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 2013  gennaio 13 Domenica calendario

I PORNODIVI IN TRINCEA: «NO AL CONDOM OBBLIGATORIO»

[L’avvocato: «Una norma che lede la libertà di espressione»] –
Un attore porno che interpreta la sua parte indossando un condom è un po’ come un cantante che decide di esibirsi con la mano sulla bocca. In­somma, non è bello a vedersi. E nep­pure a sentirsi. Almeno così la pensa­no i magnati americani del cinema a luci rosse che ora rischiano di dover cambiare le lampadine per colpa di un referendum eccessivamente «pro­tezionistico ». L’industria del «ciak, si monta» ha infatti dichiarato guerra al­la contea di Los Angeles per l’obbligo all’uso dei preservativi per le star di quelle pellicole dove, più che le paro­le, contano i fatti.
I colossi del settore, tutti attivi (ma qualche volta anche passivi), nella San Fernando Valley californiana, Vi­vid Entertainment, Califa Produc­tions e alcuni «stalloni» (regolarmen­te contrattualizzati dopo una dura, durissima, gavetta), hanno fatto ricor­so davanti a una corte federale per­ché ritengono che la norma- approva­ta a novembre con un referendum in cui i sì prevalsero con il 56%- sia «inco­stituzionale e contraria alla libertà di espressione prevista dal Primo emen­damento ». E che pure le performan­ce pornografiche rientrino tra le for­ma di «espressione», non c’è dubbio alcuno. Provate voi ad «esprimervi» a certi livelli davanti a registri, aiuto re­gisti, tecnici, montatori (gli altri, non quelli addetti alla protagonista del film) che sembrano stiano lì solo per criticarti al primo calo di tensione.
«Non devi vincere un Oscar per es­sere protetto dal Primo emendamen­to », ha osservato Paul Cambria, l’avvocato che ha depositato il ricorso al­la Corte distrettuale di Los Angeles.
I «ricorrenti» sostengono che basta­no le regole che il settore si è auto-im­posto per proteggere gli attori contro l’Aids e le altre malattie veneree e che l’obbligo imporrebbe un costo inso­stenibile, spingendoli a trasferire al­trove le produzioni. Oltre all’uso del preservativo, infatti, viene imposto ai produttori di pagare una quota al Dipartimento per la Sanità della contea e di sottoporre gli attori a rigorosi controlli. In realtà lo scorso agosto una decina di casi di sifilide bloccò per settimane l’industria california­na del porno. Nel ricorso si sostie­ne inoltre che il referendum dello scandalo tratta una materia nelle competenze federali e quindi non può essere disciplinata a livello stata­le.
Dalla Fondazione per la lotta all’Ai­ds (la Aids Healthcare Foundation) si sono detti certi che il ricorso verrà respinto in quanto «il provvedimento non colpisce la libertà di espressio­ne ». Loro, i professionisti dell’erezione, non si preoccupano: «Facciamo test sanitari ogni 3 mesi. I preservati­vi non servono...».
La questione resta assai delicata.