Piero Colaprico, la Repubblica 15/1/2013, 15 gennaio 2013
RUBY, IL PROCESSO NON SI FERMA NO DEI GIUDICI ALLO STOP ELETTORALE LEGITTIMO IMPEDIMENTO BOCCIATO
Era una «strategia del ritardo», prevedeva varie mosse: ieri è venuta a galla e si è dissolta in un colpo solo. La difesa di Silvio Berlusconi è andata a sbattere all’improvviso contro due scogli aguzzi. Uno è il collegio giudicante: «La richiesta di sospensione legata alla partecipazione alla campagna elettorale non può trovare accoglimento, atteso che non si rientra in alcuna delle ipotesi di sospensione obbligatoria o facoltativa tassativamente prevista dalla legge», dice chiaro e tondo la quarta sezione, dopo quattro ore di camera di consiglio, bocciando anche una richiesta «legittimo impedimento».
L’altro scoglio è il silenzio ingombrante di Ruby Rubacuori. Non erano stati gli avvocati dell’imputato per concussione e prostituzione minorile a volerla, anzi persino invocarla come teste e farla tornare dal Messico? E ieri Karima El Mahroug s’è presentata, con un po’ di broncio simil-sofisticato, ma Niccolò Ghedini ha preferito farla tacere per parlare poi di «una rinuncia amara». Persino Berlusconi, in tarda sera, a Sky, ha mentito su questo aspetto importante, sostenendo che è stata l’accusa a rinunciare a Ruby, e che comunque «il processo è tutto una comica, una farsa, un modo per diffamare una persona».
L’udienza di ieri rappresenta invece per l’ex premier una sconfitta secca, e una tappa negativa sia sotto il profilo giudiziario, sia sotto quello della credibilità. Certo, gran parte del Pdl insorge, a partire dall’avvocato Niccolò Ghedini, per il quale«il tribunale è entrato pesantemente nella campagna elettorale ». Il coordinatore Sandro Bondi si appella al Presidente della Repubblica per «garantire uno svolgimento democratico della campagna elettorale», mentre il segretario Angelino Alfano, parla di procura e giudici «accomunati» dalla «volontà di entrare a gamba tesa». Non poche le critiche scagliate contro il procuratore aggiunto antimafia Ilda Boccassini, che ieri s’era opposta alla richieste dell’accusa: «Berlusconi non è il segretario politico nazionale del partito, perché è Alfano, e non è nemmeno il candidato premier...». Tanto basta a Gaetano Quagliariello per paragonare il magistrato al leader del Pd Pierluigi Bersani («Ha usato lo stesso pretesto»). Anche un lungo editoriale del
Tg 4
se la prende con il procuratore aggiunto antimafia, che «non si è accorta che Berlusconi è uno dei protagonisti» del dibattito.
È indispensabile, però, ricordare a chi vuole capire come stanno davvero le cose un dettaglio giudiziario essenziale. Nella dialettica accusa-difesa sinora non erano entrati i verbali firmati da Ruby nell’agosto 2010 e pubblicati (quasi esclusivamente) da
Repubblica.
La Procura, rinunciando sin dalla scorsa estate a Ruby come teste, non li aveva «prodotti». E la difesa, con Ruby fisicamente a disposizione, ieri in aula era arrivata «al dunque ». Poteva tappare la bocca a Ruby in extremis in un solo modo: chiedendo che i verbali venissero acquisiti. E così è stato, e purtroppo
per la difesa questi verbali diventano leggibili - sinora non lo erano - anche dal collegio giudicante.
«Purtroppo» lo si usa perché sono verbali devastanti nella loro dinamica. Era stata Ruby, che aveva 17 anni, a fare ai magistrati, del tutto ignari, il nome di Berlusconi, citandone i regali e i soldi ricevuti. Aggiunge che «dopo la cena - ed era la prima volta che andava ad Arcore - Berlusconi mi ha proposto di scendere presso il Bunga Bunga (...) Anche se non ha mai esplicitamente parlato di rapporti sessuali non era per me difficile intuire che mi proponeva di fare sesso con lui. Io ho detto di no e che volevo tornare
a casa». Sempre in quei verbali Ruby racconta che «Mariysthell Polanco, Barbara Faggioli e Nicole Minetti dispongono di appartamenti a Milano Due, di cui il Presidente paga in dono cinque anni d’affitto: tale proposta venne fatta a me da Berlusconi il quale in quell’occasione scoprì per l’appunto che sono minorenne e priva di documenti. In quella circostanza, poiché io gli avevo detto falsamente di essere egiziana, Berlusconi mi propose di farmi passare per nipote del presidente Mubarak».
Nonostante questo materiale, i pubblici ministeri avevano preferito non fidarsi e indagare. Mossa azzeccata: come sa chi ha seguito il processo, quegli antichi verbali coincidono con molte testimonianze e con molti risultati delle indagini. Risultati che avevano portato la procura nel gennaio 2011 ad accusare l’ex premier di concussione e prostituzione minorile e il processo era cominciato - e non va scordato - il lontano 6 aprile 2011. Adesso è alle battute finali: Ghedini, che forse sa meglio del suo cliente, com’è andata in aula, chiedeva, o sperava, il «legittimo impedimento perenne». E, ha detto, lo riproporrà.