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 2013  gennaio 13 Domenica calendario

TECNOMANI MANUALI

È stata una lunga giornata. Appena arrivato a casa dal lavoro, rimani impigliato nella maniglia della porta d’ingresso. Noooo, pensi, mi si è strappato il maglione fortunato, quello che la nonna mi fece con molto amore tanti anni fa. Allora apri il kit da cucito, e mentre prendi ago e filo improvvisamente compare la nonna che dice: «Ricorda quanto ti ho insegnato: ripara lo strappo ripetendo cuciture parallele alla sinistra e alla destra dello strappo». Bene. Finita la riparazione, dopo aver eseguito le istruzioni di cucito della nonna, vai in cucina. Cipolle, aglio, prezzemolo. Poni ogni ingrediente sul tavolo, e al tuo fianco si materializza la tua cara e vecchia amica Gabriella che soffrigge la cipolla per una zuppa di verdure. «Più aglio, più cipolla», ti dice. Tu ridi, mentre guardi la sua pentola piena d’acqua bollente sul fuoco. Che tipo Gabriella, pensi e procedi con la ricetta. Alla fine, riparato il maglione e mangiata la zuppa – saziati lo stomaco, il cuore e la mente – la tua giornata è risorta.
Vi stupirà sapere che nel precedente esempio né i consigli della nonna, né quelli dell’amica Gabriella sono "reali". Loro non sono veramente lì, ma sono il risultato del l’uso di un sistema per il riconoscimento delle tue azioni, realizzato su misura per te. Quanto di magico vi ha colpito nel l’esempio di prima però non proviene dall’uso di schermi touch o di superfici intelligenti, ma è scatenato da un sistema in grado di interpretare gli eventi che accadono nel tuo contesto familiare. A metà tra l’evocativo e il pedagogico, gli eventi e le azioni che il sistema riconosce sono infatti continuamente posti in connessione con pezzi della tua vita passata e presente. Riconoscere il fatto che tu stia maneggiando in un certo modo particolari materiali o ingredienti innesca i suggerimenti, e l’affiancamento, che persone del tuo passato o del tuo presente possono offrirti.
Ma perché dovremmo desiderare l’esistenza di un tale sistema? Perché nutrire alcuna ragionevole speranza nel fatto che le moderne tecnologie possano addirittura mettere in connessione i nostri ricordi e il nostro vissuto quotidiano con il sapere pratico, quando invece viviamo ricorrentemente l’esperienza di una società ove il digitale pare avere emarginato l’arte del fare? Sulla base di queste esperienze saremmo piuttosto pronti a giurare che le moderne tecnologie, e il consumismo basato su di esse, hanno definitivamente alterato i nostri valori tradizionali, e con essi anche le nostre competenze pratiche.
Ci permettiamo di dissentire da queste, pur ragionevoli, opinioni. In realtà, il lavoro manuale, anche quello di qualità come quello coinvolto nelle attività artigianali, non è scomparso, fortunatamente, piuttosto è stato sottoposto a un poderoso processo di cambiamento.
