Marco Sabella, CorrierEconomia 14/01/2013, 14 gennaio 2013
TRAMONTI D’ORO. COME ORIENTARE IL PORTAFOGLIO SE IL METALLO GIALLO NON BRILLA PIU’ AL MASSIMO
Con quotazioni che sono scese al di sotto dei 1.700 dollari l’oncia (1.657 alla chiusura di venerdì) e una performance annuale di appena l,4%, l’oro, secondo gli analisti, ha pressoché esaurito una spinta rialzista iniziata circa 12 anni fa. E a giudizio di grandi banche internazionali come Goldman Sachs e Société Générale, dal 2013 potrebbe iniziare un trend capace di portare le valutazioni stabilmente al di sotto dei 1.750 dollari l’oncia (Goldman Sachs) o addirittura ridimensionarle fino a 1.400 dollari entro il 2017 (Société Générale).
Questo lento tramonto delle fortune del principe dei beni rifugio, se verrà confermato, stride in maniera assordante con l’accelerazione dei prezzi che da ottobre del 2008 ha portato le quotazioni dai circa 700 dollari dell’epoca del crac della banca statunitense Lehman Brothers al massimo assoluto oltre 1.900 dollari del settembre 2011.
Cammino
In questi cinque anni di crisi economica e finanziaria, in altri termini, l’oro ha svolto la funzione di bene rifugio che ne giustifica la presenza in quote spesso non marginali nei portafogli degli investitori. Infatti ha protetto il capitale nei momenti di crisi e ha generato un profitto reale, visto che le quotazioni in cinque anni sono più che raddoppiate a fronte di un incremento dei prezzi che ha oscillato intorno al 2% all’anno. Un parametro importante, quello dell’inflazione, che gli investitori devono sempre considerare visto che il lingotto non stacca cedole e non paga dividendi, ma può solo apprezzarsi o deprezzarsi in termine di valore capitale. Le ragioni dell’oscuramento delle fortune dell’oro sono articolate. «La ripresa dell’economia americana — scrive l’analista Damien Courvalin di Goldman Sachs — potrebbe subire una accelerazione nella seconda parte dell’anno, soprattutto dopo che il Congresso ha saputo evitare la trappola del fiscal cliff». Per questa ragione, sebbene l’analista non escluda un rimbalzo temporaneo delle quotazioni fino a 1.825 dollari, il trend dovrebbe rimanere negativo, vista la diminuzione del rischio percepito dagli investitori, uno dei principali elementi che fanno da traino alle quotazioni dell’oro. «Per questo il consiglio è quello di vendere se i prezzi dovessero riportarsi verso quota 1.800 dollari», conclude l’analista. Anche la banca francese Société Générale, che ancora a fine 2011 prevedeva quotazioni superiori ai 2.000 dollari a 12 mesi ha fatto una brusca marcia indietro. E lo specialista del mercato dell’oro Robin Bhar, è arrivato a ipotizzare una diminuzione delle quotazioni fino a 1.400 dollari entro la fine del 2017, «con una caduta media dei prezzi di circa il 4% l’anno a partire dal 2013».
Scenari
Se questi sono gli scenari, parlare di investimento in oro può sembrare un controsenso. Eppure una piccola porzione di portafoglio merita, secondo gli esperti, di essere investita in questo bene rifugio. L’oro, infatti, tende a muoversi in controtendenza rispetto alle altre classi di investimento e proprio per questo svolge — e continuerà a svolgere — una funzione di stabilizzatore. Gli strumenti più pratici di cui dispone il privato per inserire l’oro all’interno del proprio portafoglio finanziario continuano ad essere gli Etc (Exchange traded commodities) che replicano le quotazioni dell’oro fisico o dei contratti futures sul metallo. Si tratta di strumenti molto liquidi, facilmente smobilizzabili, e che presentano costi di gestione assai bassi. Meno pratica l’opzione dell’acquisto diretto di oro fisico in piccoli lingotti oppure in monete. Una forma di investimento che solleva un problema di costi di custodia e di spese di transazione. Che in alcuni casi possono incidere anche del 3-4% sul valore complessivo dell’investimento in oro fisico.
Marco Sabella