Giuseppe Salvaggiulo, La Stampa 14/1/2013, 14 gennaio 2013
LE SINDACHESSE ANTI ‘NDRANGHETA DIMENTICATE DA BERSANI IN CALABRIA
«La gente si aspettava una proposta. Io non avevo chiesto nulla, ma da Roma, nel partito, si erano diffuse voci che una di noi sarebbe stata candidata. Invece niente». Maria Carmela Lanzetta, sindaco di Monasterace, è una delle donne calabresi che negli ultimi anni sono diventate un caso nazionale. Alla guida di giunte di centrosinistra, hanno sfidato la ’ndrangheta con atti amministrativi concreti, subendo minacce e attentati. A lei hanno bruciato la farmacia e sparato al portone di casa, costringendola alle dimissioni, «ritirate solo per senso delle istituzioni». Bersani l’ha sostenuta nei mesi scorsi, invitata alla festa nazionale del Pd, citata nel duello tv con Renzi. Un simbolo. E dunque, in Calabria davano per scontato che l’avrebbe candidata per rappresentare la speranza di una riscossa di legalità. Così non è stato. La Lanzetta non fa polemica e spiega che «non posso dire di essere stata fregata perché in realtà non ho mai ricevuto una proposta», ma a leggere gli sms che ha ricevuto in questi giorni e a sentire militanti del Pd, volontari antimafia ed esponenti della società civile di sinistra la delusione è forte.
Quando sono state indette le «parlamentarie» del Pd, militanti, associazioni, un pezzo della Cgil hanno firmato appelli perché una di queste «sindachesse coraggio», tutte vicine al partito anche se provenienti dalla società civile, si candidasse. La Lanzetta o Elisabetta Tripodi di Rosarno, che vive sotto scorta perché minacciata dal boss ergastolano Rocco Pesce dopo lo sgombero di una casa abusiva del clan, o Carolina Girasole di Isola Capo Rizzuto, alla quale hanno incendiato l’auto per la battaglia contro gli scempi edilizi.
Ma il Pd le ha ignorate. Anzi, ha catapultato da Roma Rosy Bindi, che stoppava qualsiasi candidatura femminile alternativa (infatti le donne l’hanno appoggiata). Nonostante ciò, dall’interno del partito, e in particolare da ambienti romani, venivano messe in circolazioni voci tranquillizzanti: le sindachesse saranno piazzate in cima alla lista nei posti riservati a Bersani. «Voci che mi hanno danneggiato racconta la Lanzetta - alimentando sospetti e gelosie, mentre io continuavo a ripetere: non so niente». Nei giorni decisivi per le candidature, di fronte al silenzio del partito, la Lanzetta manda una email a Bersani, chiedendo attenzione per candidati «che combattono ogni giorno sul territorio». Dallo staff del segretario nessuna risposta. Telefona invece il commissario regionale del Pd, Alfredo D’Attorre (capolista con la Bindi), promettendo un incontro. Mai fissato.
Il Pd non ha candidato le donne sindaco, inserendo alla fine nomi paracadutati da altre regioni. E così una di loro, la Girasole, che pure alle primarie aveva votato Bersani, ha accettato la proposta di Monti, e sarà seconda nella sua lista. «In una regione dove si rischia la vita spiega - fare tanti sacrifici per dare una speranza alla Calabria e non essere prese in considerazione lasciava l’amaro in bocca. Dunque, anche se mi sento abbastanza vicina alla sinistra, questa possibilità non potevo accantonarla».