Stefano Lorenzetto , il Giornale 13/1/2013, 13 gennaio 2013
HA INVENTATO UNA PIANTA CHE PUÒ RISANARE L’ITALIA
[«Sempreverde, cresce ovunque e senz’acqua: bovini e ovini ne vanno pazzi L’Usaid e le multinazionali la vorrebbero, ma io la cedo solo a Berlusconi»] –
Se Silvio Sanna giura d’aver trovato la panacea che in un colpo solo può sconfiggere la disoccupazione, sviluppare l’allevamento e l’agricoltura, frenare lo spopolamento rurale e montano, combattere il dissesto idrogeologico del territorio e aumentare il Prodotto interno lordo, bisogna credergli sulla parola. Non tanto per rispetto alla divisa da carabiniere che indossò per un trentennio, quanto piuttosto perché è riuscito a dimostrare nei fatti le sue teorie con una varietà vegetale che prima non esisteva, una pianta di sua invenzione, un prodigio della natura riconosciuto come «degno di nota» dal direttore generale della Ricerca della Commissione europea («per la ricaduta positiva che l’adozione su larga scala di questa coltura potrebbe avere sulla zootecnia», si legge nella lettera giunta da Bruxelles), già registrato dal ministero delle Politiche agricole e in procinto di ricevere il brevetto da quello dello Sviluppo economico.
Sanna sta per compiere 85 anni e non ha tempo da perdere. «Sono soltanto un misero disertore della zappa che soffre di “italianismo”. Vorrei tanto che il frutto di un lavoro solitario durato dal 1985 a oggi venisse goduto da tutti i miei connazionali. Perciò cerco un imprenditore che abbia senso degli affari, capacità d’innovare, esperienza politica e amore per la botanica. In una parola, Silvio Berlusconi, presidente operaio e giardiniere. Se prenderà in mano lui la mia creatura, sono sicuro che egli passerà alla storia più che come premier».
Si chiama Ruminosa florida . È una sempreverde perenne, inattaccabile dai parassiti, che prospera per dispetto sia in pianura che in montagna, a qualsiasi latitudine e su tutti i terreni, persino su quelli rocciosi. Non ha mai bisogno d’essere irrigata.D’estate resiste alla siccità e alle temperature di 40 e passa gradi.D’inverno non soffre neppure quando il termometro scende fino a meno 8. Mucche, vitelli, pecore, capre, cavalli e asini vanno pazzi per le sue foglie e i suoi baccelli, che ricrescono ogni tre mesi più rigogliosi di prima. Oltre a essere commestibile tutto l’anno, ha un valore nutrizionale sbalorditivo, con un’energia lorda del 35% contro il 23% dell’erba medica di buona qualità. Dove non ci sono animali al pascolo, in due anni raggiunge i 5 metri d’altezza e diventa un albero ornamentale di straordinaria bellezza, con una fronda di 4 metri di diametro efiori bianchi che d’estate sprigionano un profumo intenso e la fanno assomigliare a una palla di neve.
Per arrivare a questo risultato, Sanna ha lasciato l’Arma dei carabinieri a 50 anni e ha cominciato a battere Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Messico, Guatemala, Grecia, Turchia, Romania, Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, Tunisia, Marocco e Isole Canarie in cerca di sementi e talee. Poi ha compiuto infiniti esperimenti su oltre 130 varietà vegetali importate da questi Paesi e messe a dimora nella sua tenuta di Capoterra, vicino a Cagliari. Alla fine s’è concentrato su tre specie di Chamaecytisuspalmensis , due trovate in Oceania e una sulla costa atlantica del Marocco, dove viene chiamata Tagasaste . Gli anni successivi lo hanno visto impegnato con alacrità certosina in centinaia di incroci e innesti, fino a creare la Ruminosa florida . «Vorrei ricordare che la produzione agricola e la zootecnia concorrono a formare il 50% del Pil e che l’importazione delle carni rappresenta la seconda voce di passivo della nostra bilancia commerciale dopo il petrolio. Il mio ritrovato è in grado di rivoluzionare questo Paese», garantisce Sanna.
