Paolo Di Stefano, la Lettura (Corriere della Sera) 13/01/2013, 13 gennaio 2013
L’ANTIGALATEO DEL DUEMILA. UN LESSICO DI ECCESSI
La campagna elettorale che si è appena aperta sembra confermare, salvo eccezioni, quello che lo storico della lingua Vittorio Coletti, nel suo ultimo libro intitolato Eccessi di parole (Casati editore), chiama il «rovesciamento linguistico» della politica italiana del Duemila. Il rovesciamento consiste nel definitivo tramonto dei tabù linguistici e comportamentali, per cui atti e parole prima considerati sconvenienti sono stati «sdoganati» nel perimetro della politica e della pubblicistica, spesso con una valenza positiva, quali segni di stile diretto, scanzonato, nuovo. In questa prospettiva, la sobrietà di Monti non può considerarsi che una parentesi, appena corretta dall’informalità della comunicazione digitale, a cominciare dai tweet e dalle icone emoticon.
Coletti si sofferma, in particolare, sulla «rudezza espressiva» dei giornali di destra negli ultimi dieci anni e sul loro ripudio, simmetrico allo schieramento che rappresentano, del politicamente corretto, sentito strutturalmente come avverso, estraneo, di sinistra. È lo stile espressivo di «Libero», «La Padania», «Il Foglio», «Il Giornale», sui quali ricorrono lessemi un tempo banditi dal giornalismo politico che non fosse di impostazione dichiaratamente satirica («Cuore»). Coletti ne registra numericamente le occorrenze facendone lunghissimi elenchi: vedi merda, stronzo, puttanate, cazzate, cazzeggio, cagare, o espressioni come un beato cacchio, sinistra finocchiona, sputtanamento, paura fottuta, non s’è capito una mazza eccetera.
La ricorrenza di parole appartenenti all’area semantica scatologica o anatomica (con netta prevalenza delle parti basse) rivela l’intenzione di un parlare «sincero e schietto» che si oppone alle «vecchie» e sostanzialmente ipocrite buone maniere. Piaccia o no, è questa la vera innovazione espressiva del Duemila, che comporta anche una buona dose di (per lo più irridenti) invenzioni e neologismi: cattocompagnucci, eurocupezza, eurosbornia, vippaio, salottier-progressista. Non è un caso se questo stile spregiudicato, tipico del movimentismo di sinistra dei decenni passati, è diventato un marchio di successo dei grillini (zombie riferito a Bersani, o psico-nano malefico riferito a Berlusconi, Elsa Frignero, rigor Montis eccetera). Non solo. Il capovolgimento del galateo linguistico tradizionale si affianca a una nuova borsa dei valori lessicali che ha mietuto vittime illustri tra le parole storicamente ritenute di maggior prestigio ideale, il cui significato viene volentieri sovvertito o svuotato: rivoluzione (per esempio nella formula rivoluzione copernicana usata spesso da Berlusconi), Stato, popolo, cultura, democrazia. C’è da augurarsi che tanta fantasia ludico-linguistica lasci spazio finalmente a una fantasia più produttiva per il Paese.
Paolo Di Stefano