Giuseppe Culicchia, La Stampa 15/1/2013, 15 gennaio 2013
VENDITE VOLANTI E TESTI A NOLO I LIBRAI RISPONDONO ALLA CRISI
A Torino in via Onorato Vigliani, quartiere Mirafiori, la libreria Takuma ha deciso di fronteggiare la crisi noleggiando i libri. Un giorno, un euro; una settimana, quattro; due settimane, sette. A Milano invece la storica libreria Hoepli, sei piani nell’omonima via dietro il Duomo e quasi un secolo e mezzo di storia, ha appena messo in cassa integrazione a rotazione per tre mesi i circa sessanta dipendenti. E a Roma? La libreria Bibli a Trastevere, che nel 1995 fu tra le prime in Italia a dotarsi di una caffetteria e che a metà 2011 ha dovuto arrendersi causa sfratto, da quasi un anno ha ottenuto un nuovo spazio dal Comune. Tuttavia non ha ancora riaperto: ristrutturarlo costa quasi un milione.
Stefania Monea della Takuma presidia un avamposto: «Mirafiori si sa è un quartiere di frontiera, da sempre accanto alle novità trattiamo scolastica e usato. Tenere aperto non è mai stato facile, ma la crisi sta picchiando duro. A Natale ho visto clienti affezionati rinunciare all’acquisto per via del prezzo di copertina. Così, quasi per gioco, ci è venuto in mente di noleggiare i libri». E cosa è successo? «Beh, sono venuti a trovarci in tanti. Il primo libro affittato è stato quello di Gramellini. Poi i romanzi della Oggero e di Wilbur Smith. Giusto ieri un ragazzo ci ha chiesto Se questo è un uomo : deve leggerlo per la scuola, conta di restituirlo in due giorni». E i diritti d’autore? Stefania mi rassicura: «Se il libro piace, poi lo comprano. Con Gramellini e la Oggero è successo». Smith se ne farà una ragione, gli eredi di Levi possono ancora sperare.
A Milano Stefano Boeri, assessore alla Cultura, è fresco reduce dal brindisi di commiato della libreria Utopia di via Moscova, fondata nel ’77 dagli anarchici del circolo Ponte della Ghisolfa e frequentata tra gli altri da Consolo e De André: negli ultimi tre anni gli incassi erano scesi del 30%, la prospettiva è riaprire a febbraio a Città Studi. Intanto però hanno chiuso la Rovello, libreria antiquaria aperta nel 1893, e la Libreria di Brera. «Non è un fenomeno nuovo. Chi conosce Milano ricorda l’Einaudi in Galleria Manzoni e la Cortina, sparite diversi anni fa. Oggi fa riflettere il fatto che le librerie indipendenti chiudano nella città dove si producono e si vendono più libri in Italia, malgrado abbiano saputo specializzarsi e curare il rapporto con i clienti». Le ragioni? «A parte la crisi, gli affitti eccessivi. Quelli residenziali sono calati, i commerciali no. Milano al piano terra si sta svuotando». Che può fare l’amministrazione? «Cercare di calmierare il mercato con bandi pubblici, affittando spazi comunali con il 40% di sconto. Stiamo mappando la città, centro compreso, per individuare i luoghi più adatti. Ma vanno affrontati anche altri temi: gli incentivi alla lettura, la polifunzionalità delle librerie. Negli Usa si è pensato a spazi per bambini e circoli di lettura. Bisogna offrire altri servizi, oltre alla vendita». Farlo intendere ai teorici della redditività a metro quadro non sarà facile. Un tempo a Torino i librai si lamentavano del Salone del Libro, oggi i loro colleghi milanesi fanno lo stesso con Bookcity. «È stato un evento popolare, ed è questa la strada per recuperare lettori. Proprio a Bookcity con Umberto Eco abbiamo proposto agli editori di adottare le biblioteche civiche: per le librerie di quartiere dovrebbero diventare punti di riferimento nei quali organizzare incontri e coinvolgere i ragazzi delle scuole. Per superare la crisi, editori, librerie e biblioteche devono allearsi».