Se la previsione sia azzardata oppure no dovrebbe giudicarlo- fosse ancora al mondo - sua nonna, Rosa Serra, che era nata nel 1858 e passò la vita a tessere tappeti d’orbace, avvolta nel costume nuragico. Per voce popolare la vegliarda discendeva dai Giudici di Arborea, sovrani di Sardegna nel Medioevo, e manifestava doti di chiaroveggenza. Agli inizi del Novecento le sue ore trascorse al telaio cominciarono a essere scandite da una misteriosa litania«In s’annu coranta, / ascutai su chi nanta: / In su corantunu /no s’agatà prù nisciunu» - che soltanto nel 1941 poté essere decifrata come una tragica profezia dei lutti arrecati dalla seconda guerra mondiale: «Nell’anno ’40, ascoltate ciò che dicono: nel ’41 non si trova più nessuno». E infatti fu nel luglio 1941 che 220.000 soldati italiani cominciarono a partire per la Russia: ne sarebbero tornati a casa la metà.
Sta di fatto che da quando Sanna ha presentato la richiesta di brevetto per la Ruminosa florida , è inseguito dalle multinazionali sementiere, quelle del calibro di Monsanto, Dupont e Syngenta, per capirci. «Un gruppo con sede a Londra mi ha fatto una proposta a molti zeri affinché ceda il brevetto. Ma io non voglio che la mia pianta finisca in mani straniere. Non ho bisogno di soldi. Possiedo una casa e altre proprietà, riscuoto addirittura due pensioni, una dell’Inps e una dell’Arma, più che sufficienti per me e mia moglie. I nostri tre figli di 53, 52 e 48 anni hanno altri interessi e non possono occuparsi della Ruminosa florida . Perciò cerco qualcuno cui lasciare questo patrimonio di conoscenza affinché lo sviluppi su scala nazionale per il bene dell’Italia».
Com’è diventato botanico?
«Per necessità. Avevo un allevamento di 1.200 maiali, che dovetti abbattere a causa della peste suina africana. Restai disoccupato. Allora comprai 500 pecore. Dopo tre anni, mi accorsi che spendevo 96.000 euro per produrre latte e carne, incassandone solo 83.000. Questo perché nei terreni aridi l’erba verde poteva essere pascolata solo a partire da dicembre, e a patto che avesse piovuto a ottobre, ma nei mesi freddi aveva una crescita limitata. A maggio era già secca. Il ciclo diventava troppo breve. Irrigarla d’estate comportava costi esorbitanti. M’improvvisai ricercatore. Mi serviva una specie vegetale che si adattasse alla pastorizia».
Ma non era carabiniere?
«Lo sono stato per un periodo della mia vita e ho pure avuto una promozione per aver salvato a nuoto una donna di 25 anni che a Bari, dopo una visita dal ginecologo,s’era gettata nell’Adriatico in burrasca perché non poteva avere figli. Ma io nasco bracciante. Aiutavo mio padre a zappare i campi. La sera la mamma mi ungeva le mani col sego, tanto erano tumide, e io piangevo di nascosto per il dolore. A 16 anni fui assunto come garzone da un venditore di carbone, però ben presto mi licenziai per sottrarmi allo sfruttamento sessuale».
La insidiava?
«Non lui. Sua moglie Iolanda, una cinquantenne insoddisfatta. La sorella Luisa, una sessantenne zitella ma ancora piacente che origliava da dietro la porta i nostri amplessi, mi obbligò a fare lo stesso con lei. Alla fine scappai in miniera pur di sottrarmi al loro abbraccio soffocante. Dai 18 ai 21 anni fui il più giovane minatore di Montevecchio, mi calavo fino a 700 metri per estrarre piombo e zinco. Infine mi arruolai nei carabinieri».
Dove ha prestato servizio?
«In Sardegna, poi a Bari, Roma e Bologna. All’inizio fui destinato alla stazione di Urzulei, nell’Ogliastra. La caserma era priva di corrente elettrica e il gabinetto, posto in un cortile che dava sulla strada, non aveva la porta, sicché tutti avrebbero potuto vedermi. Spesi in anticipo il primo stipendio per procurarmi le assi di legno necessarie a costruirmi due battenti. Ero talmente affamato che una notte, mentre al cimitero piantonavo la salma di un suicida, mangiai le favette fresche raccolte fra le tombe. Ogni sera partivo per dare la caccia ai banditi a Orgosolo e Mamoiada. L’abigeato era il reato più diffuso. I ladri di bestiame ci accoglievano con mitra e bombe a mano».
Mi spieghi la genesi del nome della sua pianta. «In realtà io volevo registrarla come Siliqua sarda , ma il ministero dell’Agricoltura me l’ha bocciata perché è il nome di una località. Allora ho optato per Ruminosa, visto che è destinata all’alimentazione dei ruminanti, frorida , con la “r”, che in sardo significa fiorita .
