa della crisi. Destinazione: Bruxelles. «L’idea che questi ragazzi e i loro genitori, innamorati dell’Italia, siano stati costretti a partire — dicono oggi i loro amici italiani — fa veramente male».
Ma chi sono i migranti che lasciano l’Italia? La Fondazione Leone Moressa traccia per
Repubblica
l’identikit: oltre la metà è europeo, il 17% ha origini asiatiche e il 12,2% è africano. Più di 19mila cancellazioni dall’anagrafe sono infatti state richieste da persone provenienti da Paesi europei, di cui oltre un terzo romeno. Tra gli asiatici che lasciano l’Italia, il 30,2% è costituito da cinesi e il 19,1% da indiani. Tra gli americani invece sono soprattutto i brasiliani (21,5%) a tentare altre strade fuori dal nostro Paese. In generale, sembrano lasciare l’Italia quelle popolazioni provenienti da Paesi in via di sviluppo, per i quali si può ipotizzare una propensione al rientro in patria, oltre che allo spostamento verso altri Paesi. Stando sempre alla fondazione Moressa, le cancellazioni a livello nazionale nel 2011 sono aumentate del 15,9% rispetto all’anno precedente. L’incremento di coloro che lasciano l’Italia riguarda tutte le nazionalità, escluse poche eccezioni in cui si è registrata una diminuzione delle cancellazioni: come nel caso dei migranti dal Bangladesh (-16,9%).
Le cause dell’abbandono? «Una spiegazione — sostengono alla Fondazione Moressa — va ricercata sicuramente nell’effetto che la crisi economica ha avuto sulle condizioni occupazionali degli stranieri. Tra il 2008 e il 2011, infatti, il numero di disoccupati immigrati è praticamente raddoppiato, con un incremento di oltre 148 mila unità (+91,8%), mentre quello degli italiani è aumentato di 267mila».