Filippo Ceccarelli, la Repubblica 15/1/2013, 15 gennaio 2013
CONVERTITI SULLA VIA DI MONTI COSÌ I CONTESTATORI DI SILVIO SONO TORNATI ALLA LUCE DI ARCORE
E AVVENNE che, mentre erano in viaggio e stavano per avvicinarsi a Monti, da loro stessi designato federatore dei moderati, all’improvviso li avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udirono una voce che gli diceva...
Ecco, si perdoni qui la parafrasi degli Atti degli apostoli (9, 3-4), ma a differenza di Saulo incamminatosi sul cammino di Damasco, i diversi esponenti del Pdl variamente folgorati sulla via del Centro hanno capito subitissimo che la voce del Padrone apparteneva al coordinatore, nonché tagliatore di teste, Denis Verdini; e quindi, senza aspettare nel buio i tre giorni di cui parla il sacro testo, e come ovvio ben guardandosi dall’astenersi da cibi e bevande, si sono riavvicinati a Berlusconi.
Più che riavvicinati, in realtà. Da Alfano ad Alemanno, da Quagliariello a Sacconi hanno cercato di far dimenticare, con altrettanta energia e intensità, ciò che avevano detto appena
uno o due mesi fa; e cioè, grosso modo, che del Cavaliere si poteva benissimo fare a meno. Anzi, era meglio. Le primarie avrebbero deciso a chi sarebbe toccata la guida del Pdl. E in ogni caso, come del resto sembrava aver solennemente deliberato lo stesso Berlusconi, si poteva contare e si doveva puntare su Monti.
Sennonché l’odierna politica, oltre ad aver tempi straordinariamente veloci, è eccezionalmente volatile, per non dire che alla tradizionale vocazione trasformistica s’è aggiunta la più ragguardevole quota di inganni, fatuità e sfacciataggine. Per cui
passi per il dietro-front del povero Alfano, al quale ieri Berlusconi è tornato a dire che vuole bene come a un figlio. L’impegnativa formula metaparentale risulta già attribuita e ritirata più volte, ma l’ultimo conferimento ha tutta l’aria di coronare un rito di sottomissione tipo quello cui si sottopose Enrico IV dinanzi a Gregorio VII a Canossa: senza insegne, a piedi scalzi, in veste di penitente.
Ma Alemanno? A novembre andava proclamando, benedetto sindaco: «Basta con le leadership carismatiche ». Berlusconi era un «ritorno al passato», non poteva «incarnare il
rinnovamento», né si potevano «tradire le speranze delle primarie», e così via. Bene. Per quanto i controlli di coerenza sia divenuti in Italia una pratica giornalistica ormai del tutto vana, curioso è leggersi il ponderoso saggetto, cinque cartelle in stretto «ideologese» (radici, prospettive, visioni «della vita e del mondo», addirittura) con cui l’ineffabile primo cittadino, previa l’indispensabile collaborazione dei Circoli della Nuova Italia, l’altro giorno ha ripreso a tessere le lodi del leader andava messo da parte: «L’unico in grado di aprire una prospettiva vincente per tutto il
centrodestra italiano».
Un modo ridondante di farsi perdonare, confermando l’ameno nomignolo di «Retromanno». Più suggestivo il tentativo espletato dal vicecapogruppo a Montecitorio Osvaldo Napoli, che in un attimo di sbandamento autunnale aveva richiamato, l’incauto, la «validità attuale» — ahiahi — dell’«atto di responsabilità e d’amore verso l’Italia», «il nobile gesto compiuto» da Berlusconi che dimettendosi aveva abdicato. Oh lesa maestà anche solo il pensarlo!
Guai ai tiepidi, agli incerti, ai dubbiosi.
Risuona ancora nelle loro
orecchie lo sfogo del sovrano in un ufficio di presidenza all’inizio di dicembre: «Pensate davvero che non abbia notato che mi avete lasciato da solo? Sono stanco, mi avete deluso tutti, mi avete abbandonato... Appena ho voltato le spalle mi avete accoltellato, adesso congiurate pure contro di me».
Per cui all’onorevole Napoli non pare vero di poter lanciare le più alte grida in lode alla tele-performance di Berlusconi, che «come san (!) Daniele era andato nella fossa dei leoni di Santoro e Travaglio, ma i leoni, all’improvviso, non avevano più i denti » grazie alla «straordinaria capacità comunicativa» eccetera.
Quindi si arriva ai «cattolici», pure loro caduti in tentazione: Quagliariello e Sacconi. Il primo aveva partecipato alla fondazione di uno strano aggeggio collettivo dal nome «Italia Popolare», specie di ponte lanciato dal Pdl verso il Centro. Il secondo era arrivato a sostenere che Monti era «il
nuovo De Gasperi». Oggi entrambi possono dire che in fondo lo diceva anche il loro Capo. Ma il problema è che loro non lo consideravano più capo. Così di colpo hanno scoperto che Monti non era De Gasperi e infatti il professore difetta nella difesa dei valori etici. Berlusconi invece è ok. E anche se lunedì scorso ha aperto sulle coppie gay, beh, la questione è più complicata e per chiarirla basta leggersi un certo documentone prodotto quando il fulmine era lungi dall’abbagliarli e la voce non gli parlava di posti in lista.