Ma anche qui il ministero mi ha fatto storie, pretendendo che la chiamassi florida , con la “l”».
Com’è possibile che non abbia mai bisogno di bere?
«Ha un apparato radicale formidabile, che previene la franosità dei terreni e va a cercarsi l’acqua in profondità».
Perché la Ruminosa florida potrebbe salvare l’economia italiana? «Semplice. Oggi per allevare 500 pecore col metodo tradizionale occorrono pascoli estensivi di 70 ettari, a volte 100. La rendita oscilla dai 100.000 ai 120.000 litri di latte l’anno, pari a circa 80.000 euro. Con la Ruminosa florida sono sufficienti appena 12 ettari per produrre il medesimo reddito, anzi di più: le analisi degli agronomi e dei laboratori di ricerca dimostrano che, dando da mangiare alle bestie la mia pianta, la produzione di latte aumenta di un 30%. E sui restanti 58 ettari si possono coltivare orzo e avena, con un raccolto di 1.300 quintali l’anno e una rendita aggiuntiva di circa 40.000 euro».
A parole.
«Nei fatti. Provato sul mio terreno, che ad agosto mi è stato espropriato dall’Anas per farci una strada».
Ma quanto costa un esemplare di Ruminosa florida ?
«Un euro, se lei sa metterla a dimora da solo. Due, se deve farla piantare ad altri. I 12 ettari vanno suddivisi in 6 parcelle, ognuna delle quali viene pascolata a rotazione per 20 giorni. Quando le pecore hanno finito di brucare la sesta parcella, è già rifiorita la prima. Un ciclo continuo che non risente delle stagioni e rende superflue la transumanza e la monticazione, con grande risparmio sui costi.Non c’è più bisogno neppure delle scorte invernali di foraggio ».
Dimentica la manodopera.
«È inclusa nel conto economico che le ho esposto. Da dicembre a luglio bastano due persone in camice bianco che lavorano 6 ore al giorno per la mungitura. Da luglio in avanti è sufficiente il pastore che si occupa del gregge. L’incasso annuale su 12 ettari è di 100.000 euro, le spese ammontano a 56.000 euro, il guadagno netto diventa di 44.000 euro, cui vanno aggiunti i 40.000 euro ottenuti dai terreni non pascolati e seminati a orzo e avena. Non basta: da un gregge di 500 pecore nascono ogni anno almeno altrettanti agnelli, 350 dei quali si vendono a 50 euro l’uno. E sono altri 17.500 euro. Il che porta la rendita complessiva a oltre 100.000 euro ».
Ma quante piante vanno messe a dimora se si hanno a disposizione solo 12 ettari di terreno?
«Sessantamila».
Quindi serve un capitale di almeno 60.000 euro solo per le talee.
«Sogno un nuovo miracolo economico italiano, sono certo che esso è possibile in concreto: migliaia di piccole aziende zootecniche formate da giovani disoccupati su aree agricole di proprietà dello Stato, cedute in comodato d’uso.Oppure inaffitto.Basta che due persone formino una società in accomandita semplice per ottenere un mutuo fondiario decennale che consenta di pagare i 5.000 euro annui di canone per i 12 ettari. Il costo dell’impianto si ammortizza in poco tempo».
Ma se lo vede lei lo Stato italiano che concede terreni ai disoccupati in comodato d’uso, cioè gratis? «Per questo mi rivolgo a Silvio Berlusconi, un imprenditore, un uomo del fare, che è in grado di capirmi senz’altro più di Mario Monti, un professore, un teorico asservito alle banche. Adottando la Ruminosa florida su vasta scala, si darebbe un lavoro a migliaia di disoccupati, si ricostituirebbe il patrimonio zootecnico italiano oggi assai esiguo, si ridurrebbero le importazioni di carne, terminerebbe la dipendenza da fertilizzanti chimici e mangimi, si bonificherebbero le aree abbandonate del Paese scongiurando così il dissesto idrogeologico del territorio e la piaga degli incendi boschivi, si avvierebbe il risanamento del debito pubblico italiano».
Troppi miracoli per una pianta sola.
«Ah sì? Allora mi spieghi perché anche stamattina, di buonora, avevo alla porta Michael Benge, funzionario dell’Usaid, l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale che ha sede a Washington, il quale da molti mesi mi fa la corte affinché ceda a loro il brevetto della Ruminosa florida . Che mai vorranno farsene, i guardiani del mondo, di una pianticella creata da uno zappatore sardo che vive con le pecore?».