A Roma Gabriella Magginelli, fondatrice di Bibli con Agnese Andreoli, racconta: «Quando abbiamo dovuto chiudere la sede di via dei Fienaroli, ormai un anno e mezzo fa, abbiamo chiesto al Comune di aiutarci a trovare un altro spazio. E alla fine ce l’hanno assegnato: 400 metri quadri in via San Francesco di Sales, con un giardino stupendo, per un affitto di soli 39 mila euro l’anno». Peccato per il tetto in Eternit. «Il restauro e il rifacimento del tetto costano circa un milione. E certo non è possibile far fronte a una spesa simile vendendo libri o aprendo un caffè. È un peccato: la Bibli era una casa aperta a tutti».
Sempre a Roma, Monica Maggi è diventata una libraia volante. «Per due anni e mezzo ho avuto una libreria nel centro commerciale di Morlupo, Roma Nord», mi spiega fuori dal Radio Wuonz Club di via Nemorense, dove ha organizzato un reading dedicato a Pasolini. «Per me era un sogno. Ma poi ho dovuto fare i conti col prezzo imposto e la necessità di un magazzino. Organizzavo incontri, laboratori. Non è bastato. Per non venire travolta dai debiti ho dovuto chiudere». Addio libreria. Anzi no: «Mai rassegnarsi. Mi sono detta che se non riuscivo a pagare affitto e bollette, potevo caricare i libri sull’auto: oggi che la gente non va in libreria, è la libreria che deve andare dalla gente». Messa in piedi un’associazione culturale, Monica ha iniziato a girare per Roma inventandosi iniziative in posti insoliti, dalla gelateria al Tuscolano al fioraio dei Parioli. «Organizzo concerti con letture di poesie, salotti letterari, proiezioni, degustazioni. La mia formula anticrisi? Abbattere i costi. Non devo più pagare né affitto né luce, ho un’auto a gas e un telefono che mi permette di fare l’ufficio stampa di me stessa e dei locali a cui mi appoggio. E un blog, Libra 2.0». Inventiva e fiducia, insomma.
Gli stessi ingredienti che a Napoli, dove pochi mesi fa ha chiuso la storica libreria Guida Merliani (ventimila euro al mese d’affitto non trattabili, inutile mobilitazione del quartiere del Vomero, lunghe code di clienti al momento della vendita fallimentare dei libri), usa Raimondo Di Maio, della Dante e Descartes. «Noi abbiamo aperto nel 1984 con l’idea di proporre cultura anziché bestseller e di cercare lettori anziché consumatori, specializzandoci in letteratura del ‘900 e cultura meridionale, libri esauriti e rari. Napoli è città con biblioteche private straordinarie, solo ieri in una casa ho trovato tutte le annate della Critica di Croce». Per il signor Di Maio, però, non c’è solo la crisi: «È un problema di sistema. Messaggerie ha chiuso i magazzini di Napoli e Roma e per ricevere certi titoli da Milano dobbiamo aspettare quindici giorni. Gli editori del Nord usano Napoli al posto del macero, da noi si fa remainder selvaggio. E poi l’occupazione militare degli spazi in libreria, con titoli di personaggi televisivi che nulla hanno a che fare con la letteratura. Noi da ragazzi per i libri rinunciavamo alle scarpe nuove, oggi gli universitari corrono a vendersi Heidegger non appena superato l’esame di Filosofia».
Ma non ci sono solo le librerie che chiudono. Di nuovo a Torino in via Di Nanni, Marcello Fassetta ha inaugurato la Borgo San Paolo il 1° dicembre scorso. «È presto per fare un bilancio, però il quartiere ci ha accolti bene». Ma perché aprire in questo momento? «Per rabbia nei confronti dell’appiattimento in cui viviamo. Ogni libreria è una voce in più, non si può solo e sempre parlare di soldi, tasse e crisi». Del resto, se uno non fosse un po’ idealista non farebbe il libraio.