Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 13 Domenica calendario

PROVE DI CANNABIS LEGALE

Metti che un giorno ti trovi in una scuola secondaria. Aula magna. Sei lì come relatore. Metti che parli di mafie varie. Decine e decine di studenti ascolteranno i tuoi racconti sulla criminalità, omertà, latitanza e omicidi, insomma le solite (ma necessarie) storie. Ebbene, in quei momenti ti sarà facile suscitare applausi e ascoltare prese di posizione contro le mafie, senza se e senza ma. Dopo magari fai un giro attorno alla scuola e riconosci alcuni ragazzi che prima erano nell’Aula magna. Si stanno facendo le canne. Ti salutano: «Professo’, complimenti». So’ ragazzi, capita. Eppure, questo è il nodo: gli omicidi, le faide, l’inquinamento dell’economia sono la diretta conseguenza di quelle canne.
Quasi un paradosso: con le canne esibiamo uno sguardo da love and peace, ma per quella faccia un po’ così, nel retrobottega, i commercianti si stanno scannando. In un mondo ideale questo nesso (drammaturgico) sarebbe chiaro e magari ci daremmo da fare per vincere le nostre stesse tentazioni, ma, si sa, il mondo reale è più infame. Dunque, se ti rendi conto del conflitto, tocca prendersi delle responsabilità. O diventi proibizionista e tuoni non appena senti odore di erba, oppure allarghi un po’ le braccia e dici: vista e considerata la situazione opto per il male minore: la legalizzazione.
Ora, anche sulla scorta di famose inchieste dell’«Economist», la prima risale al 1989, la seconda è del 2009 (How to stop the drug), da tempo un articolato movimento d’opinione si sta muovendo per la legalizzazione. A giugno del 2011, 60 persone di varia estrazione (da Mario Vargas Llosa a Bernardo Bertolucci, Wislawa Szymborska, Jimmy Carter) hanno inviato una lettera aperta al Parlamento britannico per promuovere, appunto, politiche globali di legalizzazione. In Italia sostengono queste posizioni sia Umberto Veronesi sia Roberto Saviano, e da sempre i radicali.
Ultimamente, poi, un report molto dettagliato, stilato dalla Commissione globale sulle droghe (2 giugno 2011) ha messo in colonna un po’ di dati. I consumatori di oppiacei sono passati da 12,9 milioni (1998) a 17,35 milioni (2008) con un incremento del 34,5%. Quelli della «popolare» cannabis da 147 milioni (1998) a 160 milioni (2008) con un incremento dell’8,5%. Ovvero, il proibizionismo non frena il consumo e il ricavo lo intascano le mafie. In Italia, in particolare, si è stimato un incasso da parte della criminalità di circa 60 miliardi di euro (dati report «Sos Impresa», 27 gennaio 2010).

Quindi, prima cosa: togliamo almeno una parte di questi soldi alle mafie. Basterebbe depenalizzare l’uso di alcune sostanze, come la cannabis. Pensiamoci: il 14% degli italiani, di età compresa tra i 15 e i 64 anni ha fatto uso di cannabis, cioè 2 milioni e 700 mila. Un grammo di marijuana si aggira attorno ai 10 euro. Nella ipotesi migliore, cioè che i consumatori si siano concessi solo un grammo, si arriva alla cifra di 27 milioni di euro. Non è poco. Anche perché, sull’altro versante, lo Stato italiano spende molto per la lotta alla droga (secondo e terzo libro bianco sulla legge Fini-Giovanardi, 2010, 2012) circa 2 miliardi di euro: il 58,3% per carcere (aumentano gli ingressi per droga, dal 28% del 2006 al 33,15% del 2011), 18,4% per tribunali e prefetture, 21,8% per attività di polizia e il restante per altre spese. Un punto importante questo, perché, nello specifico, la repressione del consumo ha costi sociali alti e sembra inefficace. Dal libro bianco 2012: aumentano le segnalazioni al prefetto per mero consumo personale: da 39.075 segnalati nel 2006 a 47.093 nel 2008; nel 2009, invece, il dato provvisorio era di 37.800. Dei suddetti, il 74% era in possesso di un solo spinello.
Va ricordato, poi, che dal 1990 al 2010 le persone segnalate ai prefetti per le sanzioni amministrative sono state 783.278. Più che raddoppiate le sanzioni: da 7.229 nel 2006 a 16.154 nel 2010. Infine, crollano le richieste di programmi terapeutici: da 6.713 nel 2006 a 518 nel 2010. Insomma, considerando l’andazzo, rimodulando le norme si potrebbero almeno ottenere più benefici e meno costi sociali, ossia: previa tassazione del prodotto, l’aumento delle entrate fiscali; l’eliminazione di una buona quota di arresti; la garanzia della qualità del prodotto; più scelte per chi cerca di disintossicarsi. Poi, è chiaro: non dovrebbero essere sottovalutati gli effetti della cannabis sulla salute (deficit d’attenzione e deficit motori, ovvio: non fa bene guidare sotto cannabis), ma nemmeno esagerati. Di sicuro l’effetto «trampolino di lancio», dalle droghe leggere a quelle pesanti, sembra sia modesto, quasi zero.
La rivista «Lancet» nel 2007 ordinò i vari tipi di droga per pericolosità. Cocaina ed eroina al primo posto. Alcol, barbiturici, ketamina e tabacco a seguire. La marijuana è agli ultimi posti (sì, a lungo andare dà dipendenza, ma sotto quest’aspetto prima vengono l’alcol e il tabacco). È del 2006 un importante lavoro (Cannabinoids in Medicine: a Review of their Therapeutic Potential) che analizza 15 anni di studi sulla salute: ebbene, i benefici medici della marijuana sono ormai conclamati. Risulta efficace per il trattamento di nausea, vomito e sindrome premestruale, contro le perdite di appetito, l’asma e il glaucoma. La marijuana aiuterebbe ad alleviare i sintomi della sclerosi multipla e delle lesioni al midollo spinale. E poi ci sono effetti positivi su dolore cronico, artrite, disordini bipolari, cancro al colon e al seno, Aids, depressione, leucemia, Corea di Huntington, tic nervosi, Alzheimer, anoressia, stress post-traumatico. Per ottimizzarne l’uso e limitare le ricadute sulla salute sono in commercio vaporizzatori che permettono di inalare la cannabis senza fumarla.
Insomma, sotto questo aspetto la percezione sta cambiando e le potenzialità mediche sono meno dibattute. Qualcosa si muove. Tanto è vero che, dal 2 maggio 2012, la Toscana sta consentendo (e non imponendo) l’uso della cannabis per scopi medici, soprattutto nelle terapie del dolore. Ora, in questo gioco tra conservatori e progressisti, molto di moda, si può dire una cosa: i progressisti sono più attenti al mondo che cambia e più disposti a sperimentare alcune opzioni per poi verificare a consuntivo i risultati. È vero che si può essere progressisti in un campo e conservatori in un altro, o si può cambiare idea a seconda delle fasce di età. Tuttavia, visto il problema globale e i danni seri che la criminalità arreca alla società con il traffico di droga, e considerate alcune provate potenzialità mediche della cannabis, ci chiediamo: se invece di parlare e scontrarci in dibattiti teorici e infiniti, concentrassimo la nostra attenzione su una soluzione pragmatica? La sperimentiamo questa legalizzazione?
Fra qualche anno, a quelli di noi che sono progressisti spetterà, poi, un’onesta verifica dei risultati. Se non funziona, allora, tuoneremo contro quelli che si fanno le canne, a cominciare dagli studenti di tutte le scuole, di ogni ordine e grado.
Antonio Pascale