Importanti sociologi e studiosi, quali Sennet e McCullough, forniscono importanti argomenti a favore di questa posizione, salvo identificare addirittura nei moderni sviluppatori di software open source i veri artigiani della nostra era. Noi ci spingiamo più in là ancora, sostenendo che è in atto un vero e proprio rinascimento delle pratiche manuali (comprese quelle relative all’artigianato), come è testimoniato dalla nascita di un grande numero di gruppi e organizzazioni interessati a tali attività, sia al fine di occupare il tempo libero in modo creativo e utile, sia per offrire una risposta convincente e post-industriale alla rinnovata sensibilità dei consumatori verso la qualità dei prodotti. Le comunità di adepti che hanno in Etsy, Instructables e Ravelry i propri siti web di riferimento ne sono una limpida testimonianza. Tutto questo interesse per le attività manuali è spiegato dagli esperti con il desiderio di riconquistare il controllo delle proprie cose e dell’ambiente circostante. Riacquisire capacità manuali, infatti, significa riprendere confidenza con la bellezza del sapere fare bene, e da sé, cose la cui conoscenza era ormai perduta. Senza contare che l’abilità di smontare e riparare oggetti comporta anche sprecare meno, favorendo dunque processi sostenibili. Culturalmente poi, questo vuol dire intensificare le nostre relazioni col passato e con le persone che quei manufatti rappresentano. In poche parole, riapprendere competenze manuali non solo significa riconnettersi a una parte importante del nostro patrimonio culturale, ma anche mantenerlo in vita. Di questo e delle inedite relazioni tra la cultura digitale e le pratiche del fare quotidiano ha discusso un importante gruppo di studiosi internazionali, guidati da Daniela K. Rosner della Stanford University, che si è ritrovato lo scorso 11 dicembre a Bologna nel corso di un seminario internazionale organizzato da Angelo Varni, in qualità di presidente dell’Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali dell’Emilia Romagna.
Ma torniamo ora al maglione della nonna per farvi capire che gli esempi di prima sono già fin d’ora qualcosa di più che pura "science fiction", ma parte di sistemi software esistenti. Per esempio, il sistema Spyn sviluppato a Berkeley da Daniela K. Rosner, consente di associare messaggi digitali (canzoni, video...) a punti precisi sulla trama di un filato, mentre questo viene lavorato a maglia. Intrecciando momenti di vita e contenuti digitali con la lana, chi fa la maglia può trasformare guanti in diari di viaggio, cuffie in compilation musicali, maglioni in puzzles. Un altro sistema invece, Tortellini X-Perience (sviluppato a Bologna da ricercatori dell’Alma Mater), insegna come preparare un particolare tipo di pasta, i tortellini. Un riconoscitore delle azioni individua la posizione delle mani sul banco della cucina e aiuta l’apprendista cuoco a compiere le azioni giuste per fare ottimi tortellini.
Ciò che dovrebbe colpire il lettore, se ci ha seguito fino a questo momento, è che questi due sistemi sembrano le facce diverse di una stessa medaglia. Se li si considerano attentamente infatti, si comprende come Spyn sia stato ideato per esaltare le relazioni interpersonali (fare e poi regalare oggetti, aumentati di emozioni personali in forma digitale) a partire dalla pratica del lavorare la maglia. Mentre Tortellino X-perience si prefigge l’obiettivo di insegnare competenze relative a pratiche manuali (fare la pasta) con modalità ricavate delle relazioni interpersonali (come l’apprendistato in cucina o nell’artigianato).
Anche questo ci insegna qualcosa: se infatti vi è piaciuta l’idea della riparazione, assistita dalla nonna, del maglione strappato e della preparazione della zuppa di verdure con la ricetta della vecchia amica; e vi sono piaciute sia per il calore umano che infondono sia per la capacità di trasmetterci competenze pratiche, allora forse anche noi ricercatori, che abbiamo lavorato a Spyn e a Tortellini X-Perience, a Berkeley e a Bologna, dovremmo capire il vero punto della questione, ovvero che relazioni umane e pratiche manuali sono in fondo entità inseparabili. E forse il difetto di molte delle tecnologie digitali attuali, e più diffuse, è proprio questo. Provano a mettere in primo piano l’aspetto umano? E allora perdono il fuoco sulla possibilità di esserci concretamente e praticamente utili. Vengono, viceversa, pensate per esaltare gli aspetti manuali e pragmatici? E allora diventano fredde e poco umane. La sfida dunque è proprio questa: sviluppare tecnologie digitali che aiutino a svelare l’intreccio che esiste tra il profondamente e intimamente umano e le pratiche del fare, senza occultarlo. Se ci riusciremo, arricchiremo significativamente lo scenario culturale del nostro futuro.